Sì, c’è da essere storditi – di Alessandro Robecchi

Pubblico, con l’autorizzazione dell’autore, l’articolo Sì, c’è da essere storditi di Alessandro Robecchi, apparso sul manifesto del 26 giugno 2011. A mo’ di commento, mi limito a chiosare con un semplice: «Parole sante!».

Voi siete qui – Sì, c’è da essere storditi

di Alessandro Robecchi

Giuliano Ferrara, uomo di potere fin dalla culla, si dichiara “stordito”. Stordito dal silenzio dei direttori dei grandi giornali sullo scandalo increscioso delle intercettazioni che loro stessi pubblicano. Segue il tradizionale pippone sulla privacy e sulle mascalzonate della magistratura, che spunta sempre quando la privacy violata è quella dei potenti, di cui Ferrara si sente, per vari motivi, storia, tradizione e complicità, parte integrante. In effetti sì, siamo indignati anche noi. È ora di dirlo chiaro e tondo, ci uniamo all’indignazione stordita di Ferrara. È uno scandalo, una cosa inaccettabile, che la signora Prestigiacomo diriga le politiche ambientali del paese. Una che pare (al telefono con Bisignani) più preoccupata della sua visibilità che del dissesto idrogeologico, più angosciata da “Mara”, altra ministra, poveretti noi, che dai problemi ambientali. È uno scandalo che il direttore generale della più grande azienda culturale del paese parli di Santoro con toni da raffinato hegeliano, dicendo cose come «Je stiamo a spacca’ er culo. So’ arrapato come ‘na bestia». Che l’amministratore delegato delle Ferrovie telefoni col cappello in mano, che la Santanché si faccia strada grazie alle spinte e alle conoscenze, che il nuovo che avanza, tipo Montezemolo, baci la pantofola per questa o quella fiction da sbloccare. La ministra Gelmini che definisce «un cretino» Cicchitto ci può anche stare, è il fatto che sia ministra che stordisce. La triste farsa del berlusconismo, la putrefazione della destra italiana, sono lì da leggere e da sfogliare. È comprensibile che Ferrara, che ne è stato cantore, teorico, portavoce e devoto seguace si secchi. Ma la vera questione è un’altra: è che gente come Prestigiacomo, Gelmini, Masi, Letta e su su fino al conducator latin lover che ci ritroviamo, e traffichini, furbetti, affaristi e Frattini vari governino il Paese. I risultati, del resto, si vedono. Dov’è lo scandalo: che si violi la privacy della classe dirigente o che la classe dirigente sia questa accozzaglia di gaglioffi? In effetti, sì, c’è da essere storditi.

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Vauro: Lettera aperta a un ammiraglio israeliano

http://youtu.be/iacNxlke3PA

Nel video Vauroche sarà a bordo della nave italiana «Stefano Chiarini» per tentare, insieme alle altre imbarcazioni della Freedom Flotilla 2 Stay Human, di rompere l’embargo illegale imposto da Israele e consegnare aiuti umanitari a Gaza – legge la sua lettera aperta all’ammiraglio israeliano che cercherà di bloccare i pacifisti in mare.

Una denuncia dell’ipocrisia di chi tratta come una minaccia la missione dei pacifisti internazionali (qualche barca disarmata contro uno degli eserciti più forti del mondo), ma anche un appello a non rifugiarsi nel consueto ritornello «Obbedivo agli ordini» e un invito, paradossale ma non per questo meno significativo, a entrare insieme nel porto di Gaza, a consegnare insieme gli aiuti alla popolazione sotto assedio.

Un monito a «restare umani», anche, nel ricordo di Vittorio Arrigoni, cui la Flotilla è dedicata, rivolto anche a Israele, che corre il rischio di pagare in prima persona, prima o poi, le conseguenze della propria politica antipalestinese.

