Naturalmente anche una persona normale, non dico per forza un capo di governo, non può andare in giro dicendo che Tizia è nipote di Caio se ciò non è vero (in gergo, la cosa si chiama «bugia»), e se Caio è a sua volta un capo di Stato o di governo possono nascere spiacevoli incidenti internazionali.
Circa l’attitudine berlusconiana al dileggio gratuito di intere categorie di persone («coglioni», qualche anno fa, erano quelli che votavano a sinistra; pietra negativa di paragone sono i «gay» nell’anno del Signore 2010) segnalo il divertente generatore automatico di comparazioni di Berlusconi presente sul sito di Metilparaben.
Naturalmente ha ragione «Le Monde» a prevedere per il governo Berlusconi una fine ingloriosa, segnata da «tanfo da basso impero». Se non sarà oggi, sono convinto che il cilindro del vecchio prestigiatore sia ancora pieno di potenziali scandali che prima o dopo schizzeranno fuori come tanti conigli.
Tuttavia, il problema principale mi sembra sempre questo: che tipo di Italia è quella disposta a sopportare/scusare/amare le bassezze del suo premier, elevandole al rango di simpatici tratti caratterizzanti?
La vicenda Ruby mette chiaramente in evidenza la concezione tutta personalistica del potere, propria oggi (purtroppo e purtroppo non solo) del presidente senza consiglio. Il capo del governo italiano trova normale telefonare in questura per tirare fuori dai guai una ragazza – indipendentemente dalla natura dei rapporti che lo legano a essa e anche dal motivo per cui quella ragazza è stata trattenuta – motivando il proprio agire con il fatto di essere una persona di “buon cuore“.
Lo stesso “buon cuore” non gli impedisce invece di portare avanti politiche repressive nei confronti di altre ragazze, bambini e adulti che, per il semplice fatto di non avere documenti in regola e senza aver commesso altro reato, sono arrestati e concentrati nei Cie, strutture tristemente simili a lager.
Lo stesso “buon cuore” non gli impedisce di avallare leggi repressive che trattano chi si limita a consumare sostanze illegali alla stregua di un narcotrafficante, chiudendo dietro di lui i cancelli di carceri sovraffollati e infestati da presenze non concepibili in uno Stato di diritto, come gli aguzzini dei Bianzino e dei Cucchi, carnefici nei confronti dei quali vige sovrana l’impunità.
Il “buon cuore” del premier è l’ennesima bugia di un despota giunto – si spera – alla fine del suo regno, e che però rischia di cadere per la ragione “sbagliata”. Non che sia davvero sbagliata, si badi; ma in confronto a tutto il male fatto attraverso l’azione del peggior governo degli ultimi 150 anni (criminalizzazione, contenimento ed espulsione degli immigrati, lotta ai lavoratori, agli studenti, alla libertà di pensiero, messa in discussione dello stesso futuro civile democratico e ambientale del Paese, il tutto per esigenze e interessi personali) le vicende della giovane Ruby e del vecchio Silvio sono davvero poca cosa.
Intendo dire che se le varie opposizioni (ah ah ah!) fanno bene ad attaccare il capo del governo sui suoi comportamenti personali – che poi, dato il ruolo ricoperto, tanto personali non sono – il rischio è però che il singolo aspetto passi per il problema tout court, e che le questioni più gravi (schiavitù e violenze nei Cie, ecc ecc) siano metabolizzate dal Paese, pronte a essere continuate dai successori di questo presidente e di questo esecutivo, nel nome di quella «sicurezza» che «non è né di destra né di sinistra» oppure della necessità di affrontare una delle peggiori crisi economiche della storia del “libero” mercato.
Di fronte a tutto questo, un po’ per esorcizzare e un po’ per richiamare tempi nei quali ancora un poco si sperava di cambiare la società e il mondo, l’unica Ruby che voglio ricordare è la canzone «Ruby Tuesday» dei Rolling Stones.
PS: Sembrerà stupido, ma non metto il nome Silvio Berlusconi tra i tags di questo articolo perché, pur nel mio piccolo, mi rifiuto di fargli pubblicità.