In questo post, dedicato a Luca Abbà, pubblico una piccola intervista a Alex Glarey, attivista No Tav e membro di Arci Valle d’Aosta/Espace Populaire, e un comunicato stampa di ARCI VdA, Legambiente, Rifondazione Comunista/FdS VdA-Giovani Comunisti Valle d’Aosta, che prende posizione su Luca, sulla situazione in Val di Susa, sulle cariche della polizia a Porta Nuova e la stessa follia del progetto Tav.
Ricordo che alle 13 di oggi, 27 febbraio, un aggiornamento clinico da fonti mediche del CTO diceva che, fortunatamente, Luca, «tenuto in coma farmacologico, non è in pericolo di vita». «Ha fratture multiple di costole e sterno con emorragie interne controllate e drenate; i danni a un polmone e un rene non richiedono per ora l’intervento chirurgico; la prognosi resta ancora riservata per l’attività mio-elettrica del cuore e la funzionalità renale, monitorate per le possibili conseguenze della folgorazione».
Intervista – Alex Glarey:
Il blog: Un commento sulla manifestazione di sabato…
Alex Glarey: È andata molto bene. Una grande mobilitazione, con tantissime famiglie, tranquilla, motivata, intergenerazionale: c’erano bambini, anziani e tantissimi giovani.
B: Una partecipazione che lascia ben sperare.
A: Sì, naturalmente, a patto di riuscire a organizzare la partecipazione secondo modalità e strategie nonviolente, o comunque di disobbedienza, capaci di confrontarsi con la violenza del potere. Sabato si è capito chiaramente che nessuna delle due parti è disposta a mollare di un millimetro, né il governo (e la galassia di imprese e banche che spingono quest’opera), né i No TAV. Bisognerà tornare in Val di Susa, ma non sarà una passeggiata: la nonviolenza o la disobbedienza/resistenza non si improvvisa e non basta sfilare. O sei psicologicamente pronto, oppure rischi di non essere in grado di dare, al Potere che ti sfida, la risposta più efficace e coerente, rispetto alla tua lotta.
B: Gli abitanti della Val di Susa non sono soli. Da tutta Italia sono accorse migliaia di persone.
A: Il corteo di sabato era costituito da moltissime individualità, il che rappresenta un grande punto di forza del movimento (la diversità intergenerazionale e di classe), ma anche un elemento di criticità. Come a Roma il 15 ottobre, mancavano le realtà collettive, organizzate, i cosiddetti spezzoni. Il rischio è quello di uno spontaneismo di piazza individualista, che non ragioni troppo sulla responsabilità delle azioni dei singoli. Va anche detto, però, che in Val di Susa c’è una coerenza ideale, un “idem sentire” che alla fine fornisce comunque indirizzi chiari ai manifestanti e alla loro, giusta, rabbia. Quello che penso, e che probabilmente non riesco ancora a esprimere in maniera chiara per tutt*, è che di fronte ai segnali sempre più inquietanti di repressione del dissenso – la vicenda di Luca costretto a cadere dal traliccio, i No Tav arrestati, le cariche della polizia a Porta Nuova, i due ragazzi condannati a cinque anni di prigione per la manifestazione di Roma – la risposta delle varie resistenze democratiche deve essere il più possibile partecipata – anche nel senso di condivisa e discussa – e organizzata, pena una sconfitta dagli esiti devastanti.
B: Mi sembra che la stretta repressiva metta in discussione persino il rispetto di forme e procedure – un aspetto secondario, forse, ma imprescindibile in uno Stato di diritto – che è sempre più spesso sacrificato alla logica dell’emergenza nazionale continua.
A: Come Arci regionale e come Espace Populaire facciamo parte dei soggetti che hanno partecipato all’acquisto di un pezzo di terreno in Val di Susa. Siamo proprietari di un metro quadro delle terre minacciate di esproprio. Al momento attuale non siamo neppure in grado di sapere se abbiamo subito l’esproprio o meno, perché i procedimenti attuati non sono stati notificati preliminarmente ai proprietari, come previsto dalla legge. I terreni dell’allargamento del cantiere sono stati occupati in seguito a una semplice ordinanza prefettizia.
B: Di fronte a tutto questo, che si fa?
A: È essenziale non lasciare solo chi si oppone alla militarizzazione del territorio e allo stralcio dei diritti. L’obiettivo è resistere un minuto di più dell’avversario. Bisognerà tornare, a breve, in Val di Susa. Ma non bisogna trascurare cose semplici, alla portata tutti, come diffondere l’informazione, vista la posizione assunta dalla maggior parte dei media, e far tornare le bandiere No Tav sulle finestre e i balconi di tutto il Paese.
NO TAV/SÌ DEMOCRAZIA!
Comunicato stampa
C’eravamo anche noi dell’ARCI/Espace, della FdSVdA e di Legambiente Valle d’Aosta,
sabato scorso in Val di Susa, a chiedere la liberazione degli arrestati e a manifestare contro il TAV. Una trentina di valdostani a tenere vivo lo spirito della Carta di Chivasso.
Abbiamo visto una grande manifestazione in difesa dei beni comuni: acqua, cultura e istruzione, ambiente, giustizia, lavoro e informazione.
Una marcia pacifica che ha visto la partecipazione di amministratori comunali, famiglie, abitanti della valle, delegazioni da tutta Italia. Quasi centomila persone.
Per questo giudichiamo inaccettabile e preoccupante il brutale intervento alla stazione Porta Nuova delle forze dell’ “ordine” (quale?), guidate da Spartaco Mortola, questore della PolFer, noto per aver subito una condanna in appello a 3 anni e 8 mesi di reclusione per aver coperto i pestaggi alla scuola Diaz di Genova durante il G8.
Questo intervento è l’ennesimo tentativo di criminalizzare un movimento di popolo, Continua a leggere