E buon 2012!


E buon 2012
, che se anche ci vogliono fregare non è detto che non si trovi qualche via per resistere… E magari la crisi sarà utile per ripensare il nostro modo di vivere. O magari avevano ragione i Maya, e allora non ha neppure senso pensarci su troppo.

Dall’amico Ronnie Bonomelli (autore, lo ripeto, della Canzone di Monti Mario) gli auguri di buon anno in formato vignetta. Naturalmente, ogni riferimento a fatti e persone è puramente voluto.

Come al solito, la condivisione è libera se si cita l’autore, se non si perseguono fini di lucro e se si permette agli altri di fare altrettanto.

Ah, già: cliccate sulla vignetta per ingrandirla.

Buon anno a tutt*!

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Strenna di fine d’anno

Dall’amico Ronnie Bonomelli, autore della Canzone di Monti Mario, in (quasi) esclusiva per voi un bel fumettino di fine anno, scarabocchiato tra una manovra finanziaria e l’altra.

Come al solito, la condivisione è libera se si cita l’autore, se non si perseguono fini di lucro e se si permette agli altri di fare altrettanto.

Scarica il fumetto in formato pdf!

Con tanti auguri a tutt* (che ce n’è bisogno!)…

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Suspence!

Prepariamoci tutt*, perché tra un po’ è primavera.

Seguiranno istruzioni dettagliate.

Così vi tengo col fiato sospeso.

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Tre anni di Piombo fuso


Aggiornamento: Gaza sotto attacco da terra, mare e cielo. Un morto e 10 feriti. Numerose bombe sonore per causare il panico nella popolazione [da Convoglio Restiamo Umani su Facebook].

Si è celebrato oggi, 27 dicembre 2011 (si è celebrato?), il terzo anniversario dell’inizio dei feroci bombardamenti israeliani che colpirono la Striscia di Gaza tra il dicembre del 2008 e il 18 gennaio del 2009, durante l’operazione militare «Piombo Fuso», responsabile dell’uccisione di circa 1300 palestinesi.

A tre anni di distanza continuano i raid dell’aviazione militare israeliana (alla quale la “nostra” Finmeccanica si appresta a fornire nuovi velivoli). L’ultimo, che ha causato un morto e tre feriti, è stato oggi.

Nessuna giustizia per i crimini di guerra è stata ottenuta da parte delle vittime, benché la responsabilità israeliana sia stata riconosciuta dalle stesse Nazioni Unite. Continua invece l’embargoillegale – ai danni della popolazione della Striscia di Gaza, imposto dal governo di Tel Aviv e di fatto accettato dal resto del mondo “che conta”.

La testimonianza più viva del «Piombo Fuso» è per me quella di Vittorio Arrigoni, attivista per i diritti umani ucciso a Gaza l’11 aprile di quest’anno, autore del libro «Gaza. Restiamo Umani», cronaca quotidiana della tragedia di quei giorni, scritta mentre intorno cadevano le bombe.

Lo avevo raggiunto telefonicamente, sia in privato, sia nel corso di un paio di serate di sensibilizzazione organizzate all’Espace Populaire di Aosta. Una volta ho anche sentito l’eco di una bomba, caduta proprio in quelle ore che – secondo l’esercito di Israele – sarebbero dovute essere di tregua.

Rientrato in Italia, Vittorio aveva accettato di presentare il suo libro all’Espace Populaire. Accanto a me, in questo momento, ne ho una copia dedicata a mia figlia. «Gaza. Restiamo Umani» è tuttora un modo unico per fare memoria di ciò che è stato (e che purtroppo continua a essere). Dovremmo riprendere a organizzare letture pubbliche del libro, come antidoto alla “distrazione” dei media. Acquistarlo, diffonderlo, farlo adottare, a seconda delle possibilità, da scuole e biblioteche. Donarlo, se ancora c’è rimasto qualche regalo in sospeso.

Intanto, una buona notizia riguardo all’informazione sulla Palestina, è che Egidia Beretta e Alessandra Arrigoni, la madre e la sorella di Vik, hanno deciso di far rivivere il blog di Vittorio, Guerrilla Radio, che proprio oggi ricorda l’inizio di «Piombo Fuso» con una poesia di Dunya Mikhail.

