Mussolini sbagliò: gli italiani erano già suoi

 
 A dispetto di quanto detto ieri (il blog starà fermo qualche giorno) devo assolutamente dire qualche parola sugli esiti elettorali. Che le elezioni fossero regionali non ha la minima importanza: erano state trasformate nel solito banco di prova per la tenuta di Berlusconi e della (estrema!) destra e come tali vanno trattate. Risultato: agli italiani Berlusconi piace e devo dire che Mussolini, quando vietò tutti quei partiti che non erano il suo, fece una cosa inutile, prima che sbagliata, perché agli italiani PIACE salire sul carro del vincitore.
 Capisco benissimo (e condivido) il disgusto che ha tenuto moltisismi elettori lontani dalle urne per il degrado della politica italiana e per una scelta impossibile tra Pidielle e Pidisenzaelle. Lo capisco ma non lo giustifico: l’astensione può essere un segnale solo se è generale, ma sapevamo tutt@ che le destre hanno i loro sostenitori entusiasti e i loro clientes, perciò chi non ha votato ha contribuito a consegnare il Paese – legato mani e piedi – a Berlusconi e a Bossi, a quello schieramento che sembrava perdere pezzi sotto il peso degli scandali e della (dolorosa) crisi economica e che oggi, anticipando la Pasqua, sembra risorgere.
 Nessuno credeva – e comunque non io – che il voto fosse sufficiente a cancellare il regime o anche soltanto a fare il proprio dovere civico. Ma nella presente situazione di decadenza delle istituzioni e imbarbarimento della società civile, non era proprio legittimo rinunciare a questo strumento.
 Chi non ha avuto la voglia o la forza di passare quei cinque insignificanti minuti in una cabina elettorale (indipendentemente dalla qualità delle sue motivazioni) ha lasciato trionfare la disonestà e l’egoismo eletti a sistema di governo. Come faremo oggi opposizione alle opere inutili? Come impediremo la costruzione delle centrali nucleari, se la maggior parte delle regioni d’Italia sta dalla parte di questo governo? Come combatteremo per i diritti di quei corpi senza documenti, stuprati e maltrattati nei Cie?
 Di fronte all’abominio il voto era poca cosa. Averlo regalato a chi dopo ogni tornata elettorale si sente in diritto di "osare di più" è stato criminale. Un tradimento di tutte le lotte.


 L’illustrazione di questo articolo è di Lara Cavagnino e mi pare etremamente esemplificativa della condizione presente.

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2 risposte a Mussolini sbagliò: gli italiani erano già suoi

  1. freeOliver scrive:

