Alla fine anche la «Rachel Corrie» è stata abbordata e costretta a
raggiungere il porto israeliano di Ashdod.
Il blocco di Gaza non è stato infranto.
Nessun incidente, questa volta: evidentemente Israele non vuole
spezzare la corda già tesa dei propri rapporti con buona parte del
mondo. Compresi molti Paesi amici.
È questa, ancora, la speranza: che l’intransigente tracotanza di Tel
Aviv porti la comunità internazionale a pretendere la fine dell’embargo.
E siccome nei momenti storici una cosa trascina l’altra, la "apertura"
di Gaza potrebbe avere ripercussioni positive sulla Cisgiordania
tagliata dal muro e su tutta l’area, così come il crollo di un muro in
Germania fu la premessa per la fine di un sistema e di un’epoca.
A bordo della «Rachel Corrie» c’erano 19 pacifisti «veri», secondo la
distinzione ipocrita delle autorità israeliane, che nella nave turca
teatro del sanguinoso assalto costato la vita ad almeno 9 attivisti,
avevano individuato invece «amici dei terroristi» (un riferimento ai loro
stessi uomini, feroci protagonisti di un omicidio plurimo?).
Qualche nome dei nuovi sequestrati (non tradotti in carcere, stavolta,
per non perdere ulteriormente la faccia col mondo):
Mairead Maguire, premio nobel per la pace 1976;
Denis Halliday, ex vice segretario generale dell’Onu;
Matthias Chang Wen Chieh, ex segretario politico del premier malese.
Non c’era invece, come avevo erroneamente annunciato, Edy Epster, ebrea
85enne sopravvissuta ai campi di sterminio. Se ho capito giusto, si
trovava sulle navi fermate lunedì. «Conivolta in tutti i viaggi del Free
Gaza Movement», scrive sul manifesto del 6 giugno Vittorio Arrigoni,
volontario italiano dell’International Solidarity Movement attualmente a Gaza,
«non ha ancora coronato il suo sogno: visitare la Striscia prima di
morire». «Avrà molto presto un’altra chance, poiché flotte di navi
cariche di aiuti umanitari continueranno a sfidare la pirateria finché
l’assedio non verrà spezzato».
Questa è la forza della Free Gaza Flotilla: perseverare, allo scopo di
forzare il blocco, puntando a smuovere l’opinione pubblica
mondiale; smascherare Israele, mettendone a nudo la politica repressiva.
Dice ancora Arrigoni che dalla Germania è pronta a salpare la prima
barca di attivisti ebrei in direzione di Gaza.
Dalla Turchia, invece, il capo del governo annuncia di voler essere a bordo di
una delle prossime navi.
Sempre dalla Turchia, si annuncia l’idea – pericolosa, in verità – di
scortare con navi militari il prossimo convoglio, mentre una ong turca
pensa di investire 25 milioni di dollari nella ricostruzione della
Striscia devastata dall’embargo e dai bombardamenti del «Piombo Fuso»,
terminati poco più di un anno fa.
Nel bene e nel male, tra speranze, ingiustizie e tragedie, qualcosa si
muove e lo Stato di Israele non potrà non prendere atto della necessità
di cambiare la propria strategia, se non vuole essere travolto
dagli eventi.
Disegno
di Carlos
Latuff
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