Mentre scrivo non so ancora se il governo riuscirà a spuntarla sul rifinanziamento della missione afghana, o se invece vedremo aprirsi una nuova crisi, con relativo pericolo di caduta dell'esecutivo di centro(sinistra?). Tutto sembra indicare, in realtà, che il governo ce la farà: l'Afghanistan è troppo importante per la politica estera (americana) per pensare di far cadere Prodi, a quello forse penseranno i Dico e forse no, perché tanto ormai la sinistra radicale è stata anestetizzata e non c'è fretta di cambiare. Vorrei puntualizzare alcune cose.
1) Daniele Mastrogiacomo, inviato di Repubblica, è stato sequestrato. A lui la mia solidarietà e l'augurio di una prossima liberazione. Quel che non capisco è perché, curiosando sul sito di Repubblica, mi devo proprio oggi imbattere in titoloni che spiegano che il 70% degli italiani vuole restare in Afghanistan. Lo dice un sondaggio, naturalmente. Che senso ha? Se si vuole influenzare il voto in Parlamento, dobbiamo interpretare in questo senso anche le parole del direttore, Ezio Mauro, che nell'articolo di fondo invita a non strumentalizzare la vicenda per chiedere il ritiro delle truppe? Resto perplesso, pure un po' schifato…
2) Massimo D'Alema ha risposto "piccato" (cito dal manifesto di oggi) a quei senatori che hanno interpretato il rapimento del giornalista come un segnale per il ritiro dei nostri soldati. "Per l'Italia", ha detto, "rimangono intatte tutte le ragioni che ci dicono che bisogna continuare ad aiutare quel Paese a trovare la stabilità e la pace". E per una volta sono d'accordo con lui (come pure , in questo senso, con Ezio Mauro). La nostra presenza in Afghanistan non può essere condizionata dal rapimento di un giornalista, come non potrà essere condizionata dal fatto che presto o tardi i nostri uomini cominceranno a morire in attentati o in combattimento. L'opinione pubblica (che non è a favore della nostra permanenza, checché ne dicano i sondaggi) si arrabbierà di più, certo, ma, qualora davvero credessimo nelle ragioni per cui ci troviamo laggiù, dovremmo rimanerci anche sotto i bombardamenti.
3) Quali sono, però, queste ragioni? Riprendo le parole di D'Alema: "aiutare [l'Afghanistan] a ritrovare la stabilità e la pace". Lo stiamo facendo? Ieri mattina è cominciata l'Operazione Achille, finalizzata a cacciare i talebani dal sud del Paese. 4.500 soldati alleati sono impegnati nella missione. La strategia americana, sin qui fallimentare, non è cambiata. Le operazioni militari alleate, a fronte della guerriglia afghana, colpiscono soprattutto i civili e stanno provocando una reazione popolare in tutto il sud dell'Afghanistan. Le recenti stragi dimostrano che la guerra americana al terrorismo non si preoccupa di sacrificare la vita dei civili. Se noi siamo in Afghanistan per garantire la sicurezza dei civili, contro chi la garantiremo? Contro gli americani?
4) L'Italia ripudia la guerra. Quella afghana è diventata una guerra. La copertura Onu non ci sottrae alla catena di comando americana. Gli italiani meritano di sapere i nomi e i cognomi di tutti i loro rappresentanti che avranno votato sì al rifinanziamento della missione italiana in Afghanistan. Svecchiamo il Parlamento, alle prossime elezioni evitiamo di votare per chi avrà detto sì alla guerra. Sempre che la riforma elettorale ci restituisca la possibilità di scegliere un nome, oltreché un simbolo.