A Roma, l’anniversario è stato celebrato con un’azione di solidarietà verso la Palestina: il presepe di piazza Venezia è stato trasformato in un presepe palestinese per ricordare le vittime dei bombardamenti, dell’embargo, dell’occupazione. Nel video che pubblico di seguito si vede il presepe in questione, fino alla rimozione dei simboli palestinesi da parte di uno “zelante” pizzardone, mezzora dopo la loro collocazione.

>>> «Gaza. Restiamo Umani», il libro di Vittorio Arrigoni, è acquistabile online.

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C’è un’Italia oggettivamente razzista


Non c’è bisogno
di un Gianluca Casseri che impugni senza alcun motivo un’arma contro altri esseri umani per capire che l’egoismo e il razzismo sono diventati una componente significativa nell’Italia di oggi. Vent’anni di sparate della Lega Nord, rimaste tutte impunite ed etichettate dai media come simpatico folklore, la rivoluzione possibile di Mani Pulite affogata in quindici anni di berlusconismoancora l’impunità, eletta questa volta a sistema – e il peggioramento delle condizioni economiche della popolazione (soprattutto, il crollo delle certezze, dei diritti acquisiti – come cittadini e come lavoratori – attraverso decenni di lotte, dallo Stato sociale alla sicurezza del posto di lavoro), tutti questi elementi hanno lavorato con forza per plasmare un Paese nuovo, in accordo con le trasformazioni avvenute negli altri Stati d’Europa e del mondo (sì, la tanto citata globalizzazione, anche; e poi altre cosucce, come il tracollo del blocco comunista, che ha lasciato agli Usa, in politica estera, la tentazione dell’arbitrio assoluto).

Naturalmente, sono stati anche anni di migrazioni e l’Italia è diventata Paese di arrivo (senza peraltro aver smesso di essere Paese di partenza) dei flussi migratori, con tutte le conseguenze sociali del caso, amplificate dalla mancanza di una politica nazionale di accoglienza e integrazione degna di questo nome e da una legge pessima, la Bossi-Fini, che di fatto impedisce a chi giunge di nascosto, o scivola nella cosiddetta «clandestinità», di regolarizzare la propria posizione, per diventare, a tutti gli effetti, un cittadino. In Italia si preferisce impedire ogni possibilità di partecipazione alla vita politica negando il diritto di voto e lasciare al medico la possibilità di denunciare chi, fra i suoi pazienti, non ha i documenti in regola; si rinchiudono migliaia di esseri umani nei Cie, i nuovi campi di concentramento della nostra «Repubblica democratica» e si organizzano sgombri ufficiali e spedizioni punitive nei campi rom (quella di Torino non è certo la prima); e provatevi a dire che ai rom bisognerebbe dare una casa invece di una roulotte e sentite la reazione indignata dell’italiano medio.

In tutto questo, e subito dopo i tragici fatti di Firenze – ma nel frattempo nel capoluogo toscano c’è stato un altro episodio di razzismo – nella mia regione, la Valle d’Aosta, hanno suscitato particolare scalpore (e per fortuna, in molti casi, sdegno) le parole che il campione olimpico aostano di sci di fondo Marco Albarello ha affidato alla sua bacheca di Facebook.

Ha accusatopensate l’originalità – gli «extracomunitari» di prendere «i soldi di sussistenza» quando «ci sono milioni di famiglie italiane che non arrivano a fine mese». «Hanno più diritti degli italiani», ha biascicato, «e questo è un segno che qualcosa non funziona, che l’equità di cui tutti parlano non c’è. Pare che il valdostano, il veneto, il calabrese, insomma qualsiasi italiano in difficoltà non abbia gli stessi diritti degli extracomunitari». Poi, per non farsi mancar nulla e suscitare (almeno in me) il sospetto di un suo prossimo ingresso in politica, ha pensato bene di aggiungere una tirata sulla “crisi dei valori”: «non c’è più rispetto per nulla, né per la Chiesa, né per la scuola o la famiglia», evergreen buoni per tutte le stagioni.

