Ma allora il blog è vivo! Un nuovo articolo!
Questa, suppongo, sarà la reazione di chi anticamente si era abbonato ai feed (si dice così?) di questo blog e, da tempo immemore, non ha più avuto notifiche.
Sì, il blog è vivo.
Il tempo è poco, ma il blog c’è ancora, solo subirà una ristrutturazione inevitabile, considerate le vicende personali del suo autore.
Quali vicende? Di che stai parlando?
domanderà il suddetto abbonato.
Mi riferisco ai casi della vita, quelli che ti tolgono tempo per le cose, e un giorno sei giovane e scapestrato e puoi sottrarre ore alle tue giornate per scrivere e limare gli articoli, per informarti come si deve – innanzitutto -, trovare i dati da citare e lanciarti in pseudo reportage, anche fotografici, della continua cementificazione del territorio in cui vivi, ad esempio, o dell’insensatezza della “civiltà” dei consumi.
Un giorno sei scapestrato, dicevo, e un altro giorno ti ritrovi adulto, sei diventato padre di famiglia, hai due figli e altre responsabilità, ti senti sempre sospeso tra impegni famigliari, tempo che vorresti trattenere per te, e poi il lavoro, la burocrazia, Facebook (ci sono le sere in cui non vuoi arrenderti all’ineluttabilità di non potere ancora cambiare il mondo e speri di farlo online, con l’unico mezzo che le tue forze ridotte ancora ti consentono: il social, perché sei troppo stanco anche per pensare un articolo da blog).
E poi nel frattempo hai deciso che sei poeta, hai pubblicato due libri e ti sbatti per promuoverli. Non ci guadagni una lira, però è un po’ come per i figli, gli auguri successo, ti fa piacere saperli apprezzati, vederli citati; di più: hai accettato che il tuo rifugio “segreto” è il palco, che sei un istrione, che ami esibirti.
Allora ti convinci di una cosa che, dopotutto, potrebbe essere vera. Che con la poesia stai portando avanti lo stesso la tua battaglia. Che i versi smascherano l’ipocrisia e le ingiustizie del potere meglio di un saggio o di un blog, perché raggiungono chi legge e chi ti ascolta più in profondità rispetto alla prosa economica e a quella politica. Hai capito che presentandosi come un essere umano ci sono più probabilità di essere capiti che dicendo destra o sinistra in un periodo in cui la sinistra e la destra sono pericolose caricature di se stesse (la “mia” sinistra, almeno, che certo nulla c’entra con le riforme in atto o con le criminali politiche economiche portate avanti dal Pd; la destra, per come la vedo, è stata pericolosa sempre).
E allora, forse, la strada è proprio questa: trasformare il blog in un contenitore per le mie poesie – e qualche poesia altrui – e per iniziative politiche che vadano oltre il tentativo, ormai impossibile, di stare dietro all’agenda di Palazzo Chigi o degli atri centri di potere. Per quello, del resto, ci sono – o sarebbe bene che ci fossero – i giornali.
Il tempo è poco? Io mi prendo il diritto di rallentare, di pubblicare solo ciò che voglio, di consigliare a tutti la lettura di qualche libro, ad esempio «Cade la Terra» di Carmen Pellegrino, e «Terracarne», che sto leggendo adesso, di Franco Arminio. La terra compare in entrambi i titoli. La carne è un altro termine che mi interessa molto, sa di desiderio di appartenenza a una comunità diversa da quella dei salotti televisivi, dei centri commerciali, dei Mc Donald’s.
Proporrò azioni di disobbedienza civile (quella di oggi è proprio la lettura di un libro).
Proporrò testi, versi, petizioni, racconti, riprenderò – lo spero – a camminare da un paese all’altro e, come «camminante» (sì, il nome l’ho preso da una canzone di Capossela), racconterò in queste pagine ciò che vedo.
Aggiornerò qualche blog in meno, nel frattempo. Perché un sito promozionale per i miei libri, Cianfrusaglia, uno per le poesie nuove, ZiaPoe, uno politico, questo, e qualche altro spazio online sono davvero troppi.
Ora la finisco. A presto.
P.S. Il 25 febbraio è stato il compleanno del blog. Manco l’ho detto, quest’anno.
Il tempo non è mai nè poco nè troppo. Piuttosto, occorre scegliere il momento per trovare senso in ogni pensiero e ogni altra azione/accidente della nostra vita. Occorrono nuove prospettive per ragionare su ciò che succede intorno: in fondo, occorre lungimiranza che è questione di profondità, di lontananza dal sè stretto, non di tempo.