Governo a punti

 
 Passeggiavo trullo trullo per la strada, quando sono rimasto folgorato da un’idea geniale: il governo a punti. Diamo 10 crediti
al Consiglio dei Ministri, stabiliamo alcune regole e togliamo un punto
ogni volta che l’esecutivo "sgarra". Hai proposto una misura
incostituzionale, dandole valore di legge con un decreto ad hoc?
Via un punto! Hai tagliato i fondi ai servizi basilari, aumentando
magari le spese militari? Via un altro punto! Il sistema è semplice e
credo che sarebbe molto efficace per limitare certi deliri
d’onnipotenza. Quando poi il governante dovesse esaurire i propri crediti, scatterebbe l’espulsione
da Palazzo Chigi (per sempre, però, mica per il resto della
legislatura) e il Capo dello Stato sarebbe chiamato a decidere se
assegnare a qualcun altro l’incarico di formare un nuovo governo o se,
viceversa, sciogliere le Camere e indire nuove elezioni.
 
 Se qualcuno trovasse il sistema troppo macchinoso, si consoli pensando che il meccanismo è stato proposto realmente, dalla Lega, come deterrente per gli stranieri regolarmente in possesso del permesso di soggiorno.
Partendo dall’aureo principio che lo straniero, anche quello regolare,
ha una propensione innata per la delinquenza, e dal momento che la
legge italiana
già
prevede l’espulsione degli stranieri che abbiano commesso un reato
punibile con condanna superiore ai 2 anni, le grandi menti del Carroccio si
sono chieste che cosa fare degli altri, gli stranieri che si
specializzano nei reati "minori". La soluzione al "problema" è
semplicissima: insieme al permesso di soggiorno, l’immigrato regolare
riceverà 10 crediti, destinati a diminuire in caso di comportamenti
illegali. Al Viminale andrà il compito di definire le categorie di
reato e i rispettivi punteggi.
 
 La proposta, stranamente, non ha ricevuto i prevedibili consensi: duro il PD, che accusa la Lega di «giocare
con il fuoco». «A loro non interessa governare l’immigrazione», ha
detto Livia Turco, «ma solo alimentare la paura». Anche al PDL, in ogni caso, la proposta non piace. «La Lega propone problemi veri [sic, ndr] ma soluzioni che non so se sono praticabili», ha commentato Filippo Berselli,
senatore di AN, presidente della Commissione Giustizia di Palazzo
Madama, secondo il quale «quello dei punti sembra un principio troppo
macchinoso». Ma se le remore della maggioranza riguardano soltanto l’aspetto tecnico, la macchinosità del sistema, c’è da temere che gli altri emendamenti della Lega abbiano vita più facile.
 
 Come adesempio l’obbligo del permesso di soggiorno per chi vuole sposarsi, al fine di contrastare i matrimoni di comodo. In altre parole, un limite ai matrimoni misti
(spira brezza di 1938, l’anno delle leggi razziali), la cui
costituzionalità sarà difficile da dimostrare. Oppure la proposta di
ricorrere al referendum popolare per decidere la costruzione di luoghi di culto (varrebbe anche per le chiese cattoliche o solo per le moschee?) e l’insediamento di nuovi campi rom,
in barba ai principi più basilari della democrazia. In Valle d’Aosta,
un anno fa, il partito di maggioranza ha invitato la cittadinanza a boicottare il primo referendum propositivo della storia d’Italia ed è riuscito a impedire il raggiungimento del quorum. Pochi giorni or sono, invece, il Consiglio di Stato ha cancellato la consultazione vicentina
sulla base militare Usa al Dal Molin (e la città ha supplito con una
consultazione autogestita, dicendo no alla prospettiva di un’altra
struttura militare). Ma se si tratta di preservare le radici cristiane dell’Europa, o di cacciare i rom, com’è successo a Napoli, allora il voto dei cittadini torna improvvisamente a essere il sale della democrazia.
 
 Dulcis in fundo, l’emendamento prevederebbe una limitazione dell’accesso ai servizi sociali per i clandestini: potrebbero curarsi all’ospedale, ma il medico avrebbe l’obbligo di controllare il permesso di soggiorno dopo aver effettuato la prestazione; non potrebbero iscrivere i figli a scuola; non potrebbero richiedere le pubblicazioni matrimoniali. In compenso verrebbe istituito un Fondo per promuovere iniziative di sviluppo nei Paesi di origine degli immigrati. Un Fondo che verrebbe finanziato attraverso l’aumento del costo del permesso di soggiorno, dagli attuali 70 fino a 200 euro.

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2 risposte a Governo a punti

  1. Barbara e Francesco (biblio) scrive:

    Vai sul sito http://www.quirinale.it, clicca su posta e manda una mail a Napolitano per chiedergli di non firmare il decreto GELMINI. Se arrivano almeno 20.000 mail si può bloccare tutto. Io l’ho già fatto. Spargi la voce, in modo che tutti ne vengano a conoscenza.

  2. Mario scrive:

    Fatto. Ho scritto: «Signor Presidente,
    come cittadino italiano e come insegnante di scuola media, Le chiedo di non firmare il decreto Gelmini sull’istruzione, che contribuirebbe alla destabilizzazione della scuola pubblica italiana, nell’ottica di favorire la divisione sociale e quella scuola privata che la Costituzione, come lei sa, ammette purché non costituisca onere per lo Stato. Tagliare i fondi a una realtà imprescindibile per la formazione dei cittadini di domani è assurdo e porterà più svantaggi che vantaggi anche dal punto di vista economico. Esistono voci di spesa che uno Stato democratico non può vincolare a semplici esigenze di bilancio. Eliminare i precari anziché il precariato non mi sembra costituzionale. Il maestro unico era possibile in società meno complesse di quella attuale. Oggi le competenze specifiche necessarie per l’insegnamento dei vari saperi sono molto più specializzate.
    La ringrazio per l’attenzione,
    Mario Badino».
    Invito tutt* a fare altrettanto!

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