L’Europa impone, l’Italia sub(bid)isce, e prego credere che non ne faccio un caso di amor patrio ferito o di nazionalismo oltraggiato; anzi, questo titolo suona sgradevolmente alle mie orecchie e quasi temo di essere frainteso. Come chi segue queste pagine sa bene, io detesto lo stesso concetto di confini nazionali, non stimo un centesimo i nostri leader, ritengo che di per sé l’Europa unita sarebbe un’ottima idea e che un’unica entità politica mondiale, se mai fosse possibile, sarebbe un’idea ancora migliore.
Il fatto è che le ricette dell’Ue per i Paesi in difficoltà (ovvero le ricette della Banca centrale europea imposte ai Paesi che rischiano di rivelarsi cattivi debitori) sono sbagliate, sono rimedi peggiori del male, cure che hanno ottime probabilità di stroncare il malato. A queste ricette bisogna ribellarsi, reagire.
«Respingiamo l’ultimatum della Commissione Europea», quindi, come titola il comunicato dell’Ufficio stampa del Comitato 1° ottobre, autore dell’appello «Dobbiamo fermarli». Il comitato propone per oggi, mercoledì 26 ottobre, «proteste a Roma e in tutto il Paese». Perché oltre al futuro qui ci rubano il presente.
Queste righe vogliono essere un piccolo, sentito, contributo alla protesta. Il comunicato:
«No al taglio delle pensioni, no ai licenziamenti ancor più facili, alla flessibilità selvaggia, alle privatizzazioni. No all’ultimatum della Commissione Europea contro le conquiste sociali delle lavoratrici e dei lavoratori italiani.
Domani, mercoledì 26, organizziamo proteste a Roma e in tutto il Paese.
Il Comitato 1° ottobre, l’appello «Noi il debito non lo paghiamo, dobbiamo fermarli», si mobilita in difesa delle pensioni, dei diritti, della democrazia, contro il governo e contro i diktat e gli ultimatum dell’Unione europea.
I nostri diritti valgono di più dei profitti delle banche. [Roma, 25 ottobre 2011]».
>>> La vignetta è di Carlos Latuff.