    Ho pensato a lungo prima di mettere mano alla penna per scrivere questa lettera. Ci ho pensato molto perché so che alcuni tra i miei conoscenti saranno sinceramente stupiti di fronte a queste riflessioni e che sicuramente ci sarà (soprattutto tra le mie amicizie politiche) chi condannerà senza possibilità di appello le mie parole.
    Con l’appropinquarsi delle tornate elettorali, questa volta amministrative, in ogni cittadino avente diritto al voto si ripresenta puntualmente il dilemma di cosa fare. Personalmente sono convinto che la struttura giuridica elettorale e la delega insita nella pratica del voto rappresentino l’esatto opposto di ciò che dovrebbe essere una sana possibilità di partecipazione politica agli espletamenti della cosa pubblica, ma anche ammesso che nell’ambito di questo sistema vi possano essere margini di miglioramento della nostra fragile democrazia credo che le rare persone di fiducia che si potrebbero eleggere si troverebbero come sempre imbrigliate in meccanismi istituzionali tali per cui di fatto potrebbero fare ben poco deludendo di conseguenza le aspettative di chi li ha votati.
    La situazione, come sempre, non è univoca. Per operare una riflessione onesta non si può non tener conto dei diversi tipi di elezione.
    Per quelle politiche, dato come da tempo si stanno conformando i giochi e i meccanismi che le distinguono, le speranze di una capacità d’incisione, anche infima, da parte dell’elettorato sono veramente una pia illusione. È sufficiente pensare alla fine che ha fatto la cosiddetta sinistra radicale che, da sempre ossequiente al gioco parlamentare, è stata di fatto estromessa dal parlamento, resa silente e inesistente dal sistema, costretta nolente a diventare ex ed extra parlamentare. A livello nazionale, secondo me, qualsiasi voto non può che sperdersi nel marasma autoritario della politica politicante.
    Almeno teoricamente, invece, le elezioni amministrative sembrano offrire un’opportunità maggiore. Siccome sono funzionali alla costituzioni di governi e assemblee locali possono far supporre di poter avere una qualche incidenza nelle scelte e nel funzionamento delle istituzioni territoriali. Non è un caso che, in seguito alle continue disillusioni cui da decenni vengono sottoposti i sostenitori dei partiti tradizionali sembri sempre più di moda formare liste locali indipendenti (grillini, girotondini, pensionati, stambecchi, meloni, e chi più ne ha più ne metta). Ammesso, e non concesso a priori, che riescano ad eleggere qualcuno, difficilmente più di uno o due, il ruolo di questi “poveri pellegrini” nei maneggi e nei corridoi del palazzo non potrebbe poi che essere del tutto marginale e inconsistente, quindi impossibilitato a portare avanti ciò che avevano promesso e di cui avevano illuso.
    Ad Aosta si gioca una partita importante: due gruppi di potere (uno effettivo ed uno potenziale) si contendono la possibilità di gestire il capoluogo regionale per i prossimi 5 anni, per la prima volta caratterizzando lo scontro in modo politicamente bipolare allineando la realtà locale alla tendenza nazionale ed internazionale che va verso l’estromissione dalle assemblee rappresentative delle forze minori a favore della crescita di due fronti antagonisti ed alternativi destinati a raccogliere la maggior parte dei consensi. La virata a destra della coalizione delle forze autonomiste e il coagularsi a sinistra dell’unionismo scissionista con le forze tradizionalmente de gauche sembrano configurare una competizione che, per la prima volta dopo anni, ha anche il sapore della battaglia ideale oltre a quello della gara per occupare i posti di potere.
    Ma è veramente così? L’asse UV-FA-SA-PDL-Lega ha veramente una connotazione di destra, liberale e liberista? L’alleanza ALPE-PRC-PDCI-IDV-Radicali ha veramente una fisionomia di sinistra, socialista, solidale e popolare? Ho i miei dubbi.
    A me pare che queste due corazzate che si scontreranno nel mar di Cordela abbiano in realtà molte più caratteristiche comuni che opposte e che quella a cui assisteremo sarà in realtà una battaglia per il potere tra due realtà abbastanza simili.
    Il grosso della coalizione di centrodestra è composto da persone che provengono dai vivai dei movimenti dominanti che si troveranno al fianco personaggi, già noti sulla scena locale, che aspirano a divenire parte della nomenclatura egemone; lo schieramento avverso si presenta invece come una raccolta di scontenti dell’area autonomista, carichi di motivazioni personali anziché politiche, conditi da una presenza non pericolosa di personalità provenienti dall’area della sinistra antagonista che con ogni probabilità non avranno le preferenze sufficienti a farli accedere alle stanze dei bottoni e faranno quindi solamente i portatori d’acqua per il fiume in piena dello scissionismo rossonero.
    E allora: “che fare”? Ecco tornare, puntuale come l’allergia stagionale, il leniniano quesito. Personalmente non ho ancora deciso però mi stuzzica particolarmente la terza opzione: quella di starne fuori. Sono fortemente tentato dalla possibilità di astenermi. Non un’astensione qualunquista, frutto del disinteresse, della pigrizia o dell’indolenza, ma un’astensione motivata, ponderata, scelta e praticata in nome di quella stessa democrazia che lo strapotere delle burocrazie politiche ha ridotto ad uno squallido mercato.
    Rifiutarsi di scegliere tra le due armate che si affronteranno nelle prossime settimane recandosi al seggio e scrivendo sulla scheda “Io canto fuori dal coro” potrebbe essere, questa volta, una scelta politica di grande dignità e, se condivisa da molti, un messaggio forte per coloro che guideranno il vapore e per coloro che, dall’opposizione, faranno loro da cornice.
    E’ solo un’idea. C’è ancora tempo per pensarci. Saluti a tutti. Corrado Olivotto

  2. Mario scrive:

    Sono d’accordo su gran parte dell’analisi ma non sulle conclusioni. «Votare è inutile? Votiamo lo stesso!» potrebbe essere uno slogan riassuntivo di ciò che penso. Uno strumento va utilizzato sempre, anche se non vale più molto. Penso comunque che, almeno alle elezioni comunali, un’indicazione di voto sia bene fornirla, chiunque poi vinca. RIsponderò meglio un’altra volta, non appena avrò il tempo…

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