Il titolo è tendenzioso, ma – si sa – questi spazi in rete che ci ostiniamo a chiamare “liberi” prediligono il sensazionalismo, così se la Regione Autonoma Valle d’Aosta blocca in tutti i suoi uffici l’accesso ai blog valdostani (a quanto dicono i giornali, sarebbero solo quelli valdostani, viene da chiedersi perché), partendo dal più seguito, e polemico, Patuasia, forse dovrei credere alla versione ufficiale, che cioè si vuole evitare che il dipendente “freghi” lo stipendio passando il proprio tempo su internet.
Forse dovrei crederci (in fondo anche ai social network era accaduto lo stesso) però non ci credo, perché – guarda caso – il primo spazio a essere “oscurato” è stato proprio l’unico blog di satira politica valdostana, seguito ogni giorno da una media di oltre 2 mila persone. Non ci credo perché sono stati “inibiti” i blog di tutti quei comitati di cittadini che in Valle d’Aosta si oppongono a politiche di devastazione e cementificazione del territorio. Non ci credo perché nella “black list” della Regione è finito anche questo blog che avete sott’occhio, che, sebbene non si occupi soltanto o prevalentemente della Valle d’Aosta, non gode certo della reputazione di essere un “sito amico”.
Quand’anche poi la decisione fosse stata realmente presa per i motivi ufficialmente espressi (disincentivare il “cazzeggio” in orario di lavoro), trovo che la questione sarebbe ugualmente vergognosa, anche se perfettamente logica nel Paese dei Brunetta e dei Marchionne. Non so se è vero, come rileva il già citato Patuasia, che la pausa web migliora la produzione del 9%, ma credo che il semplice buon senso suggerisca che il lavoratore onesto non ha bisogno della disciplina di fabbrica, mentre quello disonesto troverà il modo di arrivare a fine turno senza faticare troppo anche se non potrà accedere a questo o quel sito.
Dove va a finire in tutto questo la libertà di espressione del proprio pensiero, e quella parallela di poter fruire del pensiero liberamente espresso dagli altri, se un qualsiasi censore si arroga il diritto non, per esempio, di bandire internet dal posto di lavoro, ma di decidere quali siti vanno bene e quali no? Perché la rete, si sa, è diventata necessaria. Ma presupporre che nei blog della “black list” non si possano trovare informazioni utili al proprio lavoro è arbitrario e puzza lontano un miglio di censura delle idee più scomode.
Forse la risposta migliore sarà occuparsi un po’ di più dell’ambito locale e di questi signori che, per dirne una, stanno trasformando la Valle d’Aosta in una colata di cemento, brigano per ottenere un pir(l)ogassificatore per una regione di 120mila(!) abitanti e magari anche la metropolitana per Aosta (35mila abitanti).
>>> Ho rubato l’immagine di questo articolo al blog Patuasia News.