Per quanto gravi, le affermazioni di Albarello non sono certo sconvolgenti per il loro carattere di novità: sono gli stessi discorsi già sentiti, più e più volte, al bar, in strada, nelle parole di tant* brav* padri e madri di famiglia (magari col bimbo vicino: che impari subito l’importanza di una visione razzista della vita!), nelle proposte di qualche consigliere comunale non per forza leghista, nell’atteggiamento dei commessi di negozio che ti strizzano l’occhiolino a indicare che ti hanno riconosciuto, che tu sei come loro, sei italiano, e che quell’altro, cliente come te, quello ha una pronuncia diversa e, perciò stesso, un’altra testa…

«Il signor Albarello», ha commentato la Cgil Valle d’Aosta in un comunicato, «personaggio pubblico, al quale nel 2000 è stato conferito il titolo di Commendatore “Ordine al merito della Repubblica Italiana”, che ha rappresentato il nostro Paese alle Olimpiadi, dovrebbe, a nostro avviso, diffondere anche i migliori sentimenti degli italiani legati alla cultura dell’accoglienza e del rispetto reciproco e non, al contrario, lasciarsi andare a gravi dichiarazioni contro chi vive e lavora onestamente nel nostro Paese, da qualunque luogo esso provenga». Anche perché l’Italia «è ancora ben lontana dal riconoscere agli extracomunitari pari diritti rispetto ai cittadini italiani. Diritti riconosciuti in tutta Europa e ancora ben lontani dall’essere realmente esigibili da noi»; come da anni sostengono non (solo) i centri sociali, ma le Nazioni Unite. In seguito a questo comunicato un lettore ha scritto in una lettera alla Stampa di voler stracciare la tessera della Cgil.

Le accuse di Albarello sono in realtà facilmente smontabili. Il quotidiano online AostaSera.it, in un bell’articolo cui rimando, cita dati dell’Istat, della Banca d’Italia, della Caritas e di vari Ministeri per dimostrare come «in mancanza di diritti di cittadinanza, gli immigrati contribuiscono alla nostra economia maggiormente di quanto non percepiscano dallo Stato». «Sono quasi tutti regolari. Non hanno aumentato, con il loro arrivo, i tassi di criminalità. Pagano le tasse più di noi, facendo lavori che non vogliamo fare nonostante siano due volte più colti. Contribuiscono al Pil al 10%, ma sono il 7,5% per cento della popolazione. Ci pagano le pensioni. Sono svantaggiati rispetto agli italiani nelle graduatorie per la casa». Parole diverse, si converrà, da quelle che è possibile ascoltare tutti i giorni in molti telegiornali, forse un primo passo per vedere in maniera diversa la questione dell’immigrazione.

Sulla vicenda legata alle dichiarazioni di Albarello pubblico, di seguito, il comunicato di Arci Valle d’Aosta:

Marco Albarello è un pericoloso ignorante.

Ignora che i cittadini migranti ricevono sussidi e aiuti – in quantità invero assai modeste – non in quanto immigrati, ma perché poveri, così come avviene per ogni altro cittadino. Anzi, spesso hanno meno diritti dei cittadini italiani o di chi comunque risiede da più tempo nel nostro Paese.

Al di là delle solite premesse di rito – «Non sono razzista, ma…» – il discorso di Albarello è oggettivamente razzista, perché narra una falsa verità – gli immigrati privilegiati che hanno tutto -, interviene in un momento difficile per la democrazia – addirittura all’indomani dell’omicidio di due cittadini senegalesi da parte di un neofascista vicino a Casa Pound Italia – e perché promuove la logica del conflitto orizzontale.

Poveri contro poveri. Milioni di italiani stanno male; questo sicuramente è vero, ma la causa non sono quegli uomini, donne e bambini che cercano un futuro nel nostro Paese, ma semmai un sistema economico fondato sull’eccessiva competitività e sulla speculazione di banche e borse.

Le risorse da destinare a chi non arriva a fine mese vanno tolte ai più ricchi e non ad altri poveri.

Albarello è un dipendente pubblico, la sua missione, per cui viene pagato dallo Stato, dovrebbe essere quella di trasmettere, attraverso lo sport, valori positivi agli altri cittadini.

