1) Antefatto: la «città fantasma»
Domenica pomeriggio, Mesagne, Puglia. Giornata di sole, fa caldo. Esco lo stesso (lo so, sono un po’ scemo) a fare due passi verso le quattro del pomeriggio. Percorro la via di San Vito lungo un marciapiede infuocato, raggiungo il passaggio a livello e proseguo per la stazione lungo i binari. Dalla piazza della stazione (meno animata da quando non c’è più la biglietteria) seguo la via che porta alla Villa, il parco comunale. Tra la temperatura e il fatto che è domenica, in questo dopopranzo Mesagne è una città fantasma. Il silenzio è totale: restano in silenzio anche gli uccelli sugli alberi. Non mi perdo d’animo e continuo, passo dopo passo. Le uniche persone che incontro sono sedute davanti alle case, a piccoli gruppi, laddove il marciapiede è in ombra. Il resto della cittadinanza dev’essere al mare. O in campagna.
2) Cambiare l’Italia
Domenica sera. Con un certo ritardo (quello di chi rifiuta di farsi indottrinare dal telegiornale) apprendo dell’esistenza di un emendamento alla manovra finanziaria che apre la porta alla precarietà a vita. In Italia lo statuto dei lavoratori permette la stipula di contratti a tempo determinato soltanto ove esistano ragioni organizzative e produttive che rendono necessario un limite temporale. In caso contrario, ogni assunzione dev’essere a tempo indeterminato. Questo perché la Repubblica italiana è «fondata sul lavoro» (art. 1 Cost. it.), «riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto» (art. 4 Cost. it.). Come si sa, tuttavia, realtà e teoria non sempre coincidono e oggi, in molti casi, il ricorso a formule contrattuali «atipiche» non è limitato a quelle mansioni che rivestano carattere di «straordinarietà» o «temporalità», ma è determinato dalla convenienza del datore di lavoro. Fino a oggi, tuttavia, se un lavoratore a termine riusciva a dimostrare la mancata necessità del limite temporale, poteva ottenere da un giudice la trasformazione del proprio contratto a tempo determinato in un contratto a tempo indeterminato. L’emendamento presentato dal governo preclude ai lavoratori precari la possibilità di ottenere dal magistrato la stabilizzazione del rapporto di lavoro in caso di contratti «irregolari», introducendo un semplice indennizzo al posto del reintegro (da 2,5 a 6 mensilità). È un pezzo di mondo che cambia, un altro passo compiuto nella direzione della deregolamentazione e precarizzazione del lavoro, a maggior vantaggio delle aziende e della realizzazione degli utili sulla pelle dei lavoratori. È l’ennesimo «superamento» delle garanzie ottenute dalla forza lavoro attraverso decenni di lotta. Un segno del «cambiamento» nell’Italia di Silvio Berlusconi. Ora, sarà un caso, ma questa novità (come già il lodo Alfano e lo stato d’emergenza) colpisce il Paese a fine luglio, peraltro a ridosso di un week end, quando la maggior parte della popolazione pensa alla spiaggia, ai monti, al condizionatore guasto e ha minor facilità di informarsi, consultarsi, reagire. Nel periodo in cui è più difficile il fantomatico «sciopero generale» evocato da Bertinotti al congresso di Rifondazione e probabilmente lontanissimo dalla mente dei sindacati. Il che equivale a dire che, nonostante la maggioranza blindata di cui dispone e la sostanziale non belligeranza dell’opposizione, il governo non ha neppure il coraggio delle sue azioni. Cerca di attuare le riforme in sordina.
3) Il centro commerciale
Le uniche persone che incontro sono sedute davanti alle case, a piccoli gruppi, laddove il marciapiede è in ombra. Il resto della cittadinanza dev’essere al mare, dicevo prima. O in campagna. Ma sbagliavo: molti erano al centro commerciale. Alle otto di sera, nei lunghi corridoi contornati di negozi c’era la folla: gente a passeggio, altra carica di pacchi, gente seduta nei bar o intenta a esaminare vetrine, provare vestiti. Il trionfo del consumismo, dello spirito globalizzatore, del cibo spazzatura prelevato da mani ansiose e triturato da mandibole assuefatte. Non nego di aver trovato un buon costume da bagno a metà prezzo. Eppure, la massa di persone in movimento mi ha scioccato, contrapposta al deserto cittadino. Uomini e donne che entrano ed escono dalle porte scorrevoli, percorrono chilometri in poche centinaia di metri quadrati, s’incontrano e si frequentano tra gli scaffali strapieni. Un’istantanea dell’Italia che cambia? In ogni caso è stato quasi epico (forse l’aggettivo giusto è dantesco) assistere alle 21.25 alla chiusura contemporanea di tutti gli esercizi e dell’ipermercato. Le saracinesche venivano giù dappertutto. Come l’acqua in montagna, al disgelo.
potenza dell’aria condizionata!!
Sì, e poi viene il torcicollo!