Intanto, dalle due sponde dell’Atlantico, gli “amici” di Israele (ma i veri amici sono quelli che non hanno paura di criticare i propri amici) tentano di scoraggiare gli attivisti che salperanno con la Freedom Flotilla. Ci hanno provato sia il presidente Obama (già Nobel per la pace), che ha chiesto ai propri concittadini di non imbarcarsi perché Israele ha tutti i diritti di fermarli (si badi che le navi della Flotilla non entreranno mai nelle acque territoriali di Israele, perché passeranno da quelle internazionali a quelle di Gaza), sia il presidente Berlusconi (anche per lui un sito, purtroppo non satirico, aveva proposto il premio Nobel per la pace – ed è il caso di dire che, in fondo, se lo hanno dato a Obama…).

La Freedom Flotilla però non si ferma e invita a scrivere al presidente Napolitano, affinché l’Italia faccia «pressione politica su Israele per assicurare che i passeggeri a bordo della Freedom Flotilla per Gaza non siano attaccati violentemente dai militari Israeliani», come accadde invece alla nave turca Mavi Marmara.

Di seguito il testo della petizione, che è possibile firmare online.

28 maggio 2011

Egregio Presidente Giorgio Napolitano,

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La locandina della Marcia 2011!

Locandina VIII Marcia Granparadiso estate

Novità dal mondo della Marcia! (carino il tono propagandistico ma, rassicuratevi, non allude a nulla di commerciale – per sapere di che cosa sto parlando, rinvio QUI)

Abbiamo finalmente approntato (con più ritardo del consueto) la locandina dell’ottava edizione; nelle immagini che seguono è possibile osservarne, fase per fase, il processo di creazione, almeno limitatamente alla fotografia.

Nella parte estesa dell’articolo, il “dietro le quinte” della realizzazione della locandina 2011!

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Marcia Granparadiso estate 2011 – l’itinerario illustrato


Pubblico l’itinerario illustrato dell’ottava edizione della Marcia Granparadiso estate, che partirà da Cogne (Aosta), nei prati di Sant’Orso, la mattina di domenica 10 luglio 2011 alle ore 8.30.

L’itinerario, lo dico per chi già conosce la Marcia, è grosso modo lo stesso dell’anno scorso. Questo articolo serve a scoprirlo e a “studiarlo” prima della partenza.

Non occorre, in proposito, stampare il presente itinerario per portarlo con sé durante la Marcia. Una copia, infatti, sarà fornita allapartenza (senza le foto però).

Alcuni aggiornamenti sono possibili nei prossimi giorni.

Marcia Granparadiso estate: itinerario illustrato.

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Figli di puttana – ipse dixit

Secondo Mario Borghezio, europarlamentare della Lega Nord famoso per aver provocatoriamente disinfettato, ormai nella notte dei tempi, i sedili su cui sedevano le prostitute di colore sul treno, per aver tenuto lezioni ai neofascisti francesi su come nascondere la propria identità dietro la foglia di fico del localismo, per aver espresso solidarietà al carnefice esecutore della cosiddetta pulizia etnica in Bosnia, Radko Mladic, da lui ritenuto un «patriota», secondo Borghezio, dicevo, i leghisti devono tornare a essere, come alle origini, «figli di puttana».

«La gente che andrà a Pontida lancerà un messaggio di questo genere», ha dichiarato Borghezio al sito Affaritaliani.it: «Toglietevi di dosso quell’aplomb ministeriale che ci fa cagare e tornate quei ribelli, intrattabili, figli di puttana quel tanto che basta e necessita per combattere il burocratismo statalista di Roma ladrona!».

Un invito a essere cattiviespresso tra l’altro nel tipico linguaggio sessista che quando c’è da parlar male di qualcosa tira sempre in ballo la donna, il più delle volte liquidandola come «puttana» – che l’ineffabile decide di lanciare in coincidenza con il decreto approvato dal consiglio dei ministri del 16 giugno, per colpa del quale i migranti irregolari che arrivano sul territorio italiano e sono in attesa di espulsione potranno essere trattenuti nei Cie fino a 18 mesi.

E allora, caro Borghezio e caro consiglio dei ministri, c’è solo una cosa da dire: forse non c’è bisogno di tornare a essere «figli di puttana» (ipse dixit), perché, forse, aplomb o non aplomb, non avete mai smesso.

