Non c’è bisogno di un Gianluca Casseri che impugni senza alcun motivo un’arma contro altri esseri umani per capire che l’egoismo e il razzismo sono diventati una componente significativa nell’Italia di oggi. Vent’anni di sparate della Lega Nord, rimaste tutte impunite ed etichettate dai media come simpatico folklore, la rivoluzione possibile di Mani Pulite affogata in quindici anni di berlusconismo – ancora l’impunità, eletta questa volta a sistema – e il peggioramento delle condizioni economiche della popolazione (soprattutto, il crollo delle certezze, dei diritti acquisiti – come cittadini e come lavoratori – attraverso decenni di lotte, dallo Stato sociale alla sicurezza del posto di lavoro), tutti questi elementi hanno lavorato con forza per plasmare un Paese nuovo, in accordo con le trasformazioni avvenute negli altri Stati d’Europa e del mondo (sì, la tanto citata globalizzazione, anche; e poi altre cosucce, come il tracollo del blocco comunista, che ha lasciato agli Usa, in politica estera, la tentazione dell’arbitrio assoluto).
Naturalmente, sono stati anche anni di migrazioni e l’Italia è diventata Paese di arrivo (senza peraltro aver smesso di essere Paese di partenza) dei flussi migratori, con tutte le conseguenze sociali del caso, amplificate dalla mancanza di una politica nazionale di accoglienza e integrazione degna di questo nome e da una legge pessima, la Bossi-Fini, che di fatto impedisce a chi giunge di nascosto, o scivola nella cosiddetta «clandestinità», di regolarizzare la propria posizione, per diventare, a tutti gli effetti, un cittadino. In Italia si preferisce impedire ogni possibilità di partecipazione alla vita politica negando il diritto di voto e lasciare al medico la possibilità di denunciare chi, fra i suoi pazienti, non ha i documenti in regola; si rinchiudono migliaia di esseri umani nei Cie, i nuovi campi di concentramento della nostra «Repubblica democratica» e si organizzano sgombri ufficiali e spedizioni punitive nei campi rom (quella di Torino non è certo la prima); e provatevi a dire che ai rom bisognerebbe dare una casa invece di una roulotte e sentite la reazione indignata dell’italiano medio.
In tutto questo, e subito dopo i tragici fatti di Firenze – ma nel frattempo nel capoluogo toscano c’è stato un altro episodio di razzismo – nella mia regione, la Valle d’Aosta, hanno suscitato particolare scalpore (e per fortuna, in molti casi, sdegno) le parole che il campione olimpico aostano di sci di fondo Marco Albarello ha affidato alla sua bacheca di Facebook.
Ha accusato – pensate l’originalità – gli «extracomunitari» di prendere «i soldi di sussistenza» quando «ci sono milioni di famiglie italiane che non arrivano a fine mese». «Hanno più diritti degli italiani», ha biascicato, «e questo è un segno che qualcosa non funziona, che l’equità di cui tutti parlano non c’è. Pare che il valdostano, il veneto, il calabrese, insomma qualsiasi italiano in difficoltà non abbia gli stessi diritti degli extracomunitari». Poi, per non farsi mancar nulla e suscitare (almeno in me) il sospetto di un suo prossimo ingresso in politica, ha pensato bene di aggiungere una tirata sulla “crisi dei valori”: «non c’è più rispetto per nulla, né per la Chiesa, né per la scuola o la famiglia», evergreen buoni per tutte le stagioni.
Per quanto gravi, le affermazioni di Albarello non sono certo sconvolgenti per il loro carattere di novità: sono gli stessi discorsi già sentiti, più e più volte, al bar, in strada, nelle parole di tant* brav* padri e madri di famiglia (magari col bimbo vicino: che impari subito l’importanza di una visione razzista della vita!), nelle proposte di qualche consigliere comunale non per forza leghista, nell’atteggiamento dei commessi di negozio che ti strizzano l’occhiolino a indicare che ti hanno riconosciuto, che tu sei come loro, sei italiano, e che quell’altro, cliente come te, quello ha una pronuncia diversa e, perciò stesso, un’altra testa…
«Il signor Albarello», ha commentato la Cgil Valle d’Aosta in un comunicato, «personaggio pubblico, al quale nel 2000 è stato conferito il titolo di Commendatore “Ordine al merito della Repubblica Italiana”, che ha rappresentato il nostro Paese alle Olimpiadi, dovrebbe, a nostro avviso, diffondere anche i migliori sentimenti degli italiani legati alla cultura dell’accoglienza e del rispetto reciproco e non, al contrario, lasciarsi andare a gravi dichiarazioni contro chi vive e lavora onestamente nel nostro Paese, da qualunque luogo esso provenga». Anche perché l’Italia «è ancora ben lontana dal riconoscere agli extracomunitari pari diritti rispetto ai cittadini italiani. Diritti riconosciuti in tutta Europa e ancora ben lontani dall’essere realmente esigibili da noi»; come da anni sostengono non (solo) i centri sociali, ma le Nazioni Unite. In seguito a questo comunicato un lettore ha scritto in una lettera alla Stampa di voler stracciare la tessera della Cgil.
