Quando pubblico un articolo sulla mia regione, la Valle d’Aosta, oltre che di raggiungere il pubblico locale, mi ripropongo sempre, per ciò che posso, di far sapere oltre le Colonne d’Ercole di Pont-Saint-Martin che cosa succede nella regione più piccola d’Italia, al di là di miti e leggende di prosperità e buongoverno, che tutto fanno tranne che l’interesse della popolazione.
Al cittadino delle altre regioni potrà sembrare strano che in una regione che conta poco più di 120 mila abitanti (non è un errore: la regione, non il capoluogo, ha 120 mila abitanti – entrerebbero tutti in un quartiere di una grande città!) si pensi di costruire un inceneritore (pardon, un pirogassificatore) per gestire lo smaltimento dei rifiuti, senza prima avere provato a fare il salto di qualità nel recupero/riciclo dei materiali, ad esempio costruendo un centro di compostaggio per la frazione umida.
Potrà anche sembrare strano che, mentre il progetto dell’impianto di pirogassificazione sta per tradursi in realtà, i valdostani abbiano smesso di interessarsi della cosa, come se si trattase della moda di un’altra stagione. Ma naturalmente se la popolazione ricordasse, se si organizzasse, certe “soluzioni” non sarebbero considerate le uniche possibili dalle amministrazioni.
Quello che segue è uno scritto di Luna Meneghini, del Comitato Rifiuti Zero Valle d’Aosta, che racconta come, dopo la consegna di una petizione popolare per ottenere il centro di compostaggio, la Regione abbia bocciato non solo la costruzione dello stesso, ma persino la possibilità di uno «studio» sulla sua «fattibilità».
Resta però da chiedersi: in base a quale principio?
Perché bocciare uno studio?
di Luna Meneghini – Comitato Rifiuti Zero Valle d’Aosta
Qualche settimana fa sui giornali si leggeva «Respinto l’impianto di compostaggio». In realtà a inizio novembre la commissione non boccia solo la costruzione di un centro di compostaggio, boccia uno studio sulla fattibilità di un centro di compostaggio unico regionale o di vari centri di compostaggio collettivo. Il “no” allo studio, secondo l’assessore Zublena, dipende da un metodo basato su dati e fatti (quali fatti?). Che i dati dello studio di fattibilità siano già stati raccolti e analizzati? Ma allora perché non risponde dicendo che il “no” in commissione è per evitare il ripetersi di un lavoro già fatto? E se ci sono, ce li presenti i dati di questo studio! Se non fosse così, invece, perché non vogliono sapere se la costruzione di un centro di compostaggio ha senso?
I motivi del “NO” secondo l’assessore all’ambiente sono «i modesti quantitativi di organico, difficoltà oggettiva nel piazzare il compost prodotto dal verde già oggi e valutazioni non positive dei costi-benefici di un impianto».
La regione Valle d’Aosta è l’unica regione che ha aumentato la produzione di rifiuti pro capite in questi ultimi anni di crisi e l’organico rappresenta il 21% del rifiuto indifferenziato. Dove sono i dati per dirci che i quantitativi di organico sono modesti?
Sull’utilizzo del compost dobbiamo ricordarci che: il compost è già un risparmio in quanto compost, indipendentemente dallo smercio che ha sul mercato, nel senso che ogni rifiuto che ricicliamo non deve essere trattato (conferito in discarica o bruciato nel pirogassificatore). Quindi ogni cittadino risparmia se viene fatto il compost: risparmia una volta se non ha un terreno da correggere, risparmia doppiamente se usa il compost che è gratuito per il suo orto. Però nel primo caso l’assessore si preoccupa: dove lo mettiamo tutto questo compost? C’è una buona notizia: la Valle d’Aosta ha molti terreni da nutrire. Oltre a quelli che conoscono tutti, il vaccodromo, gli stadi, le aree verdi, i campi da calcio, da rugby, da tzan, la regione può usare il compost nella bonifica dei terreni.
Altra buona notizia per usare il compost: la regione può organizzare un giorno l’anno la distribuzione porta a porta del compost, previa prenotazione. Però prima bisogna dire alla popolazione che questa possibilità esiste; io mi chiedo a oggi quanti cittadini siano al corrente che il compost viene distribuito gratuitamente ed è ovvio che la fornitura gratis di compost non ha successo se viene fatta iniziare il 16 giugno, cioè quando gli orti sono già tutti seminati.
Per quanto riguarda il problema costi benefici, bisogna sapere che ogni tonnellata di organico costa 210-250 euro se trattata nel pirogassificatore, 80-90 se trattata nel centro di compostaggio con una differenza di costo di 120-170 euro/tonnellata. Inoltre non si possono trascurare i benefici per l’ambiente, per la salute e anche per l’occupazione se si sceglie di attuare il compostaggio, oltre alla considerazione che senza la raccolta del compost la nostra regione non riuscirà mai a raggiungere i limiti di legge e ci costringerà a pagare multe salate.
Una volta ci dicevano che il clima freddo della nostra regione era un ostacolo per il compostaggio; siamo contenti di sapere che la temperatura non sia più un problema, ma continuiamo a non capire su cosa si basa una decisione che viene presa prima di uno studio.
Luna Meneghini
>>> Nell’immagine, l’Arco di Augusto ad Aosta (25 a.C.).