La guerra uccide, punto


Ancora
non ci si riesce a mettere d’accordo neppure su questo: la guerra uccide.

Ieri, 4 novembre, per l’Italia era l’anniversario della fine di quella pazzia che fu la prima guerra mondiale. Milioni di morti, soprattutto sul campo di battaglia. La seconda guerra mondiale avrebbe portato la morte in mezzo alle città e alle case.  Le guerre contemporanee vedono i Paesi ricchi far piovere la morte dal cielo su militari e civili indifferentemente, evitando così di turbare le proprie opinioni pubbliche con troppe vittime proprie.

Oggi gli eserciti dei Paesi sedicenti democratici non fanno più la guerra: portano la morte con missioni “di pace”, o “umanitarie”. E per difendere la pace servono i nuovi caccia bombardieri F-35. La “pace” uccide, allora, e neppure su questo ci si mette d’accordo.

4 novembre, dicevo, anniversario della fine della prima guerra mondiale e – quindi!Festa delle Forze Armate. Ammesso e non concesso che le forze armate siano (anche) qualcosa di diverso dallo strumento con cui si fa la guerra, e che dunque meritino di essere festeggiate, che senso ha continuare a considerare il 4 novembre 1918 come la data della vittoria, quando dovrebbe semplicemente esprimere il sollievo per la fine di una sciagura?

E perché festeggiare la Repubblica, il 2 giugno, con una parata militare, se le forze armate hanno già la loro festa?

Mi fermo qui perché davvero non ho tempo. Ripubblico di seguito questi versi (miei), tratti dal blog ZiaPoe, anche se mi pare di averli già postati in queste pagine.

4 novembre

Armate le Forze armate, cui date
di costruttrici della pace il nome,
il volto, ma non il ruolo. Dall’alto
d’un bombardiere in volo ci osservate,
piccini come file di formiche,
sganciando sul nostro capo le bombe,
nel nome del diritto del comando,
brutto rovescio di democrazia.

[Mario Badino]

>>> L’immagine di questo articolo è di Danilo Cavallo (disegno) e Paolo Rey (fotomontaggio).

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