Le accuse di Albarello sono in realtà facilmente smontabili. Il quotidiano online AostaSera.it, in un bell’articolo cui rimando, cita dati dell’Istat, della Banca d’Italia, della Caritas e di vari Ministeri per dimostrare come «in mancanza di diritti di cittadinanza, gli immigrati contribuiscono alla nostra economia maggiormente di quanto non percepiscano dallo Stato». «Sono quasi tutti regolari. Non hanno aumentato, con il loro arrivo, i tassi di criminalità. Pagano le tasse più di noi, facendo lavori che non vogliamo fare nonostante siano due volte più colti. Contribuiscono al Pil al 10%, ma sono il 7,5% per cento della popolazione. Ci pagano le pensioni. Sono svantaggiati rispetto agli italiani nelle graduatorie per la casa». Parole diverse, si converrà, da quelle che è possibile ascoltare tutti i giorni in molti telegiornali, forse un primo passo per vedere in maniera diversa la questione dell’immigrazione.
Sulla vicenda legata alle dichiarazioni di Albarello pubblico, di seguito, il comunicato di Arci Valle d’Aosta:
Marco Albarello è un pericoloso ignorante.
Ignora che i cittadini migranti ricevono sussidi e aiuti – in quantità invero assai modeste – non in quanto immigrati, ma perché poveri, così come avviene per ogni altro cittadino. Anzi, spesso hanno meno diritti dei cittadini italiani o di chi comunque risiede da più tempo nel nostro Paese.
Al di là delle solite premesse di rito – «Non sono razzista, ma…» – il discorso di Albarello è oggettivamente razzista, perché narra una falsa verità – gli immigrati privilegiati che hanno tutto -, interviene in un momento difficile per la democrazia – addirittura all’indomani dell’omicidio di due cittadini senegalesi da parte di un neofascista vicino a Casa Pound Italia – e perché promuove la logica del conflitto orizzontale.
Poveri contro poveri. Milioni di italiani stanno male; questo sicuramente è vero, ma la causa non sono quegli uomini, donne e bambini che cercano un futuro nel nostro Paese, ma semmai un sistema economico fondato sull’eccessiva competitività e sulla speculazione di banche e borse.
Le risorse da destinare a chi non arriva a fine mese vanno tolte ai più ricchi e non ad altri poveri.
Albarello è un dipendente pubblico, la sua missione, per cui viene pagato dallo Stato, dovrebbe essere quella di trasmettere, attraverso lo sport, valori positivi agli altri cittadini.
Dato che invece persiste nella sua posizione, pare opportuno e corretto che il suo datore di lavoro, l’Esercito italiano di una Repubblica antifascista, che promuove l’eguaglianza tra i cittadini, prenda provvedimenti nei suoi confronti.
Non basta aver vinto delle medaglie per essere un buon cittadino.
Contro questa politica dell’odio e dell’ignoranza, l’ARCI VdA invita i cittadini a firmare la proposta di legge per i diritti di cittadinanza ai migranti «L’Italia sono anch’io» e a sostenere le iniziative per la chiusura di Casa Pound Italia.
ARCI VdA – Alexandre Glarey
>>> PS: Sullo sdoganamento di certi “modi di sentire” e, in particolare, sull’opera di legittimazione delle posizioni dell’associazione fascista CasaPound, leggi l’articolo di Femminismo a Sud Chi ha sdoganato CasaPound?. L’articolo ha suscitato un mare di polemiche perché fa nomi e cognomi dei fiancheggiatori del fascismo, vale a dire quei giornalisti che, con i loro toni concilianti e i loro inviti alla “libertà di espressione del pensiero”, contribuiscono a legittimare posizioni come quelle dell’associazione neofascista. In un Paese in cui nessuno si prende la responsabilità di ciò che pensa e dice, le polemiche erano inevitabili. Io ho espresso la mia solidarietà a Femminismo a Sud QUI.