Adesso basta, non ce la faccio più a sentire il peggio coro della peggio gioventù, i piccoli gerarchi dell’associazione neofascista (lo smentiscano, se credono) CasaPound intervistati con tanto di virgolettato per dire che no, loro non c’entrano con Gianluca Casseri, che l’uomo che scriveva sui loro siti, nel loro “ideodromo”, l’uomo i cui articoli sono stati rimossi in fretta e furia all’indomani degli omicidi di Firenze, non è mai stato un membro di CasaPound, che l’uomo che ha ucciso freddamente Mor Diop e Samb Modou, ferito gravemente Moustapha Dieng, Sougu Mor e Mbenghe Cheike era soltanto un povero squilibrato, mentre è evidente che si trattava di un nazista, alle cui idee è stato dato spazio dall’associazione fino all’altro giorno, finché il personaggio non ha passato la misura, diventando così impresentabile.
Non sto dicendo che tutti i “ragazzi” di CasaPound si apprestano a sparare sugli immigrati, sto dicendo che certe azioni dipendono da un preciso clima “culturale” e ideologico, dall’aver scelto un «noi» da contrapporre a un «loro», dall’avere ereditato – e mai rinnegato – un passato vomitevole, una storia di egoismo, tristezza e tradimenti nascosti dietro parole come «Patria», «Onore», «Obbedienza» al pagliaccio di turno. Un sistema di “pensiero” che rende perfino superfluo qualsiasi riferimento ai fatti di Firenze e alle due vite umane cancellate per il capriccio di un fascista, perché non dovrebbe essere necessario aspettare che si giunga a tanto per condannare e isolare i fascisti – gli anticorpi a questo punto dovremmo pure averli ereditati.
Ma, certo, come antifascista sono io ad avere pregiudizi, a non accettare il confronto democratico, sono io a essere intollerante! Sono «un professionista dell’odio e della menzogna», come dice, mentendo, qualcuno. Ma, dopotutto, quello che vomitano i fascisti non dovrebbe essere importante, se non fosse che i media – mentre condannano i fatti di Firenze, ovviamente – fanno a gara per assolvere CasaPound, dimenticando innanzitutto che cosa sia, che cosa significhi il fascismo. Casseri o non Casseri, che non è (solo) quello il punto.
Così ho voluto esprimere tutto lo schifo che provo per gli amici dei fascisti, le anime belle che si ergono a paladini dell’altrui diritto di pensare ciò si vuole e di esprimere tale pensiero, quelli che «non la penso come te ma morirei per difendere il tuo dirito di dire ciò che pensi», che importa se ti rifai a un’ideologia totalitaria (cor)responsabile della sofferenza e della morte di milioni di persone, del razzismo come legge di Stato, della schiavitù di un paio di generazioni? Nel mio articolo ho citato (e linkato) un articolo del Messaggero, per mettere in evidenza come il linguaggio e il tono utilizzati da alcuni, lo spazio offerto al “contraddittorio”, al diritto di replica – cose di per sé nobilissime, per carità – contribuiscano allo sdoganamento, alla santificazione di CasaPound, a equiparare fascisti e antifascisti secondo il teorema degli “opposti estremismi”, quello – per intenderci – che porta a fare di tutta l’erba… un fascio.
Ha fatto la stessa cosa, in maniera molto più dettagliata e documentata, il blog Femminismo a Sud, in un articolo che linko e che consiglio, dal titolo Chi ha sdoganato CasaPound? Si tratta di un post molto interessante, che riepiloga quanto notato dal blog nel corso degli anni circa l’opera di legittimazione portata avanti da molti – anche a sinistra – nei confronti dell’associazione fascista (smentiscano, se credono). Uno strumento di lavoro per chi – antifascista – voglia comprendere un fenomeno e mettere/restare in guardia da certi tentativi giustificazionisti. Una goccia, senza esagerare, di quell’antidoto di cui c’è sempre più bisogno se non si vuole accettare una visione del mondo oggi funzionale a (e prefabbricata da) un potere autoritario e conservatore, e sempre più imposta come l’unica politica possibile.
L’articolo di Femminismo a Sud ha sollevato innumerevoli crtiche da parte di chi ha ritenuto di dovervi ravvisarvi una specie di lista di proscrizione (quanto potere in un blog!), capace di scaldare gli animi (di chi? perché?), con il rischio che «qualcuno, per eccesso di zelo o per fanatismo» si spinga «oltre», perché «abbiamo visto troppe volte le parole che diventavano pietre o pallottole». Lo dice nel suo blog Marina Terragni – il cui nome non sto inserendo in alcuna lista, ma a questo punto dispero di essere creduto – dimenticando la differenza tra liste compilate dai neonazisti e ai neonazisti rivolte (che, incredibilmente, cita a sostegno della sua argomentazione) e il mettere qualcuno di fronte alle proprie responsabilità.
La risposta di Femminismo a Sud a Marina Terragni si può leggere QUI.
In ogni caso, era già stato chiarissimo Wu Ming1, intervenendo proprio in relazione alle critiche suscitate dall’articolo di Femminismo a Sud: «indicare leggerezze, superficialità e responsabilità di chi in questi anni si è lasciato afFASCInare dall’estrema destra “nuovista”, di chi si è impegnato a “sdoganare” i fascisti del terzo millennio, questo equivarrebbe a compilare “liste di proscrizione”. E certo! In un Paese dove nessuno si prende mai la responsabilità di niente e per niente, qualunque tentativo di indicare e argomentare la responsabilità di qualcuno per qualcosa dev’essere demolito in quanto tale».
Parole che, onestamente, dicono tutto.
Aggiungo unicamente la mia, doverosa, solidarietà al collettivo di Femminismo a Sud per la marea di critiche ricevute (vistosamente ingiuste e in gran parte strumentali) ed esprimo a tutt@ loro un profondo ringraziamento per il lavoro che svolgono quotidianamente, magari rosicchiando tempo al lavoro, alle famiglie, alle amicizie, perché – a differenza di quanto accade ad altri – chi dedica se stess@ a certe battaglie non viene poi retribuito per ciò che dice o scrive.
>>> L’immagine di questo post è l’header del blog Femminismo a Sud, tratto dalla foto «Lotta per la casa», opera di Tano D’Amico.