La Corte costituzionale approva la legge sul nucleare

 
 La Corte costituzionale ha rigettato i ricorsi sollevati da 10 regioni sulla legge n. 99 del 2009 che conferisce al governo la delega per la riapertura degli impianti nucleari in Italia, dichiarandoli in parte infondati e in parte inammissibili.

 
 Toscana, Umbria, Liguria, Puglia, Basilicata, Lazio, Calabria, Marche, Emilia Romagna e Molise (e in un primo momento anche il Piemonte, che ha ritirato il ricorso in seguito all’elezione a presidente regionale del leghista Roberto Cota) non ce l’hanno fatta, malgrado i numerosi i profili di illegittimità della legge delega lamentati (assenza d’intesa e raccordo con le singole regioni interessate dalla scelta dei siti delle centrali; criteri e le modalità di esercizio del potere sostituivo dell’esecutivo centrale in caso di mancato accordo; possibilità di dichiarare i siti aree di interesse strategico nazionale, soggette a speciali forme di vigilanza e di protezione; procedura che prevede autorizzazione unica a livello centrale sulle tipologie di impianti per la produzione di energia nucleare, rilasciata previa intesa della Conferenza unificata e dopo delibera del Cipe, il Comitato interministeriale per la programmazione economica).
 
 
La rinuclearizzazione dell’Italia sembra procedere a marce forzate.

 
 Sta ora ai cittadini manifestare pacificamente, nei territori e a livello nazionale, che cosa pensano dell’atomo.

 
 La prossima tappa del ritorno al passato sarà scegliere i siti che ospiteranno le centrali. Secondo il governo, saranno necessari circa tre anni. I criteri per la scelta sono i seguenti: zone poco sismiche, in prossimità di grandi bacini d’acqua (ma senza il pericolo di inondazioni) e lontane, preferibilmente, da zone densamente popolate.

 
 Quali sono i siti più probabili?

 
 Innanzitutto, quelli già scelti per i precedenti impianti, chiusi dopo referendum del 1987: Caorso (Piacenza), Trino Vercellese (Vercelli), Montalto di Castro (Viterbo). Secondo Legambiente
e
i Verdi, il quarto candidato potrebbe essere Termoli (Campobasso). Si parla anche di Porto Tolle (Rovigo), Monfalcone (Gorizia), Scanzano Jonico (Matera), Palma (Agrigento), Oristano e Chioggia (Venezia).
 
 
La mobilitazione contro il nucleare dovrà essere dunque particolarmente intensa in queste zone ma non solo, perché – evidentemente – il ritorno a questa follia (con il rischio di incidenti, ma soprattutto la questione delle scorie radioattive, mai risolta neppure per quelle prodotte fino al 1987) ci riguarda tutti direttamente.

 
 I siti che decideranno di ospitare le centrali potranno ottenere bonus sostanziosi, circa 10 milioni di euro all’anno, destinati tanto agli enti locali quanto ai residenti nelle aree in questione. Un primo passo per rendere efficace la lotta contro la costruzione delle centrali potrebbe essere la richiesta alle amministrazioni locali di rifiutare qualsiasi forma di compensazione per la presenza delle nuove strutture.
 
 Di fronte ai soldi promessi dal governo, tanti potrebbero scoprirsi, improvvisamente, nuclearisti.

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