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Referendum e beni comuni

Beni comuni, come l’acqua, la salute, l’ambiente. Come la giustizia. Che cosa cambia, dopo la vittoria dei “Sì” al referendum? Ho detto QUI che cosa penso del PD, che cerca di scippare la vittoria ai Comitati e a tutti i cittadini che si sono impegnati in prima persona, firmando, promuovendo e votando i referendum. In tutto questo processo il Partito democratico dov’era? Era impegnato, tra le altre cose, a fare comitati a favore della gestione privata dell’acqua, a cautelarsi contro la volontà degli italiani, qualora mai si fosse discostata dal Verbo liberista… Privatizzare pallido e assorto: lo hanno fatto per primi i governi di centro-sinistra; prenderà ora atto il PD della volontà degli italiani?

Mi hanno consigliatoe consiglioquesto articolo di Tommaso Fattori sulla «rapina legalizzata» della privatizzazione del sistema idrico britannico.

Di seguito, invece, il comunicato della newsletter del Comitato Nazionale Vota Sì per fermare il nucleare.

Comitato Nazionale Vota Sì per fermare il nuclearenewsletter.

Da ieri, in Italia, niente più nucleare. Una svolta che riguarda il futuro di tutti, delle famiglie, dei giovani, ma anche quello dell’economia e di ciò che viene chiamato ‘sistema-paese’. Un cambio di rotta importantissimo, che potremmo brutalizzare così: dal vecchio al nuovo, dal rischio alla sicurezza.

Tutto questo non è certo dovuto a chi guida il paese, ma agli italiani. A tutti gli italiani, dunque, il nostro grazie. Grazie a chi prima di andare al mare ha allungato passando al seggio, anche se negli ultimi 30 giorni gli è toccato farlo già tre volte. Grazie ai nipoti che hanno accompagnato le nonne ai seggi, e grazie alle nonne che hanno ricordato ai nipoti di andare a votare. Grazie a chi non ha abboccato alle sirene dell’astensionismo e del voto inutile, e a chi ha esaurito il credito del telefonino per mandare messaggi a tutta la rubrica. Grazie a chi ha usato la propria fantasia per superare il muro di gomma di una informazione reticente e imbarazzante. Grazie ai tantissimi volontari, che hanno fatto superare le perplessità e l’indecisione di tanti. Grazie a tutti: oggi l’Italia è un paese migliore.

>>> Nell’immagine, i risultati definitivi del referendum, pubblicati sul sito del Viminale (clicca sopra l’immagine per ingrandirla).

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Ora del referendum prenda atto il Pd!

Per me l’attuale governo rappresenta il punto più basso raggiunto dall’Italia repubblicana. Il referendum che si è appena concluso mi lascia sperare che, toccato il fondo, il Paese abbia trovato la forza e la dignità di darsi una spinta per riportarsi a galla.

Certo, il conseguimento del quorum e la vittoria dei “Sì” non fanno bene alla salute del peggior governo degli ultimi 150 anni, del che – profondamente – mi rallegro. Non faccio parte tuttavia del novero di quelli che hanno puntato sul referendum come espediente per far cadere Berlusconi. Questa volta i temi affrontati erano così importanti (natura pubblica dei beni comuni, no al nucleare, giustizia uguale per tutti) che non andavano in alcun modo trasformati nell’ennesimo quesito pro o contro il presidente del consiglio.

La fallimentare manifestazione di piazza del Popolo per la chiusura della campagna referendaria, dove il «popolo» mancava, ma c’erano i segretari di partito, lo ha confermato.

Non appartengo neppure al club di quelli che non possono soffrire la parola «partito», quelli che guai se un partito si fa vedere a una manifestazione. Ma i referendum non erano stati proposti dalla politica parlamentare (con la parziale eccezione dell’Italia dei Valori), bensì dai Comitati, che avevano raccolto le firme necessarie per farli partire e poi si sono spesi fino in fondo, nelle strade e nelle piazze, per sopperire, con il proprio attivismo, alla mancanza d’informazione decretata dal governo per boicottare la consultazione popolare.