Dato che invece persiste nella sua posizione, pare opportuno e corretto che il suo datore di lavoro, l’Esercito italiano di una Repubblica antifascista, che promuove l’eguaglianza tra i cittadini, prenda provvedimenti nei suoi confronti.

Non basta aver vinto delle medaglie per essere un buon cittadino.

Contro questa politica dell’odio e dell’ignoranza, l’ARCI VdA invita i cittadini a firmare la proposta di legge per i diritti di cittadinanza ai migranti «L’Italia sono anch’io» e a sostenere le iniziative per la chiusura di Casa Pound Italia.

ARCI VdA – Alexandre Glarey

>>> PS: Sullo sdoganamento di certi “modi di sentire” e, in particolare, sull’opera di legittimazione delle posizioni dell’associazione fascista CasaPound, leggi l’articolo di Femminismo a Sud Chi ha sdoganato CasaPound?. L’articolo ha suscitato un mare di polemiche perché fa nomi e cognomi dei fiancheggiatori del fascismo, vale a dire quei giornalisti che, con i loro toni concilianti e i loro inviti alla “libertà di espressione del pensiero”, contribuiscono a legittimare posizioni come quelle dell’associazione neofascista. In un Paese in cui nessuno si prende la responsabilità di ciò che pensa e dice, le polemiche erano inevitabili. Io ho espresso la mia solidarietà a Femminismo a Sud QUI.

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Chi ha sdoganato CasaPound? Solidarietà a Femminismo a Sud

Adesso basta, non ce la faccio più a sentire il peggio coro della peggio gioventù, i piccoli gerarchi dell’associazione neofascista (lo smentiscano, se credono) CasaPound intervistati con tanto di virgolettato per dire che no, loro non c’entrano con Gianluca Casseri, che l’uomo che scriveva sui loro siti, nel loro “ideodromo”, l’uomo i cui articoli sono stati rimossi in fretta e furia all’indomani degli omicidi di Firenze, non è mai stato un membro di CasaPound, che l’uomo che ha ucciso freddamente Mor Diop e Samb Modou, ferito gravemente Moustapha Dieng, Sougu Mor e Mbenghe Cheike era soltanto un povero squilibrato, mentre è evidente che si trattava di un nazista, alle cui idee è stato dato spazio dall’associazione fino all’altro giorno, finché il personaggio non ha passato la misura, diventando così impresentabile.

Non sto dicendo che tutti i “ragazzi” di CasaPound si apprestano a sparare sugli immigrati, sto dicendo che certe azioni dipendono da un preciso clima “culturale” e ideologico, dall’aver scelto un «noi» da contrapporre a un «loro», dall’avere ereditato – e mai rinnegato – un passato vomitevole, una storia di egoismo, tristezza e tradimenti nascosti dietro parole come «Patria», «Onore», «Obbedienza» al pagliaccio di turno. Un sistema di “pensiero” che rende perfino superfluo qualsiasi riferimento ai fatti di Firenze e alle due vite umane cancellate per il capriccio di un fascista, perché non dovrebbe essere necessario aspettare che si giunga a tanto per condannare e isolare i fascistigli anticorpi a questo punto dovremmo pure averli ereditati.

Ma, certo, come antifascista sono io ad avere pregiudizi, a non accettare il confronto democratico, sono io a essere intollerante! Sono «un professionista dell’odio e della menzogna», come dice, mentendo, qualcuno. Ma, dopotutto, quello che vomitano i fascisti non dovrebbe essere importante, se non fosse che i media – mentre condannano i fatti di Firenze, ovviamentefanno a gara per assolvere CasaPound, dimenticando innanzitutto che cosa sia, che cosa significhi il fascismo. Casseri o non Casseri, che non è (solo) quello il punto.

