Palestina. Perché non possiamo essere equidistanti #2

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Secondo articolo sulla necessità di prendere posizione su quanto accade in Palestina (QUI il primo).

Quando si ragiona su quanto sta accadendo – dicevole vittime, numerose, spesso giovani, spesso bambini richiedono che si parta da lì, escludendo qualsiasi altra considerazione.

Hamas o non Hamas, dicevo, il punto di partenza per l’ipocrita invito al «dialogo» di cui ci riempiamo la bocca in occidente non può essere altro che la fine del massacro. Ora, ragionevolmente, Israele è l’unico a poter mettere fine all’uccisione di decine di persone al giorno, dal momento che è lui a colpire i territori palestinesi con una violenza persino superiore a quella delle “guerre” precedenti.

Ho anche detto che per invocare il diritto all’autodifesa bisogna essere “dalla parte del giusto“, e che Israele dalla parte del giusto non è, a causa dei continui soprusi e lutti che la popolazione palestinese deve subire anche in tempo di “pace”, vale a dire tra gli intervalli più o meno lunghi tra una “guerra” e l’altra.

C’è un altro motivo per cui noi italiani non possiamo sentirci equidistanti: i nostri governi – non solo quello attuale, ma anche i precedenti, indipendentemente dal colore politico – e i nostri parlamentari una decisione l’hanno presa, a partire almeno dal 17 maggio 2005, quando con la legge 94 è entrato in vigore il memorandum d’intesa sulla cooperazione militare israelo-italiana.

Cito, ancora dal manifesto del 30 luglio, alcune voci di questo accordo, riportate in un articolo di Manlio Dinucci (a proposito, il manifesto è una delle pochissime voci che, tra i media tradizionali, raccontano l’orrore di Gaza a partire da testimonianze dirette: è attualmente a Gaza come inviato l’ottimo Michele Giorgio).

La cooperazione tra i ministeri della difesa e le forze armate di Italia e Israele riguarda «l’importazione, esportazione e transito di materiali militari», «l’organizzazione delle forze armate», la «formazione/addestramento» […] La legge prevede anche la «cooperazione nella ricerca, nello sviluppo e nella produzione» di tecnologie militari tramite «lo scambio di dati tecnici, informazione e hardware». Vengono inoltre incoraggiate «le rispettive industrie nella ricerca di progetti e materiali» di interesse comune.

Sulle attività congiunte tra le forze armate italiane e quelle israeliane e su quanto sta facendo l’industria militare nell’ambito dell’accordo, la legge pone un vincolo di segretezza, per cui neppure il Parlamento è a conoscenza di quanto avviene.

In tale quadro, l’Italia sta fornendo a Israele i primi dei 30 velivoli M-346 da addestramento avanzato, costruiti da Alenia-Aermacchi (Finmeccanica), che possono essere usati anche come caccia per l’attacco al suolo in operazioni belliche reali […] A sua volta l’Italia si è impegnata ad acquistare da Israele (con una spesa di oltre un miliardo di dollari) il sistema satellitare ottico ad alta risoluzione Optsat-3000, che serve a individuare gli obiettivi da colpire, più due aerei Gulfstream 550 che, trasformati dalla Israel Aerospace Industries, svolgono la funzione di comando e controllo per l’attacco in distanti teatri bellici.

L’Italia, in altre parole, ha scelto da che parte stare. Per questo, come cittadini italiani, non possiamo far finta di niente e pontificare sull’equidistanza tra le parti in lotta. Alcune delle armi utilizzate contro i palestinesi in questi giorni potrebbero essere il frutto dell’accordo tra Italia e Israele.

Come cittadino italiano, oltre che come essere umano, io chiedo l’impegno del mio Paese dalla coscienza pelosa per fare pressione su Israele per un cessate il fuoco immediato.

So perfettamente che ciò non avverrà, esattamente come so che, non appena finita questa fase più violenta della conquista israeliana della Palestina, quando i riflettori sulla Striscia torneranno a spegnersi, la quotidianità che riprenderà il sopravvento sarà fatta di omicidi mirati di membri di Hamas (anche questi con corollario di vittime innocenti, ammesso e non concesso che far parte di Hamas costituisca una colpa da punire con la morte), raid aerei, soprusi da parte dell’esercito, come anche dei coloni in Cisgiordania.

Con il benestare della Repubblica italiana che «riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo» (art. 2 Cost. it.) e «ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali» (art. 11 Cost. it.).

>>> Leggi anche l’articolo Palestina. Perché non possiamo essere equidistanti.

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