Avevo parlato, qualche tempo fa, del corso La partecipazione a portata di click, durante il quale ho perfino tenuto una lezione, in virtù del mio ruolo di "blogger".
Si trattava, in poche parole, di riflettere sulle potenzialità di
internet e delle nuove tecnologie nell’aprire spazi e fornire strumenti
per una cittadinanza attiva. Oggi ho preso parte alla tavola rotonda
finale, intitolata Partecipazione, democrazia e territorio di fronte alla rivoluzione comunicativa, che si è tenuta presso il Centro servizi per il volontariato (CSV) di Aosta. Insieme agli altri docenti del corso (Fabrizio Favre, Christian Diemoz e Jean-Paul Lustrissy; era invece assente Daniele Mammoliti), ho provato a dire la mia sui risultati del percorso laboratoriale, svolto dai partecipanti al corso, intorno alle risorse partecipative presenti in 33 siti internet valdostani. Hanno ragionato con noi alcuni partecipanti al corso, insieme a Sandra Bovo, capo ufficio stampa della Regione Valle d’Aosta, Nathalie Grange, direttore di AostaSera, Viviana Rosi, consulente editoriale, Patrizia Neri, presidente di Arci Valle d’Aosta, Fabio Molino, coordinatore del CSV, Fabio Protasoni, tutor dei corsisti.
33 siti
possono sembrare pochi: nella piccola realtà valdostana, tuttavia, essi permettono di restituire uno spaccato sigificativo, nell’ambito di
quella che del resto – ricorda Protasoni – è una ricerca priva di
scientificità o, piuttosto, una semplice navigazione condotta da visitatori consapevoli. 4 sono le categorie prese in esame: i siti istituzionali, quelli d’informazione, quelli culturali e, infine, quelli relativi al mondo dell’associazionismo.
Il panorama che ne deriva è descritto in base a 12 criteri, quelli emersi durante le lezioni del corso, a partire dall’«usabilità»
(facilità di navigazione, impatto grafico e cromatico, ordine logico
dei blocchi e delle sezioni di un sito), per soffermarsi sull’accessibilità, l’integrazione nella rete. I dati mostrano siti complessivamente semplici da utilizzare (qualche difficoltà in più nel caso di quelli istituzionali) e aggiornati abbastanza di frequente, ma poveri di risorse multimediali, poco integrati nella rete e piuttosto chiusi su se stessi (pochi link ad altri siti per consentire approfondimenti, basso livello d’integrazione con le varie piattaforme internet) e sulla realtà valdostana (pochi contenuti e link riguardanti il nazionale o l’Europa).
Dal punto di vista delle possibilità di partecipazione attiva, il tema centrale del corso, occorre rilevare che spesso l’interazione si riduce alla presenza di un indirizzo cui inviare le proprie e-mail.
«I siti sono chiusi alla partecipazione», rilevano i corsisti presenti,
anche se «valdostani su internet ce ne sono e quindi esiste un gruppo
potenzialmente attivo». Qualcuno, ad esempio, ha cominciato a
commentare il nuovo ponte sul Buthier su Facebook (si tratta, lo dico per il navigante non aostano, di un’opera pubblica realizzata male, di cui forse parlerò in futuro, ndr). La voglia di esprimersi c’è. Ma i siti analizzati sono (quasi) privi di rimandi ad altri siti e la chiusura regionale riguarda anche quelli d’informazione. Costruire una comunità responsabile è difficile e di come coinvolgere i cittadini non parla nessuno. Soprattutto i siti istituzionali, poi, dovrebbero essere più aperti e chiedere ai cittadini di esprimersi attraverso forum.
Onestamente non so se questo panorama corrisponde a quello delle altre regioni d’Italia. La Valle d’Aosta, l’ho detto altrove,
è piccola e sembra sempre un mondo a parte. La metà degli italiani, in
ogni caso, non è abituata a utilizzare internet, ricorda Diemoz, mentre Lustrissy
pone l’accento sulla legislazione nazionale, che impone di fare sempre
attenzione a ciò che si ospita nelle proprie pagine, specie se si è
un’amministrazione pubblica, perché non è così difficile essere
querelati. Fabrizio Favre s’interroga sull’effettività della voglia di partecipazione dei cittadini, partendo dalla considerazione che non sempre gli strumenti interattivi (ad esempio i sondaggi) sono realmente utilizzati. Mi riallaccio a questo intervento per parlare, col solito ottimismo, della sfiducia
dei cittadini nelle potenzialità di questi strumenti: perché perdere
tempo coi sondaggi, quando si vive in un Paese nel quale, normalmente,
i tentativi di dialogo delle autorità con i cittadini consistono nel prendere, a priori,
una decisione immutabile e dopo organizzare incontri per dimostrarne
l’inevitabilità? Ma forse parto dal presupposto che, altrimenti, tutti
farebbero a gara nel dire la loro, come se l’istrionismo che mi porta a tenere i miei sproloqui su internet dovesse per forza essere la malattia di tutti.
La mattinata si conclude con la presentazione del nuovo corso organizzato dal CSV, Agire con… – La società civile organizzata per una nuova cittadinanza attiva, che paritrà il prossimo 1° ottobre. Sarà presentata l’esperienza del contratto di quartiere, strumento attraverso il quale a Vercelli si è costruita l’integrazione tra abitanti autoctoni e immigrati, a partire dal coinvolgimento diretto dei cittadini.
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