Naturalmente anche i partiti si sono uniti, alcuni con entusiasmo, a questa campagna. Penso a Rifondazione/Federazione della Sinistra; penso ai Verdi, che ancora ieri erano in spiaggia con i cartelli per invitare la gente al voto. E penso alla base del Partito democratico, intellettualmente molto più onesta dei propri leader, capace di riconoscere sin dall’inizio la necessità di battersi per l’acqua come bene comune, mentre parte della nomenklatura piddina costituiva comitati a favore della gestione privata dell’acqua.

Ora, a giochi fatti, Berlusconi fa finta d’inchinarsi al popolo sovrano e promette d’investire nelle energie rinnovabili, dal momento che è chiaro che l’Italia non vuole il nucleare. E Bersani che fa? Perché se il segretario del piddì sembra pronto a prendersi il merito della vittoria referendaria (che legge peraltro in chiave squisitamente politica, col rischio di sorvolare sui contenuti dei quesiti), non sembra altrettanto pronto a considerare le implicazioni del voto del 12 e 13 giugno.

Una parte rilevante del Paese (e qui posso fare il bastian contrario e non gioire all’idea che solo poco più della metà degli aventi diritto ha effettivamente scelto di partecipare?) ha chiesto di potersi esprimere su (e contro) quelle scelte che normalmente altre persone decidono sulla sua testa (perché mi vengono in mente il PD e la Val di Susa?). Ha chiesto che i servizi e i beni comuni non siano per forza privati. Ha detto di voler dire la sua sulla politica energetica del Paese. Ha dimostrato di essere stufa di un mondo politico intento a difendere i propri rappresentanti e le proprie prerogative come in una casta.

Il PD lo ha capito? Perché di quella “casta” il primo partito di (sedicente) opposizione fa parte a pieno titolo e, se non mi appassiona la lettura “politica” di questo referendum, è, in parte, anche perché un eventuale governo Bersani in sostituzione dell’attuale esecutivo sarebbe, sì, un miglioramento (ci vuol poco) ma, nel contempo, costituirebbe una prosecuzione della politica neoliberista che fa da cornice a entrambi gli schieramenti, quella che vede nei beni e nei servizi altrettante merci e occasioni di profitto.

Basti vedere le circonlocuzioni (o arrampicate sugli specchi) con cui il PD invitava a votare quattro “Sì” in un volantino firmato da Pier Luigi Bersani. No al legittimo impedimento perché «legge ad personam», e fin qui va bene. No al «piano nucleare del governo», in favore di «una politica energetica nuova, efficienza energetica, rinnovabili, risparmio energetico» (qualche ripetizione, ma va bene).

È a questo punto che Bersani s’inguaia, perché deve invitare a dire no alla privatizzazione dell’acqua, che è invece idealmente affine alla visione economica del suo partito: «Il Partito democratico vota sì e invita a votare sì contro la legge sulla privatizzazione forzata dell’acqua», esordisce; e si noti l’aggettivo «forzata» (corsivo mio). Dal momento che l’acqua «è una risorsa pubblica», essa «va governata con una programmazione pubblica, con regole di controllo pubblico, con sistemi di tariffe che aiutino le fasce sociali più deboli e che evitino lo spreco dell’acqua». Tutte cose giustissime, per carità, che però non significano, automaticamente, la fine della gestione mista pubblico/privato degli acquedotti, né precludono gli spazi a nuove leggi di privatizzazione del bene comune: a patto che la «programmazione» e il «controllo» siano pubblici, insomma, si potrebbe anche trovare un po’ di spazio per le aziende, sembra suggerire il segretario piddì.

Chissà però che il pronunciamento del «popolo italiano» non faccia ragionare anche Bersani.

Qui sopra I risultati definitivi del referendum, pubblicati sul sito del Viminale (clicca sopra l’immagine per ingrandirla).

>>> Nella foto, un po’ di quel bene comune che alcuni avrebbero voluto mettere nelle mani di pochi. Il torrente si trova a monte di Lillaz (Aosta).

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