Nonostante le mille cose da fare, pubblico un articolo per festeggiare il quarto compleanno del blog. Lo pubblico in ritardo, naturalmente, perché si tratta di un’iniziativa avvenuta la settimana scorsa: la presentazione del libro «Il saccheggio», da parte di Ugo Mattei (uno dei due autori), tenutasi all’espace populaire di Aosta.
In una settimana può succedere di tutto (si pensi alla Libia e al mondo arabo), ma gli argomenti esposti non hanno ancora perso – purtroppo – nulla della loro attualità. Nel corso della serata si è trattato, per usare le parole di Valter Manazzale, che ha introdotto l’autore, del «diritto come strumento del saccheggio», una cosa che i nostri Stati (e altri poteri più o meno costituiti) praticano ormai da molto tempo.
Il libro, ricorda Mattei, è stato scritto negli Stati uniti nel periodo in cui tutti i mali erano ricondotti alla presidenza di George W. Bush, ignorando quelle «forze strutturali» che operano indipendentemente dalla personalità del presidente in carica e che, infatti, non sono state in alcun modo modificate da Barack Obama.
Il punto di vista è quello di un giurista (Mattei) e di un’antropologa (Laura Nader), che mettono sotto il proprio obiettivo la cosiddetta «rule of law», quel «regime di legalità» che è presentato dagli Stati come uno strumento di emancipazione e che è invece l’arma migliore di chi vuole far legalmente “man bassa” delle risorse di un Paese.
Il libro procede per aneddoti, a partire dal 1492, anno in cui Colombo approdò in America, e racconta i fatti storici «mettendosi nelle scarpe dei vinti», dei «perdenti», per non partecipare alla costruzione retorica dominante, che vede la storia e il diritto raccontati secondo il punto di vista dei vioncitori.
Oggi nel mondo si è giunti all’indipendenza delle colonie e all’abolizione della schiavitù, ma in realtà tali processi non sono terminati. In alcuni Paesi, ad esempio, l’abolizione della schiavitù è solo formale: se guardiamo alle condizioni di lavoro di certi lavoratori delle imprese multinazionali, infatti, troviamo la stessa sostanza economica di un rapporto di schiavitù. L’unica differenza è che adesso firmano un contratto.
La retorica della legalità ha consentito all’Occidente di colonizzare gli altri continenti. Alla Conferenza di Berlino (1884-1885) il colonialismo fu giustificato con la “necessità” di intervenire contro i Paesi africani, che erano «schiavisti». Nel periodo precedente la mai conclusa guerra in Afghanistan, i media occidentali hanno mostrato una quantità via via maggiore di immagini di donne coperte dal burqa, così da fornire un pretesto per l’intervento.
Lo strumento giuridico è la copertura ottimale per chi intende appropriarsi di un bene un tempo appartenente a tutti. Oggi si va diffondendo l’idea che, se vuoi vivere, devi pagare. Lo scopo è la privatizzazione dei pochi beni comuni rimasti, secondo un processo che tocca oggi i Paesi ricchi, dopo aver duramente colpito il “Terzo mondo”. I Paesi africani sono stati convinti a privatizzare le terre, tradizionalmente considerate bene comune, così da permettere a Monsanto, o a qualche altra azienda, di utilizzarle per coltivare OGM (costringendo i contadini a pagare le semenze) o per sostituire terreni cinesi e americani ormai esauriti o avvelenati dall’inquinamento.
Anche in Europa e in Italia stanno privatizzando i beni comuni. Il caso più emblematico è quello dell’acqua, bene necessario per vivere che oggi il decreto Ronchi permette di sottoporre al controllo effettivo del capitale.
Chi è l’alleato della proprietà nel portare avanti il «saccheggio» dei beni e delle risorse comuni? Tradizionalmente, individuiamo una dicotomia Stato/proprietà privata. A sinistra si pone al centro il pubblico, mentre da destra si punta sui privati. La crisi economica in corso, scoppiata dopo la pubblicazione del libro, ha dimostrato come questi due poli risultino opposti solo all’interno di una costruzione immaginaria che usa strumenti giuridici per descrivere un mondo che in realtà non esiste.
Proprietà privata e Stato sono infatti alleati nel sottrarre beni comuni ai cittadini. Negli Usa, l’80% dei membri del Congresso è sul libro paga delle multinazionali, che finanziano “alla pari” le campagne di democratici e repubblicani, per essere sicure che chiunque vinca mantenga un atteggiamento (e una politica) «market friendly» (amica nei confronti del mercato). Il pubblico è infatti essenziale per il successo del privato, come dimostrano il caso della Fiat, sopravvissuta più volte grazie agli aiuti statali (altro che azienda privata!) oppure, come si diceva qui sopra, la crisi economica in corso.
Nell’autunno del 2008 si è chiusa la fase storica del trionfo del neoliberismo “ridens“: la risposa alla crisi è stato il trasferimento di soldi pubblici nelle tasche di pochi privati, allo scopo di salvare il capitalismo da se stesso. Tutto ciò è avvenuto in maniera perfettamente legale, al punto che si può affermare che oggi l’Occidente non ha un problema di legalità, ma un problema di giustizia.
Ugo Mattei, Laura Nader
Il saccheggio
Regime di legalità e trasformazioni globali
Bruno Mondadori Editore
€ 22,00 – pp. 272, brossura