Così ho voluto esprimere tutto lo schifo che provo per gli amici dei fascisti, le anime belle che si ergono a paladini dell’altrui diritto di pensare ciò si vuole e di esprimere tale pensiero, quelli che «non la penso come te ma morirei per difendere il tuo dirito di dire ciò che pensi», che importa se ti rifai a un’ideologia totalitaria (cor)responsabile della sofferenza e della morte di milioni di persone, del razzismo come legge di Stato, della schiavitù di un paio di generazioni? Nel mio articolo ho citato (e linkato) un articolo del Messaggero, per mettere in evidenza come il linguaggio e il tono utilizzati da alcuni, lo spazio offerto al “contraddittorio”, al diritto di replica – cose di per sé nobilissime, per carità – contribuiscano allo sdoganamento, alla santificazione di CasaPound, a equiparare fascisti e antifascisti secondo il teorema degli “opposti estremismi”, quello – per intenderci – che porta a fare di tutta l’erba… un fascio.

Ha fatto la stessa cosa, in maniera molto più dettagliata e documentata, il blog Femminismo a Sud, in un articolo che linko e che consiglio, dal titolo Chi ha sdoganato CasaPound? Si tratta di un post molto interessante, che riepiloga quanto notato dal blog nel corso degli anni circa l’opera di legittimazione portata avanti da molti – anche a sinistra – nei confronti dell’associazione fascista (smentiscano, se credono). Uno strumento di lavoro per chi – antifascista – voglia comprendere un fenomeno e mettere/restare in guardia da certi tentativi giustificazionisti. Una goccia, senza esagerare, di quell’antidoto di cui c’è sempre più bisogno se non si vuole accettare una visione del mondo oggi funzionale a (e prefabbricata da) un potere autoritario e conservatore, e sempre più imposta come l’unica politica possibile.

L’articolo di Femminismo a Sud ha sollevato innumerevoli crtiche da parte di chi ha ritenuto di dovervi ravvisarvi una specie di lista di proscrizione (quanto potere in un blog!), capace di scaldare gli animi (di chi? perché?), con il rischio che «qualcuno, per eccesso di zelo o per fanatismo» si spinga «oltre», perché «abbiamo visto troppe volte le parole che diventavano pietre o pallottole». Lo dice nel suo blog Marina Terragniil cui nome non sto inserendo in alcuna lista, ma a questo punto dispero di essere creduto – dimenticando la differenza tra liste compilate dai neonazisti e ai neonazisti rivolte (che, incredibilmente, cita a sostegno della sua argomentazione) e il mettere qualcuno di fronte alle proprie responsabilità.

La risposta di Femminismo a Sud a Marina Terragni si può leggere QUI.

In ogni caso, era già stato chiarissimo Wu Ming1, intervenendo proprio in relazione alle critiche suscitate dall’articolo di Femminismo a Sud: «indicare leggerezze, superficialità e responsabilità di chi in questi anni si è lasciato afFASCInare dall’estrema destra “nuovista”, di chi si è impegnato a “sdoganare” i fascisti del terzo millennio, questo equivarrebbe a compilare “liste di proscrizione”. E certo! In un Paese dove nessuno si prende mai la responsabilità di niente e per niente, qualunque tentativo di indicare e argomentare la responsabilità di qualcuno per qualcosa dev’essere demolito in quanto tale».

Parole che, onestamente, dicono tutto.

Aggiungo unicamente la mia, doverosa, solidarietà al collettivo di Femminismo a Sud per la marea di critiche ricevute (vistosamente ingiuste e in gran parte strumentali) ed esprimo a tutt@ loro un profondo ringraziamento per il lavoro che svolgono quotidianamente, magari rosicchiando tempo al lavoro, alle famiglie, alle amicizie, perché – a differenza di quanto accade ad altri – chi dedica se stess@ a certe battaglie non viene poi retribuito per ciò che dice o scrive.

>>> L’immagine di questo post è l’header del blog Femminismo a Sud, tratto dalla foto «Lotta per la casa», opera di Tano D’Amico.

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tre milioni di euro per mostrarsi in tivvù


Che la regione Valle d’Aosta
, all’atto pratico, sia semi-sconosciuta in Italia lo dico da un pezzo. Che cosa accada da noi per il resto del Paese è un mistero.

Non mi aspettavo però che i nostri amministratori regionali mi prendessero sul serio, al punto da accordarsi con la Rai, per la modica cifra di 1.100.000 euro l’anno per tre anni(!), al nobile scopo di promuovere l’immagine e il territorio della regione attraverso alcune trasmissioni televisive.

