Attrezziamoci per le prossime elezioni, quando saranno

Attrezziamoci per le prossime elezioni, quando saranno.

Chissà quando e con quale legge elettorale si tornerà a votare in Italia.

Chissà se quando si tornerà a votare Mario Monti e i suoi tecnici si faranno da parte o se fingeranno di sacrificarsi, ancora un poco, per la Patria (massì, maiuscola, uniformiamoci al clima che c’è in giro!).

Chissà se quando si tornerà a votare vigeranno ancora gli iniqui sbarramenti elettorali, che impediscono a centinaia di migliaia di persone (milioni?) di avere un rappresentante in Parlamento solo perché il soggetto da loro votato non raggiunge il tetto minimo previsto – dai partiti più grandi – nel nome delle esigenze di governance.

Chissà se quando si tornerà a votare vincerà ancora una volta Berlusconi o se prevarranno i «seri» e i «responsabili» [il Pd, ndr], quelli che credono nello stesso modello liberista, obbediscono ai diktat degli stessi padroni, calpestano e riducono diritti e garanzie del lavoro, ma lo fanno da sinistra (come si diceva una volta, le Clarck’s sono di sinistra, gli anfibi sono di destra, il bagno invece è sempre in fondo a destra, commentava caustico Gaber).

Il Piddì vuole pagare il debito e raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013.

Il Piddèlle dice di voler pagare il debito e (ri)condonare il reato di falso in bilancio nel 2013 (è satira, niente querele!).

Beppe Grillo dice di voler pagare il debito, anche lui, come se non ci fosse niente di più urgente.

I tecnici dicono che sono fieri di essere italiani perché agli Europei c’è una grande Italia e che, per far ripartire l’economia, occorre sforbiciare la sanità.

I malati sanno che già oggi, senza sforbiciare, la sanità non è che funzioni benissimo. Dopo sarebbe peggio.

Capezzone dice che i cittadini italiani vogliono meno spesa pubblica e tasse più basse. Come cittadino italiano, non mi riconosco nelle parole di Capezzone: a che cosa serve pagare qualche centinaio di euro di tasse in meno quando poi ti devi pagare la scuola, l’ospedale, la pensione integrativa? Scemo non sono, trovo insultante che Capezzone lo supponga.

Quanto alle tasse, alte – in effetti – lo sono: abbassarle è possibile. Bisogna farle pagare a chi non le paga, aumentarle ai più ricchi, diminuirle ai “medi”, azzerarle ai poveri. Non di bolscevismo si tratta, si badi, ma di proporzionalità.

E tuttavia, se redistribuire il carico fiscale è necessario, non ha senso farlo solo per pagare il debito: occorre più spesa sociale, più welfare, servono più investimenti dello Stato nella creazione di posti di lavoro, nel settore delle energie pulite, nell’istruzione e nella ricerca, nella salute.

Bisogna uscire, in altre parole, dalla logica del mercato, che chiedendo una cosa apparentemente ovvia – onorare i propri debiti – rovina interi Paesi, condannandone i cittadini alla povertà e talvolta alla morte (si veda la situazione in Grecia, per avere un’idea della gravità degli effetti delle politiche liberiste).

Bisogna uscire dalla logica che vuole la privatizzazione di tutti i servizi, garantendo succosi utili a pochi, il peggioramento delle condizioni di vita a tutti gli altri.

Tagli e privatizzazioni, però, sono la lingua comune di piddièelle, piddì, tecnicume vario, non credo dispiacciano ai grillini e temo che non trovino davvero sulla barricata neppure l’Italia dei Valori (né, conseguentemente, l’alleato Niki).

Qua non si danno suggerimenti di voto. Ma, in vista delle prossime elezioni – siano quando sianoattrezziamoci: scegliamo chi non vuole arrendersi alla logica dominante, senza paura di frazionare il voto, di far tornare Berlusconi, di dividerci sempre, come si fa a sinistra. Cerchiamo di affermare il principio secondo il quale non ci interessa un bipolarismo tra coalizioni della stessa estrazione ideologica, ma vogliamo una vera alternativa di idee e modelli.

Per una volta andiamo tutt* a votare, anche se non serve a niente, e – per quei cinque minuti che saremo in cabina – cerchiamo di mandare a Roma il meno peggio, non il meno peggio tra due. Cerchiamo di limitare il danno. Poi usciamo dal seggio e torniamo alla lotta vera, cercando e proponendo informazione, lavorando nei movimenti e nei comitati, partecipando dal basso alla vita civile e politica del Paese.

Ma in fondo non ha senso lasciare sempre gli altri alle prese con la croce elettorale.

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