Ricevo e volentieri pubblico un testo di Gianluca Daluiso, 18 anni, di Riccione. Gianluca descrive impietosamente, eppure con affetto, il Paese che ha davanti a sé, lo stesso che circonda tutti noi: quell’Italia «anormale» che vorremmo cambiare, o magari abbandonare, sfiduciati, a se stessa.
«La mafia è una montagna di merda», scriveva Peppino Impastato.
A 32 anni dalla sua morte, la «montagna» è ancora lì, sempre più alta, e decapitarne i vertici significa oggi seguire sentieri impervi, che portano, fra l’altro, tra i banchi del Parlamento. Ma lo scritto di Gianluca è capace di infondere speranza, perché ci invita a recuperare ciò che davvero è necessario: la capacità di «indignarci», la volontà di fare il nostro «dovere», al semplice fine di vincere la battaglia più importante: «quella che si ingaggia ogni mattina davanti allo specchio».
La mafia è una montagna di merda. Pensieri di un diciottenne
di Gianluca Daluiso
«Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda! Noi ci dobbiamo ribellare. Prima che sia troppo tardi! Prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente! ».
A pronunciare queste parole fu Peppino Impastato, politico, attivista, conduttore radiofonico italiano, famoso per le denunce delle attività della mafia in Sicilia, che gli costarono la vita. Ormai sono passati più di 32 anni dalla morte di Impastato, un uomo che ebbe il coraggio, ma soprattutto la volontà, di denunciare quel sistema di mafie, di illegalità diffusa che soffocava una terra bellissima ma disgraziata come la Sicilia.
Nonostante sia passato cosi tanto tempo il problema della mafia è ancora di primissimo ordine. Da un po’ di tempo a questa parte sentiamo in televisione e leggiamo sui giornali la grande pubblicità che il governo Berlusconi sta facendo, dicendo che loro stanno avendo dei veri risultati contro la mafia, che la riusciranno a sconfiggere entro fine legislatura. Sì, è vero: ultimamente si sono avuti grandi risultati contro il «braccio armato» della mafia. Però, prima di tutto, io penso che il merito più che alla politica vada ai tanti magistrati, forze armate, poliziotti che combattono il crimine organizzato al rischio della propria vita ogni giorno, nonostante il governo gli tagli tantissime risorse.
Come dicevo, se contro il lato «armato» della mafia si stanno avendo ottimi risultati, dall’altro, nei confronti della cosiddetta mafia dai «colletti bianchi» c’è ancora molta pulizia da fare.
Vedete, io sono molto giovane, ho appena 18 anni. Sto veramente molto male a pensare che in Parlamento, a ricoprire ruoli prestigiosi all’interno delle nostre istituzioni ci siano persone colluse con la mafia. Marcello Dell’Utri (ideologo di Forza Italia), condannato in appello per concorso esterno in associazione mafiosa, è ancora lì, a ricoprire il ruolo di Senatore della Repubblica, e nessuno dice niente. Silvio Berlusconi è indagato insieme allo stesso Dell’Utri dalla procura di Firenze come mandante delle stragi del ’93, e anche qui tutti tacciono; d’altronde lui è soltanto il Presidente del Consiglio. La cosa, però, che mi dà ancora più fastidio non sono le persone come Dell’Utri, come Totò Cuffaro. Io non me la prendo con loro, quelli fanno il proprio lavoro: fanno i collusi con la mafia. A me fa rabbia la molta gente che non si indigna che rimane a testa bassa, indifferente. Martin Luther King diceva: «Non mi fanno paura le parole dei disonesti, ma il silenzio degli onesti». Non bisogna mai essere indifferenti, bisogna sempre avere la forza, ma soprattutto la volontà di reagire, come fece Peppino Impastato, come hanno fatto Paolo Borsellino, Giovanni Falcone e tutti gli altri martiri.
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