Proprio in queste ore ai 5.300 operai di Mirafiori è chiesto di rinunciare ai propri diritti, sciopero compreso, in cambio non di una rendita perpetua con annessa villa ai Caraibi, ma più semplicemente di lavoro, quel lavoro sul quale la Costituzione fonda la nostra Repubblica.
Ai 5.300 di Mirafiori, in questo modo, sarà imposto di scegliere anche per gli altri perché, si sa, certi modelli fanno scuola – diversamente non si capirebbe tutta l’attesa creatasi nei confronti del “santo” Marchionne, evidentemente mandato a vedere “che aria tira” dai soliti poteri forti.
Da piccolo credevo che certe conquiste fossero acquisite una volta per tutte. Credevo che i principi fondamentali di una democrazia fossero sacri. Vedo invece che, mentre l’amministratore delegato della Fiat chiede ad altri di approvare contro se stessi le premesse necessarie per poter calpestare diritti garantiti dalla legge, quasi tutti, con la positiva eccezione della Fiom e di pochissimi altri, insistono sulla “necessità” di cedere al ricatto.
Di piegarsi al semplice bisogno. Di essere responsabili (parola ormai svuotata e orwellianamente stravolta, maledetti!).
Non sarò io a condannare l’operaio che dirà sì perché “tiene famiglia”. Questo operaio sa bene, tuttavia, che, a meno di ridursi in condizioni talmente degradanti da fare concorrenza ai cinesi sul costo del lavoro, il posto lo perderà la prossima volta. Sarei davvero stupito di vedere la Fiat che investe soldi veri (a meno che, come da tradizione, non li metta lo Stato) e non ho dubbi che, con l’aria che tira, Mirafiori alla fine sarà chiusa, magari dopo averla spremuta ancora qualche anno.
«Voglio investire», dichiara Marchionne. «Datemi la possibilità di farlo». Lo faccia, che diamine, faccia il suo lavoro, quello dell’imprenditore, intendo, quello di chi investe per innovare. Non mendichi il ripristino a mezzo referendum della prima rivoluzione industriale (quella senza diritti, per intenderci). Dimostri che il suo “modernismo” non consiste nel semplice ritorno a quell’Età moderna che gli storici fanno finire nel 1815.
«Il diktat di Marchionne, che Cisl e Uil hanno firmato», scrivono nel loro appello online sul sito di MicroMega Andrea Camilleri, Paolo Flores d’Arcais e Margherita Hack, «contiene una clausola inaudita, che nemmeno negli anni dei reparti-confino di Valletta era stata mai immaginata: la cancellazione dei sindacati che non firmano l’accordo, l’impossibilità che abbiano una rappresentanza aziendale, la loro abrogazione di fatto. Questo incredibile annientamento di un diritto costituzionale inalienabile non sta provocando l’insurrezione morale che dovrebbe essere ovvia tra tutti i cittadini che si dicono democratici. Eppure si tratta dell’equivalente funzionale, seppure in forma post-moderna e soft (soft?), dello squadrismo contro le sedi sindacali, con cui il fascismo distrusse il diritto dei lavoratori a organizzarsi liberamente».
Che cosa dicono in proposito le istituzioni? Il peggior Presidente del Consiglio dell’Italia repubblicana ha invitato Marchionne a lasciare l’Italia, se vincerà il no. Qualche mese fa il Ministro dei Tagli aveva dichiarato che le aziende italiane non potevano permettersi il «lusso» di rispettare la legge sulla sicurezza sul lavoro. Il Presidente della Repubblica non fa altro che invocare scelte condivise e sotto sotto fa il tifo per Marchionne (ma non è lui il garante della Costituzione? Si legga in proposito la lettera aperta di Rossana Rossanda al Capo dello Stato). Dalla sedicente opposizione, infine, Bersani “condivide” e invita la Cgil a rispettare i risultati della “consultazione” se vinceranno i sì.
Oggi è una giornata terribile per la “democrazia” italiana ma ho tanta paura che ce ne siamo accorti in pochi.
>>> Ho “commissionato” la vignetta di questo articolo al mio amico Ronnie Bonomelli, che ringrazio. Indipendentemente da quello che sarà il risultato della “consultazione” di Mirafiori, invito a diffonderla il più possibile attraverso il web e anche la carta stampata. Per ingrandirla basta cliccarci sopra.
L’immagine è pubblicata con licenza Creative Commons 3.0. (bisogna citare il nome dell’autore, non porsi fini di lucro e pubblicare alle stesse condizioni).
Bravo Mario
Su la testa!!!
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