Quando ci saranno le elezioni, se davvero gli anti-Silvio si coalizzeranno presentandosi tutti assieme, come vorrebbe il Pd di Bersani (cioè la corrente interna al partito al momento maggioritaria) mi farò coraggio e andrò a votare.
Come nell’antica poesia di Catullo, che promette all’amico Fabullo di donargli un profumo talmente squisito che pregherà gli dei di renderlo «tutto naso», anch’io vorrei almeno un naso in più, perché questa volta tapparne uno solo potrebbe non bastare (se schiacci troppo forte si rompe, immagino).
Ma – lo dico in tempi non sospetti – andrò a votare. Per le seguenti ragioni:
1) Mandare a casa quello là. E lo so bene che, anche in caso di sconfitta, non tornerà a casa, ma sarà ancora in Parlamento a far danni. Però l’idea di non averlo più a Palazzo Chigi è troppo bella per non utilizzare tutti gli strumenti a disposizione.
2) Non ci sarà l’Unione. Lo ha promesso Paolo Ferrero a nome della Federazione della Sinistra: tutti insieme – a parte i mafiosi – per battere Berlusconi, ma né Rifondazione, né i Comunisti italiani sono interessati a governare insieme al Pd o, peggio(?), IdV, Udc, “finiani”, e tutta la combriccola.
Insomma: battuto Silvio (sarebbe ora di provarci seriamente), quel che rimane della sinistra istituzionale si attrezzerebbe per fare opposizione, senza inciuci in cambio di poltrone di governo con quelli che sono, a tutti gli effetti, «nemici di classe» (come il Pd, innamorato volta a volta di Marchionne – la destra interna – o di Montezemolo – la sinistra interna).
3) 5 minuti al seggio non m’impediscono di lottare. Perché il canale del voto può contribuire a rendere meno peggio la situazione, ma in un clima trasversalmente liberista e più o meno trasversalmente razzista, occorre seguire le altre vie: la controinformazione, i movimenti, le manifestazioni, la decrescita praticata dal basso, la controproposta continua a tutte le “belle” idee partorite per fare milioni devastando la società e l’ambiente.
Questo come cittadini. I partiti che ancora si identificano con la sinistra anticapitalista potrebbero aver capito che non si può essere contemporaneamente «di lotta e di governo». Se avranno la coerenza necessaria per dimostrarlo, magari cresceranno. La dichiarazione di Ferrero di non essere interessato a governare con chi la pensa al contrario di lui, di per sé, è un’ottima notizia.
Leggi sul manifesto l’intervista a Paolo Ferrero.
>>> L’immagine di questo articolo denuncia i guasti prodotti da chi voleva coniugare «lotta» (di classe) e «governo» (di Confindustria).