Le facce e i commenti dei presenti all’incontro di domenica all’espace esprimono apprensione e sconforto all’idea di tornare a votare per i partiti che hanno dato vita a questa legislatura, per di più con la stessa legge elettorale che li ha insediati. Assieme a Sandro Ruotolo doveva essere presente il magistrato Luigi De Magistris, ma è stato trattenuto a Roma da un impegno. Così a parlare è solo il giornalista di Anno Zero, che traccia un quadro decisamente sconfortante della situazione, salvo poi invitare a non abbandonarsi al pessimismo. E ce la mette tutta per trovare qualche elemento di speranza, indicando come positivo almeno il tentativo messo in atto da Veltroni e Berlusconi di semplificare il quadro politico (che, sia detto tra parentesi, a me lascia piuttosto indifferente, anzi, mi dà fastidio, perché prospetta una poco appetibile alternanza tra due partiti uguali). I temi trattati, però, sono molto interessanti, in particolare quando Ruotolo racconta la sua esperienza degli ultimi mesi in Campania, per seguire l’emergenza rifiuti.
Ma la serata – come ti sbagli – prende le mosse da Ceppaloni, dall’affaire Lonardo-Mastella, dall’evoluzione del concetto di tangente dalla prima alla seconda Repubblica. Fino agli anni ’90, spiega il giornalista, regnava sovrana la mazzetta. Oggi la politica tende piuttosto a piazzare i suoi uomini nei vari ambiti della pubblica amministrazione, in particolare nella sanità. Il meccanismo non è quello della bustarella, ma piuttosto il ricatto di far cadere giunte (o governi, nota mia), in modo di ottenere l’assunzione dei propri candidati. Non trattandosi di corruzione tramite denaro, in questo caso il solo elemento probatorio a disposizione dei magistrati inquirenti sono le intercettazioni ambientali e telefoniche. Il che spiega per quale motivo il Cavaliere abbia fatto della questione della privacy il primo punto del suo nuovo programma elettorale. Si veda, in proposito, la famosa telefonata tra Berlusconi e Saccà, nella quale la compravendita di parlamentari è facilitata dalla collocazione delle soubrette in Rai.
«È questo», dice Ruotolo, «che sta diventando il nostro Paese». Di qui la cosiddetta antipolitica. Dove tutto è deciso a priori, e tutti sono in quota a qualche partito, il diritto è scomparso. Da Ceppaloni si passa alla Sicilia del Presidente Cuffaro, condannato a cinque anni per aver favorito alcuni mafiosi, quindi si torna in Campania con Impregilo e i politici dei rifiuti, infine ci si sposta nella Calabria di Loiero. E nuove inchieste giudiziarie, dichiara il giornalista, sono sulla linea di partenza.
«Il problema è che sta sparendo il diritto: la legalità dovrebbe essere una questione prepolitica che riguarda tutti, ma è proprio questo che sta scomparendo. Berlusconi fa le leggi ad personam, l’opposizione vince le elezioni e le leggi vergogna restano lì. Nessuno si riconosce in leggi generali che dovrebbero valere per tutti». Ma quando le norme non sono intese come comuni, l’illegalità si fa sistema. Ogni giorno, ad esempio, si celebrano due o tre morti sul lavoro. «Ne sono morti due anche oggi», dice Ruotolo, «e oggi è domenica». Quindi conclude: «Siamo un Paese senza diritto». Il brutto, poi, è che non ci si può fidare neppure delle autorità di garanzia, le authorities, quelle che dovrebbero tutelare la Repubblica dallo strapotere della politica, perché «è tutta gente che esce dalla politica e che intende tornarvi. Il Csm non può avere componenti scelti dai partiti». In questo panorama, la lotta per la legalità sta diventando un fatto eversivo e la gente si riconosce in questa società dall’illegalità diffusa. Non esiste più fiducia nelle istituzioni, insomma, ma si può ancora sperare: «è straordinario vedere 10 mila campani manifestare per la raccolta differenziata», dice Ruotolo, «anche perché quello dei rifiuti è un tema di civiltà, che riguarda i consumi, il recupero della materia…». Dopo 14 anni di emergenza e una spesa a vuoto di 2 miliardi di euro, la gente ha iniziato a intervenire in prima persona. È proprio la critica dell’attuale politica (espressione delle lobbies) che ci permette di non essere pessimisti.
Napoli, comunque, produce 7.500 tonnellate di rifiuti al giorno. Il compito del Commissario De Gennaro è quello di aprire le discariche e togliere i rifiuti dalle strade. Questo non risolverà il problema. L’errore, nell’esaminare il ciclo dei rifiuti, è stato partire dalla coda e non dalla testa. Invece di costruire un inceneritore sono stati fatti 7 impianti per assemblare le famose “ecoballe” (in realtà rifiuti triturati) che dovranno essere bruciate in strutture oggi ancora inesistenti. Così per adesso la spazzatura finisce nei luoghi più disparati, anche con la complicità della camorra. Ma quello dei rifiuti seppelliti chissà dove non è un problema solo campano, o solo meridionale. Ruotolo, ad esempio, racconta come i fanghi di Marghera siano stati sotterrati sotto la massicciata dell’altà velocità nella tratta Mestre-Padova. Dopo anni e anni di rifiuti tossici il territorio ovviamente non è sano. Una volta, per scaramanzia, non si pronunciava la parola «tumore». Ruotolo si dice colpito dal fatto che invece oggi a Napoli vi siano comitati di cittadini che espongono la loro malattia, la loro sofferenza.
Il giornalista entra poi nel merito delle soluzioni possibili per la questione rifiuti, dicendo che i termovalorizzatori non sono positivi, perché producono nanoparticelle cancerogene. Il piano De Gennaro prevede tre inceneritori, ma il 35% di raccolta differenziata sarebbe sufficiente per limitarli a uno. Servono al più presto impianti di compostaggio. A Treviso non c’è bisogno dell’inceneritore, in virtù di un riciclaggio che recupera il 99% dei rifiuti. A Napoli la percentuale è dell’8%, contro una media nazionale del 35%. In Germania, nonostante la presenza di termovalorizzatori, il riciclaggio raggiunge quota 40% e una città come Friburgo, che conta 300 mila abitanti, fa la raccolta differenziata porta a porta.
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