Lo Stivale di gomma

 Venezia, acqua alta
 La prima immagine di questo articolo è una foto che ho scattato a Venezia qualche mese fa, in pieno fenomeno dell’«acqua alta», e così la seconda, che però si spinge a indicare una relazione possibile tra il nostro modello di sviluppo, incentrato sulla crescita senza fine del Pil (prodotto interno lordo e misura di ogni umana felicità), e il riscaldamento globale, che prima o poi sommergerà migliaia e migliaia di chilometri di coste della Penisola, compresi centri abitati e luoghi d’arte, Venezia su tutti. È il destino già in atto, tanto per fare un esempio, nell’isola pacifica (nel senso dell’oceano) di Kiribati, i cui abitanti hanno cominciato a cercare «asilo climatico» in Nuova Zelanda (mi domando, in proposito, quali saranno le reazioni della Lega quando i barconi della disperazione saranno carichi di veneti, emiliani e triestini in cerca di asilo nell’entroterra, o magari in Trentino, Lombardia e Piemonte). Sono le conseguenze di un fenomeno che, secondo i dati forniti da un recente studio dell’Istituto di ricerca presieduto da Kofi Annan, ex Segretario generale delle Nazioni Unite, miete attualmente 300 mila vittime all’anno e coinvolge 300 milioni di persone in alluvioni, siccità e altri eventi climatici estremi. Anche la Banca mondiale, intanto, mette in guardia sulle conseguenze del surriscaldamento: i «rifugiati ambientali» nel mondo sono già 25 milioni e potrebbero diventare 200 milioni entro il 2050.
 
Venezia, acqua alta
 In Italia, però, tutto tace: il cambiamento climatico è ancora l’opinione di alcuni, bellamente smentita da sedicenti esperti in televisione, e il premier ha chiesto all’Europa, giusto qualche mese fa, di poter continuare a inquinare come ora, per uscire prima dalla crisi. Frattanto, la vita (si fa per dire) politica del Paese è tutta incentrata sul caso Noemi, perché le opposizioni parlamentari sperano di cavarne un risultato elettorale alle europee: gli uni parlano di privacy (e strizzano l’occhio alle doti di grande seduttore del Cavaliere), gli altri citano, a proposito e a sproposito, l’eventuale rilevanza penale di rapporti che, se avvenuti, avrebbero coinvolto una diciassettenne e un ultrasettantenne. Le questioni calde dovrebbero essere altre, come ha ricordato giustamente Vittorio Agnoletto in quella trasmissione indecente che è «Porta a Porta»: la sicurezza sul lavoro, l’emergenza sociale (disoccupazione, licenziamenti e cassa integrazione), il processo Mills (nel quale Berlusconi figura come corruttore) e io aggiungerei la scuola, il ritorno del nucleare, la maniera in cui il governo ha “risolto” l’emergenza rifiuti in Campania e sta affrontando la ricostruzione dell’Abruzzo, per concludere magari con la base di Vicenza, il Muos e l’irragionevole acquisto di 131 caccia bombardieri F-35 al modico prezzo di 14 miliardi di euro. Circa la questione Noemi, Agnoletto trova politicamente rilevanti soltanto due aspetti: le bugie raccontate ai media dal capo del governo e «gli eventuali comportamenti sanzionati dalla legge». Eppure, questa vicenda – più di altre – ci mostra cos’è divenuto questo Paese, col vecchio maragià tutto intento ad allestire il proprio harem, incurante della gelosia della «prima moglie» (nel caso specifico la seconda), convinto che tutto gli sia consentito («mi consenta», per l’appunto, dixit: era una dichiarazione d’intenti), anche scontentare gli altri ed esserne ricambiato con affetto. Nella sua risposta proprio a una lettera di Agnoletto pubblicata sul manifesto del 30 maggio, Norma Rangeri afferma (ma i grassetti sono miei) che «la debolezza dimostrata dalla sinistra sul caso-Noemi, che poi sarebbe più giusto chiamare il caso-Veronica» è nel «derubricare il rapporto tra i sessi, che la vicenda sbatte in faccia a tutti gli italiani, a gossip, o a questione di “verità” e di trasparenza dei politici. Ma nel paese della doppia morale, dove alle affermazioni pubbliche (famiglia, figli, procreazione) non corrispondono comportamenti privati, nel paese dove la sotto-rappresentanza di genere nelle istituzioni è direttamente proporzionale alla sua iper-rappresentazione mediatica, dove le donne sono in perenne conflitto con i tempi di vita e di lavoro, private dei servizi, umiliate da una cultura misogina che reagisce alle conquiste di libertà, la sinistra appare debole e disinteressata». Questa, secondo Rangeri, la «partita» giocata «sul corpo di Noemi, di Veronica, di tutte». Questa, forse, la rappresentazione figurativa di un’Italia allo sbando, che non riesce a uscire da una crisi solo superficialmente economica, ma intimamente civile e sociale, vittima di almeno 15 anni di liberismi senza opposizione e dell’ideologia consumista dell’uomo che ha il potere politico e i mezzi di persuasione di massa.


 Silvio Berlusconi senza lifting - Il re è nudo
 PS: Siccome si è parlato di rapporti tra una diciassettenne e un ultrasettantenne, potrà risultare simpatica la riproposizione della foto qui sopra, tratta dal blog Italiani Imbecilli. Rappresenta una plausibile ricostruzione di come apparirebbe oggi Berlusconi senza lifting, trapianti di capelli e loro colorazione. Potrà sembrare poco carino, ma nei confronti di chi, attraverso l’immagine, tiene in pugno un Paese è quasi un atto dovuto.

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