La Biblioteca di Babele (Presentazione)

  Guidubaldo Bonarelli, Filli di Sciro

 L’universo (che altri chiama la Biblioteca) si compone d’un numero indefinito, e forse infinito, di gallerie esagonali, con vasti pozzi di ventilazione nel mezzo, orlati di basse ringhiere. Da qualsiasi esagono si vedono i piani superiori e inferiori, interminabilmente. La distribuzione degli oggetti nelle gallerie è invariabile. Venticinque vasti scaffali, in ragione di cinque per lato, coprono tutti i lati meno uno; la loro altezza, che è quella stessa di ciascun piano, non supera di molto quella d’una biblioteca normale. Il lato libero dà su un angusto corridoio che porta a un’altra galleria, identica alla prima e a tutte. A destra e a sinistra del corridoio vi sono due gabinetti minuscoli. Uno permette di dormire in piedi; l’altro di soddisfare le necessità fecali. Di qui passa la scala spirale, che s’inabissa e s’innalza nel remoto. Nel corridoio è uno specchio, che fedelmente duplica le apparenze. Gli uomini sogliono inferire da questo specchio che la Biblioteca non è infinita (se realmente fosse tale, perché questa duplicazione illusoria?); io preferisco sognare che queste superfici argentate figurino e promettano l’infinito… La luce procede da frutti sferici che hanno il nome di lampade. Ve ne sono due per esagono, su una traversa. La luce che emettono è insufficiente, incessante.

 (da Jorge Luís Borges, La Biblioteca di Babele)

 
 Questa sezione del blog prende le mosse da una citazione di Jorge Luís Borges e della sterminata Biblioteca di Babele, nata dalla mente dello scrittore argentino. Come in una biblioteca, il visitatore incontrerà scaffali, che conto mano a mano di riempire di testi: poesie, racconti, veri e propri libri troveranno la loro collocazione sui ripiani della Biblioteca. È tutto materiale originale. Quando non specifico nulla significa che l’ho scritto io, altrimenti lo dico.
 
 
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 La foto di questo articolo raffigura un particolare di un’edizione secentesca della Filli di Sciro, dramma pastorale di Guidubaldo Bonarelli, conte della Rovere. Si tratta di un’opera oggi praticamente sconosciuta, anche se ha goduto a lungo di grande fama in Italia e all’estero.
 Ci sono affezionato perché è stata l’argomento della mia tesi di laurea.

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