Copio e incollo, con il consenso dell’autore, dal blog di Stefano Montanari.
Appena riesco, dirò a che punto siamo con l’iniziativa della lettera al Capo dello Stato contro l’invito all’astensione (è ancora possibile firmarla, anche se il referendum c’è già stato e il quorum è stato raggiunto). Nella stessa occasione risponderò alla lettera inviatami da Valle Responsabile e pubblicata sulla Stampa di oggi.
E adesso, valdostani, state attenti a quello che fate
Di Stefano Montanari.
Credo che pochi territori italiani siano poco conosciuti quanto lo è la Valle d’Aosta. Almeno per me, anche se laggiù o, meglio, lassù, sono stato diverse volte percorrendo tutte le valli a piedi e tanti sentieri tra boschi e rocce, oltre ad aver tenuto in passato qualche conferenza.
L’idea è quella di una sorta di piccolo paradiso fatto di casette ordinate, di prati che sembrano moquette (moquette: vedi un po’ come siamo distorti!), di boschi, di montagne auguste e misteriose che incutono soggezione.
Forse pochi immaginerebbero che da generazioni quel lembo di Eden è governato da una sorta di signoria tardo-medievale che fa il bello e il cattivo tempo a suon di favori e di minacce. Questo, almeno, è quanto ho colto nell’ultimo mese e mezzo, parlando con la gente che mi rispondeva spesso sottovoce.
La Valle d’Aosta è entrata nei miei interessi quando un gruppo di cittadini raccolti sotto il nome di Valle Virtuosa mi chiamò perché dessi loro una mano a far sì che un inceneritore di rifiuti – “pirogassificatore” nella dizione furbetta di chi lo proponeva – non venisse costruito.
Anche in Valle d’Aosta, come dovunque, esiste il problema dell’immondizia e, come dovunque, anche lì il problema è sia culturale sia politico, due aspetti che, a ben guardare, se si ha una nozione non adulterata di che cosa sia la politica, coincidono.
Senza sorpresa, i politici (?) della Valle, condividendo l’ignoranza scientifica e tecnica con tanti loro colleghi collocati in poltrone altrove, proposero la solita scorciatoia: cuociamo tutto e facciamolo scomparire dalla vista, con questo dichiarando di fatto la loro incompetenza a governare.
Sotto la cottura dei rifiuti, un trucco che ha diverse varianti, prospera un giro di quattrini tutt’altro che trascurabile, e, quando ci sono tanti quattrini in gioco, può verosimilmente accadere che il politico (?) riservi un occhio di riguardo al progetto. Certo questo non è il caso della Valle d’Aosta, e basta leggere il curriculum del governatore locale, tale Augusto Arduino Rollandin, per rendersene conto.
E, allora, la proposta del pentolone in Valle è innescata solo dall’incapacità di governare e dall’ignoranza spesso comica di questi personaggi, pronti a strillare e a minacciare senza ritegno ma timidi come vergini quando si tratta di affrontare un dibattito, dati scientifici non inventati alla mano. Nessuno si stupisca: ne abbiamo già visti e ne vediamo di simili che riscuotono addirittura consenso nazionale.
Così, dopo aver allegramente trascurato non pochi passaggi che la legge impone quando si propongono certi impianti, non sapendo come affrontare il problema dei rifiuti e temendo che il gioco di prestigio del “pirogassificatore” possa saltare lasciandoli disarmati, ecco che costoro si scatenano. E lo fanno invitando i loro sudditi, lanciandosi in termini talmente chiari e perentori da parere piuttosto un ordine che un invito, a non esprimere la loro opinione in un referendum, referendum peraltro osteggiato fino a rivolgersi grottescamente a un magistrato, e ad affermare che, qualunque sia il desiderio dei valdostani, “non esiste un piano B”. Cioè, voi dite quello che vi pare ma noi di voi, popol bue, ce ne infischieremo.
Non entro sull’arroganza infantile dell’affermazione: chiunque ha il diritto di ridere in faccia a chi, per mestiere, deve fare il bene comune negli ambiti della democrazia e si permette uno scivolone del genere. Non sparo sulla Croce Rossa citando le enormità partorite dagli “scienziati” di regime: basta un libro di scienze del liceo per metterli in mutande. E nemmeno mi addentro nelle bugie disperatamente inventate per screditare chi si opponesse al loro piano. Ora basta il referendum e il popolo, pur intimidito, ha detto che quel coso non lo vuole.
A questo punto, in un paese in cui la parola dignità non fosse un lemma di vocabolario ma avesse un significato, i signorotti dovrebbero dimettersi in massa, ma l’Italia, con tanti saluti alle istanze autonomiste della Valle d’Aosta, è più omogenea che mai, e fare la differenza tra laddove Mafia, ‘Ndrangheta e Camorra sono al potere e Valle d’Aosta diventa impegnativo. Dunque, nessuno si dimetterà e i dinosauri cercheranno di sopravvivere a loro stessi, magari riuscendovi pure. Se posso esprimere una previsione, questi personaggi, ora privati del loro giocattolo, faranno di tutto per non fare niente, moltiplicando ad arte un problema che loro stessi, con la loro incapacità, hanno generato. Perciò, da domani rifiuti dappertutto.
Volendo essere oggettivi, La Valle ha assoluto bisogno di scrollarsi di dosso decenni di umiliante schiavitù e recuperare la dignità perduta per non doversi vergognare davanti ai propri figli. Insomma, ha bisogno di cambiare timoniere. Attenzione, però, a non cadere dalla padella alla brace.
Come già risulta chiaro ed era del tutto prevedibile, la battaglia vinta da chi si è impegnato con tutte le sue forze è appetitosissima e c’è già chi sta per appropriarsi di tutti i meriti di questa vittoria, meriti che non ha, per proporsi a guida della regione. Lo so per esperienza.
Il mio invito è quello a non lasciarsi affascinare da sirene artificiali e a controllare con cura meticolosa chi siano questi personaggi sbucati dal nulla. L’occasione per uscire da una strada rovinosa è certo da afferrare al volo, ma non va sprecata per poi non ritrovarsi a rimpiangere paradossalmente la strada vecchia.