Due milioni d’italiani hanno votato a sinistra del Pd. Quasi 7 cittadini su 100. Quasi 7 cittadini ogni 100 sono senza rappresentanza, benché la Costituzione italiana indichi nel «popolo» il depositario della «sovranità» (e non mi si dica che queste erano elezioni europee, perché non c’entra niente). È il risultato del quorum al 4%, introdotto a seguito dell’accordo tra i due Pd (quello con la elle e quello senza), un metodo per appiattire le differenze, ridurre il gioco politico a due attori unici, separati – come accennato – da una piccola elle, magari da una concezione diversa della legalità, certamente da una sproporzione nella disponibilità di mezzi mediatici ed economici, ma per il resto portavoce – entrambi – dell’ideologia unica liberista, devota della devastazione sociale e ambientale e della crescita senza fine del Pil. Normalmente si cerca di giustificare l’ostacolo del quorum con la necessità di garantire la governabilità, resa difficile – dicono – dalla presenza di tanti partiti diversi. In questo caso – le elezioni per il Parlamento europeo – non si capisce che cosa c’entri.
Parlo ancora una volta d’ideologia unica, perché le elezioni europee, almeno in Italia, hanno confermato che non c’è spazio per la differenza, per chi si distacca dall’ortodossia economica e politica prestabilita. Proprio qui risiede il fallimento (lo dimostra l’astensionismo dilagante) del progetto europeo, un modello che fa dell’adesione incondizionata al liberismo e ai suoi dogmi la chiave di volta del vivere sociale e dell’aggregazione fra Stati. L’Europa ha fatto proprio un credo fino a qualche anno fa a lei estraneo, che richiede la dismissione dello stato sociale e la precarizzazione spinta del lavoro. Non erano queste le peculiarità del modello europeo e ovviamente di un’Europa come quella attuale il cittadino non sa che fare, soprattutto dopo aver sperimentato attraverso la presente crisi economica la fallacia di certe parole d’ordine.
Che cosa resta a chi non si rassegna al pensiero unico dominante, o a una politica istituzionale che non ha mai mostrato i propri limiti meglio di oggi? Forse la riflessione, il dialogo, la “contaminazione” del maggior numero possibile di persone attraverso il passaparola. Forse la lotta sul territorio. Avere perso ogni rappresentanza istituzionale, tuttavia, per chi – come me – ha paura dell’allegro far west berlusconiano, del nucleare incombente, delle cosche che dilagano ormai a sud di Roma, delle trovate di cui è pieno il cilindro del presidente senza consiglio; non aver più una sponda parlamentare in Italia, né una presenza italiana a Strasburgo, con un occhio alla Penisola da una visione del mondo non omologata, mi fa temere il peggio.
Nei prossimi giorni – in fondo è lotta anche questa – voglio occuparmi nuovamente dei movimenti e in particolare della prossima manifestazione (il 4 luglio) contro la costruzione della base americana al Dal Molin di Vicenza, che il “pacifista” Obama non ha assolutamente fermato. Tornerò anche a parlare della mia regione, quell’isola misteriosa e certo felice chiamata Valle d’Aosta, del suo inceneritore forse scampato (ma quali sono e quanto fanno male le alternative previste?), di una marcia in difesa di un vallone incontaminato (Comboé, il 21 di questo mese) e della mia consueta iniziativa di metà luglio, la Marcia Granparadiso estate, che giunge quest’anno alla sua sesta edizione (il 12 luglio).
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INCHIESTA LETIZIA – L’ASSORDANTE SILENZIO DI REPUBBLICA E C.
di Rita Pennarola [ 05/06/2009]
Ad una settimana esatta dall’uscita – sul portale e in edicola – della nostra inchiesta “Isso, essa e ‘a malavita”, sui siti internet di mezzo mondo rimbalzano le notizie riportate in esclusiva dalla Voce e sono ormai tantissimi i lettori che nei blog si chiedono perche’ questa stringente ricostruzione della vicenda Noemi non abbia trovato riscontro sulle pagine dei principali quotidiani italiani, che pure da settimane si affannano a tempestare il premier Berlusconi di domande sulla sua vita privata.
E’ un interrogativo che oggi ci poniamo anche noi della Voce.
A parte il sito di Micromega che pure a Repubblica e’ collegato i grandi media di riferimento del capitalismo italiano e dei suoi interessi economico-finanziari hanno preferito eludere il quesito. Un interrogativo che, se le ipotesi investigative fossero confermate, metterebbe a rischio le fondamenta della nostra stessa democrazia, con uno scenario in cui le holding della camorra sono in grado di condizionare un capo di governo attraverso la loro tradizionale forza d’intimidazione e minaccia.
Chi conosce da vicino la storia dell’inceneritore di Acerra sa bene quanto negli ultimi due anni i clan (e non certamente solo quelli locali) abbiano cercato con ogni mezzo di impedirne l’apertura. Fermi restando tutti i gravi problemi ambientali causati da un impianto vetusto e sottoposto a indagini della magistratura, resta il fatto che un colossale apparato ingoia-rifiuti sottrae alla malavita organizzata quei giri d’affari per lo smaltimento illegale di scorie tossiche che finora avevano reso milioni e milioni di euro ogni anno.
Ma sono anche altri i quesiti che gli italiani si sono posti negli ultimi mesi e ai quali l’inchiesta della Voce fornisce le uniche spiegazioni plausibili. Perche’, ad esempio, il Viminale ha sferrato un’offensiva senza precedenti proprio al clan dei Casalesi, mettendo a segno una serie di arresti e confische quasi ogni giorno? E perche’ in tutte queste occasioni il premier non ha mai come e’ di prassi espresso soddisfazione ufficiale per i risultati portati a casa da un ministro del suo governo?
Qualche risposta cominciamo a darcela anche noi. Per i grandi quotidiani italiani e’ piu’ facile, soprattutto in piena campagna elettorale, continuare con il riferimento agli incontri “piccanti”, fare in modo che El Pais pubblichi quelle foto di modelle in bikini a Villa Certosa (oscurate in Italia dal Garante della privacy) o sollevare un polverone sugli chansonnier a bordo dei voli di Stato, piuttosto che dover ammettere una terribile verita’: un intero Paese potrebbe essere gia’ sotto scacco della camorra attraverso minacce personali al primo ministro e alla sua famiglia. Una guerra e’ in atto fra lo Stato e quella stessa orrenda multinazionale del crimine che Roberto Saviano ha messo a nudo in tutta la sua truculenta opulenza. E questa guerra avrebbe un ostaggio eccellente: Silvio Berlusconi.
Non conosco l’inchiesta di cui si parla nell’articolo qui riportato, per cui non so che cosa dire. Aggiungo soltanto che fatico a vedere Berlusconi nei panni della vittima, sia pure delle mafie. Mi piacerebbe davvero sapere che lo Stato è in guerra con la camorra, con tutte le sue forze, ma propendo per l’ipotesi dei soliti intrecci tra camorra e politica. Ciò che penso del “Cavaliere” m’induce a pensarlo come un uomo disposto ad accordarsi, non come un eroe dell’antimafia. Ma forse non ho capito il commento, non conoscendo l’inchiesta.