Popolazione valdostana, gioisci! Quest’anno, la diretta di Capodanno su Rai1, condotta dal bravo Carlo Conti, sarà trasmessa da Courmayeur! A Rimini, a quanto pare, se la sono pure presa.

Ma l’accordosuonate fanfare! – prevede collegamenti dalla Vallée anche durante altri programmi, a cominciare da Domenica In (già dal 1° gennaio), Linea Verde e i Soliti Ignoti (in due puntate è prevista la partecipazione di un personaggio rappresentativo del territorio regionale – chi sarà? suspence!), Sereno variabile e Geo & Geo.

I casi sono due: o sono impazzito io, o sono impazziti loro.

Tre milioni di euro sono sei miliardi delle vecchie lire, una cifra con la quale (volete un po’ di pubblicità seria seria?) è possibile salvare la vita di centinaia di migliaia di esseri umani che soffrono di sete e di fame nel mondo, alleggerire le molte manovre italiane fondate sui tagli selvaggi, migliorare l’offerta turistica regionale… Devo continuare? O devo ricordare come la nuova trovata “ingegnosa” dell’amministrazione regionale si collochi nel solco della tradizione, con soldi pubblici regalati per ospitare quassù fra i monti i concorrenti dell’Isola dei Famosi in ritiro pre-trasmissione, per organizzare i mondiali militari di sport invernali o per pubblicare il logo della regione sulle etichette di una marca di birra?

Tutto questo mentre la crisi morde, affondando i denti sui precari (anche in Valle d’Aosta), sui pensionati, sul welfare (o ciò che ne resta), mentre si straparla di tassare cani e gatti (encomiabile misura in favore del randagismo) e si aumenta l’accise sul tabacco delle sigarette fai-da-te (quelle di chi vuole o deve spendere meno). In questa situazione, come utilizzare responsabilmente il denaro dei cittadini dovrebbe essere il primo cruccio di chi governa; e infatti proprio dalla crisi parte l’ineffabile Augusto Rollandin, presidente della regione, nel presentare l’accordo con la Rai: «è uno sforzo in un momento di crisi» – ha detto all’Ansa – «e di fronte all’azione tambureggiante di altre regioni». Ah bè, se anche gli altri “tambureggiano”…

Ma esco dalla polemica, per un attimo, nella speranza che le mie parole possano raggiungere più facilmente il destinatario. Avete 3 milioni da gettare? Fatelo, visto che non posso far nulla per impedirlo. Ma pensate – e qui sono serio – a quale e quanta più pubblicità potreste procurare, a voi e alla regione, intervenendo con una cifra simile per alleggerire il peso della manovra del governo Monti sulle tasche degli italiani. O anche pensate a che cosa significherebbe devolvere una somma del genere per aiutare chi qualcosa di utile lo fa davvero: vedete voi, c’è solo l’imbarazzo della scelta! Pensate ad esempio al drammatico appello di Gino Strada, che circola proprio in questi giorni: «Il lavoro di EMERGENCY continua ad aumentare, perché sono in crescita costante le vittime della guerra e della povertà, e curarle è insieme il nostro dovere e il nostro ruolo. In questo momento, le nostre risorse economiche non ci consentono più di farvi fronte. Abbiamo bisogno di molti soldi per tenere aperti i nostri ospedali, i centri chirurgici per le vittime di guerra, i centri ostetrici, pediatrici, di primo soccorso, di riabilitazione. E per mantenere in vita anche i poliambulatori specialistici gratuiti che EMERGENCY ha aperto in Italia – in Italia!, ndr – negli ultimi anni».

Pensate a questo e poi vedete se dobbiamo veramente usare 3 milioni di euro per ottenere che Carlo Conti faccia il “trenino” a Courmayeur anziché a Rimini. A meno, naturalmente, che non sia un riferimento al trenino di Cogne.

>>> Nella foto, il motto riportato sul palazzo regionale della Valle d’Aosta: «Vedere chiaro, volere vivere». Mi soffermo sul «vedere chiaro», invito alla lungimiranza troppo spesso inascoltato.

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