Un colloquio con Barbara Tutino, pittrice residente a Valnontey (frazione di Cogne, Aosta) e vincitrice dell’ultima edizione della Marcia Granparadiso estate, prima donna ad aggiudicarsi il titolo, con il tempo di 7h40′ (secondo miglior tempo assoluto dell’edizione estiva).
Blog: Rivivi il momento in cui hai tagliato il traguardo. Che cosa hai provato?
Barbara Tutino: Una gioia suprema, anche perché non ho mai vinto niente in vita mia. A parte in prima elementare, a Parigi. Avevo quattro anni; eravamo a Parigi perché mio padre era inviato dell’Unità. A scuola avevo difficoltà legate all’età e al fatto che non conoscevo la lingua. Non capivo niente e avevo paura che mi scoprissero. Un giorno la maestra mi ha chiesto come si diceva «escargot» (lumaca) in italiano e io, tutta fiera, ho risposto. Quel mese ho vinto una «croix au mérite» (croce al merito), una crocetta rossa da appuntare al petto che veniva consegnata ogni mese all’alunno più meritevole. Mi sono messa a piangere di rabbia, perché sapevo di non meritarla.
B: Vincere la Granparadiso è stata un’emozione diversa…
B.T: Ho scoperto che essere primi in qualcosa è davvero piacevole, è una sensazione appagante.
B: Come hai vissuto la Marcia?
B.T: Ho camminato da sola, il che è bello per chi vede i posti per la prima volta, perché l’itinerario è vario, ma se li conosci da una vita andare da soli per 35 chilometri è una noia mortale! C’è stato un momento di sconforto, verso la fine, lungo l’interminabile falsopiano che da Epinel porta a Les Ors. L’altro punto critico è la salita verso Gimillan, perché è tutta esposta al sole, ma ho fatto meno fatica dell’altra volta [Barbara aveva già partecipato alla quarta edizione della Marcia, ndr] perché era meno caldo.
B: Veniamo alla coppa [si veda la foto qui sopra, ndr]. Come è stata realizzata?
B.T: È stata realizzata in ferro da Paolo Buthier, fabbro tornitore di Cogne.
B: Dal momento che sei pittrice, la domanda nasce spontanea… Quando realizzerai una locandina per la Marcia?
B.T: Quando vuoi! [in questo modo Barbara si è impegnata solennemente a realizzare quella per il prossimo anno, ma forse ancora non lo sa, ndr]
B: Approfitto dell’accenno alla locandina per parlare del tuo lavoro. Mi dici qualcosa della mostra che è in corso a Cogne?
B.T: Si intitola Le travail de l’homme ed è una mostra sul lavoro operaio, con qualche riferimento anche al lavoro rurale. Ho voluto fare una celebrazione del lavoro operaio in una fase storica in cui il tema è caduto pressoché in disuso: recentemente si è tornati a parlarne, ma negli ultimi trent’anni la parola «operaio» era stata sostituita da «professionista». Oggi è difficile che una persona sotto i sessant’anni sappia ancora fare, produrre qualcosa.
B: Concretamente, che cosa deve aspettarsi il visitatore?
B.T: Lavori non grandissimi su fenolico, schegge di legno incollate, che creano un fondo un po’ puntinato, per cui dipingendo viene fuori un effetto “fotografia antica”. È un materiale edile, molto robusto. Ho utilizzato colori abbastanza grigi, i colori del lavoro. Mi piacerebbe accompagnare la mostra con un video sulla miniera di Cogne [di ferro, oggi non più sfruttata, ndr]. La mostra rientra nel quadro di un’eventuale restituzione dei siti industriali di importanza culturale, di cui la Valle d’Aosta è ricchissima. L’idea che ogni cosa sia recuperata separatamente dalle altre e in genere per fini commerciali mi fa tristezza. Noi dobbiamo ricordare il nostro passato. Qui c’è una filiera unica e si poteva pensare a un intervento complessivo di recupero. La Regione spende molto – e fa bene – per la difesa degli alpeggi, del patois, ma la “valdostanità” è stata anche miniere e industria.
B: Quanto durerà la mostra?
B.T: Fino al 30 settembre. A inizio dicembre sarà in Lussemburgo, a Dudelange, in coincidenza con la festa di Santa Barbara, patrona dei minatori (4 dicembre). In primavera potrebbe arrivare in Toscana. Dudelange si trova in un bacino minerario, nel sud del Lussemburgo, e utilizzava un trenino come quello di Cogne. Nella stazione, che adesso è la stazione ferroviaria del paese, c’è un altoforno non più utilizzato, ora sede di mostre. L’esposizione è organizzata dal Centre de recherche sur l’intégration humaine, così come un convegno sulle famiglie lussemburghesi emigrate nel mondo, in particolare gli ingegneri minerari, fra i quali il mio bisnonno, Jules Elter, che aveva brevettato il detonatore a tempo. Suo figlio Franz sarebbe diventato direttore delle miniere di Cogne.
B: Quali sono i tuoi progetti futuri?
B.T: Da quattro anni sto lavorando su Giovanna D’Arco, personaggio che mi piace moltissimo, usurpato dall’estrema destra francese per scopi nazionalistici, ma in realtà simbolo di una resistenza contro un invasore. Una donna, per di più, una ragazzina, un personaggio puro perseguitato dalla giustizia e dal potere. Gli atti del suo processo sono avvincenti. Ho adottato due film: uno è La passion de Jeanne D’Arc, di Dryer, interamente fondato sulle carte processuali. L’altro è Enrico V, un film a colori del 1944, di Laurence Olivier, il quale si dice si sia ispirato per le battaglie ai dipinti di Paolo Uccello. Io sto facendo le battaglie, il ritratto di Giovanna, fatto ad arazzo, che la vede molto giovane, ragazzina, coperta dall’armatura, con un viso pronto al pianto ma estremamente determinato. Sto realizzando anche le facce dei giudici. Per evocare gli assedi vorrei prendere delle scale da frutteto, da appoggiare al muro, in mezzo alle opere, nella torre del castello di Bosses [in Valle d’Aosta, ndr], dove dovrebbe tenersi la mostra. Dovrebbe suonare la pianista genovese Elisa Tomellini, che studierà appositamente musica del ‘400. Tutto ciò se ci riesco!
Giovanna D’Arco è un personaggio che mostra la resistenza al femminile. Io cerco di non lasciar passare neanche un anno senza ricordare la Resistenza. Ho inaugurato la mostra Le Travail de l’homme il 25 aprile, per ricordare la Liberazione e la Repubblica nata dalla Resistenza. È importante che ogni mestiere sia messo al servizio della società.
[url=http://ponlinecialisk.com/]cialis pills for sale[/url]