No all’occupazione israeliana di Milano

Dal 12 al 23 giugno a Milano, in piazza Duomo, si terrà «Israele che non ti aspetti», una kermesse sulla tecnologia e sul turismo israeliani promossa dalle autorità di Tel Aviv in collaborazione con gli enti locali lombardi, per raccontare «un Israele diverso da quello di Stato interessato da un conflitto».

Si tenterà di dimostrare che lo Stato responsabile dell’assedio illegittimo di Gaza, degli insediamenti illegali protetti da un nuovo muro di Berlino in Cisgiordania, dei crimini di guerra del «Piombo fuso» (2008-2009) e delle recenti “ammazzatine” di palestinesi lungo il confine con il proprio territorio non è soltanto questo.

Si tenterà di rinfrescare, attraverso un’operazione di pura immagine – con una manciata di perline colorate, insomma – la realtà di uno Stato che vive una condizione di perenne illegalità, continua a macchiarsi di crimini contro l’umanità e distingue i cittadini propri – e tutti quegli altri che per diverse ragioni dipendono da lui – in base a un criterio puramente etnico.

Uno Stato razzista, insomma, spacciato dai suoi complici occidentali per democrazia: l’«unica democrazia del Medioriente». Ma una realtà che, e questo è vero, non è riducibile a uno «Stato interessato da un conflitto», perché – per fortuna – molti israeliani hanno iniziato a lottare contro le politiche di violenza e Apartheid dei propri governi, ad esempio boicottando i prodotti che arrivano dagli insediamenti illegali israeliani, situati in territorio palestinese.

Contro la kermesse di piazza Duomo si è costituito il Comitato «No all’occupazione israeliana di Milano». Anche questa volta, l’antisemitismo non c’entra niente: si tratta della critica puntuale di azioni e politiche lesive della dignità – e pericolose per la vita – di un’intera popolazione. Come hanno cercato di spiegare i membri del Comitato al Corriere della Sera, per essere subito etichettati come «antisemiti», animati da un rifiuto «assoluto» dell’altro, dal buon Pierluigi Battista.

Copio e incollo la risposta del Comitato, pubblicata in una nota del profilo Facebook di Vittorio Arrigoni (tuttora attivo dopo l’uccisione dell’attivista italiano), perché ritengo che sia giusto darle più spazio possibile.

Dal Comitato «No all’occupazione israeliana di Milano» alla redazione del «Corriere della Sera»

Sul Corriere di lunedì 6 giugno Pierluigi Battista ci fa l’onore di parlare delle iniziative che si terranno a Milano contro l’annunciata Kermesse «l’Israele che non vi aspettate», organizzata dall’Ambasciata israeliana in Italia.

Non ci sorprende lo zelo di Battista, che per l’ennesima volta fa sua l’equazione antisionismo uguale antisemitismo, equazione scorretta sul piano storico (il sionismo è un movimento politico sorto in una parte del mondo ebraico e che ha portato alla nascita dello Stato d’Israele attraverso l’espulsione degli abitanti palestinesi e la colonizzazione dei territori occupati) e politico (sarebbe come dire che siccome Battista è un anticomunista automaticamente è un fascista…).

Vorremmo però fare alcune correzioni a “errori” in cui incorre (alcuni dei quali al limite della querela):

– il manifesto di convocazione della manifestazione contro la Kermesse non vede una «bandiera con la stella di Davide quasi schiacciare il Duomo», ma la bandiera israeliana che sventola sul muro dell’Apartheidcondannato dalla Corte de L’Aia – all’entrata di Betlemme (e che ci sia la stella di Davide sulla bandiera israeliana davvero non è colpa nostra), in un fotomontaggio traslato a Milano;

– quanti paroloni sulla volontà «incendiaria» o sul rifiuto «assoluto» dell’altro: noi protestiamo per una manifestazione POLITICA dell’Ambasciata israeliana che cerca di nascondere la realtà dell’occupazione, della colonizzazione illegale, dei crimini di guerra e contro l’umanità che i governi israeliani fanno in nome del loro stato «ebraico», presentando le sue «eccellenze» (come le tecnologie di gestione dell’acqua… rubata ai palestinesi). E contesteremo i dirigenti politici di quello stato, che consideriamo criminali per i loro comportamenti concreti (come dimostrano anche in questi giorni sparando sui manifestanti disarmati nel Golan che non stanno «invadendo» i legittimi confini di Israele, ma un territorio occupato illegalmente nel 1967). Non sarà la “difesa preventiva” di Battista che grida alle violenze e all’intolleranza a fermare queste nostre iniziative né a creare un clima che possa renderle impraticabili;

– invece di concentrarsi sui nuovi sindaci, Battista dovrebbe spiegare quali siano i rapporti economici, commerciali, politici e militari tra le istituzioni italiane (anche enti locali) e israeliane. Noi contesteremo quelle relazioni, come abbiamo contestato quelli con il regime libico delle stesse istituzioni e aziende (sui quali il silenzio era piuttosto imbarazzante prima della missione Nato) o con i vari satrapi del Mediterraneo.

Non vogliamo suggerire a Pisapia (tantomeno a Fassino, che in quanto a zelo filoisraeliano non è secondo nemmeno a Battista) quale posizione prendere: domandiamo solamente a lui e agli altri nostri rappresentanti istituzionali se sia possibile e giusto avere queste strette relazioni con i responsabili di crimini internazionali e che vengono nella nostra città a esporre le loro «eccellenze» per propagandare la loro guerra come giusta.

Ci spiace che Pisapia sia tirato per la giacchetta, ma noi siamo un movimento indipendente: Pisapia non può in alcun modo essere reso responsabile di quanto facciamo, e noi non dipenderemo nel prendere le nostre iniziative da quanto pensa o dichiara Pisapia.

Piero Maestri, Sonia Migliaccio, Francesco Giordano, Francesco Stevanato, Rodolfo Greco, Giorgio Forti

(del Comitato «No all’occupazione israeliana di Milano»)

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2 risposte a No all’occupazione israeliana di Milano

  1. giovannella scrive:

    tutto ciò e’ mostruoso. Israele è l’unico paese democratico medio orientale, ma caricato da tanta disinformazione.

  2. mariobadino scrive:

    Non ho capito che cosa intendi per «caricato da tanta disinformazione». Comunque sono d’accordo: è veramente mostruoso che invece di decretare il blocco delle relazioni commerciali con Israele il nostro fintamente democratico Paese dia spazio a certe operazioni di cosmesi pubblicitaria. Gli amici criticano gli amici, non li assecondano. La politica antipalestinese dei governi di Israele finirà per ritorcersi contro i suoi artefici e, anche di questo, noi italiani – e tutto l’occidente – siamo complici. Contro l’Apartheid del Sudafrica il boicottaggio economico era servito. Secondo Nelson Mandela la situazione in Palestina è ancora più grave. Dunque?

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