#tuttacolpadellepussyriot: e se io a manifestare con i compagni non venissi più? [da Femminismo a Sud]

Si possono fare scelte radicali, rifiutare il sistema liberista, spendersi quotidianamente nella lotta nel nome di un ideale per poi ricostruire all’interno dei propri ambiti gli stessi schemi e meccanismi della società che si contesta. È il caso del sessismo, sopravvissuto a più d’una rivoluzione. E c’è la tentazione di bollare come traditore(/trice), ma anche sprovvedut*, ingenu* o vendut*, chi non osserva i principi e le modalità condivise dal gruppo.

Ripubblico un articolo da Femminismo a Sud, ripromettendomi di tornare sul tema. Condivido le riflessioni espresse, nate dalla difesa del gruppo russo Pussy Riot tacciato, in vari siti di movimento, di essere filo-occidentale e filo-capitalista, e approdate a una condanna del sessismo e del suo linguaggio, e soprattutto alla rivendicazione dell’uso del corpo come mezzo di comunicazione e lotta, scelta libera e resistenziale.

#tuttacolpadellepussyriot: e se io a manifestare con i compagni non venissi più?
da Femminismo a Sud.

Blasfeme. Anarchiche. Punk. Concettuali. Situazioniste. Per niente filoccidentali o filocapitaliste. Tre condannate a due anni di lavori forzati e due fuggite via dalla Russia. Tra tutte le cose dette e scritte quella che resta da discutere e chiarire è il pruriginoso senso della zoccolitudine intrinseca che i compagni e le compagne attribuiscono alle donne che usano il corpo come veicolo di diffusione di messaggi politici.

La nudità, tra compagni e compagne, è un tabù?

Lo so che ci sono altre cose importanti da discutere. Mi verrebbe da dire un sacco di cose su Rachel che è morta per impedire ai militari israeliani di buttare giù una dette tante case dei palestinesi. Morte accidentale l’hanno definita quelle merde, perché i militari israeliani accidentalmente hanno deciso di passare sopra il corpo di una ragazza con le mani alzate. E forse c’entra anche questa storia, l’uso dei corpi, del corpo di compagne e compagni per fare da muro tra carnefici e vittime. In una resistenza concreta e culturale che non può essere distinta a seconda di chi mostra le tette e chi no, di chi si presenta in fuseaux e chi in jeans. Continua a leggere

Pubblicato in Orwell (fascismi, sessismi, controllo, censura) | Contrassegnato , , , , | Commenti disabilitati su #tuttacolpadellepussyriot: e se io a manifestare con i compagni non venissi più? [da Femminismo a Sud]

Il referendum sul pirogassificatore

Il prossimo 18 novembre, in Valle d’Aosta, si terrà un referendum propositivo, uno strumento assente in quasi tutto il resto d’Italia (ma molto utilizzato in altri Paesi) che, in caso di vittoria dei sì, ha il potere di vincolare il consiglio regionale a tresformare in legge la proposta approvata dai cittadini.

Per la Valle d’Aosta si tratta della seconda volta, per quanto la prima occasione sia andata sciupata, perché non è stato raggiunto il quorum previsto dalla legge per rendere valida la consultazione. Ai tempi (il 2007) mi ero molto indignato con il partito da 30 anni al governo della regione – l’Union Valdôtaine – che aveva deciso, vergognosamente, di boicottare la cosultazione invitando pubblicamente i cittadini ad astenersi, con tanto di manifesti nelle strade (eccone uno).

I quesiti, diceva allora l’Union, «non hanno senso», ragion per cui il cittadino doveva restarsene a casa. Un invito sulla legittimità del quale si potrebbe discutere, ma il fatto fondamentale è che un po’ di senso quei quesiti l’avevano – ad esempio quelli sul sistema elettorale regionale e sulla costruzione di un nuovo ospedale, come ben sanno gli aostani che risiedono nell’area del Parini, l’attuale ospedale regionale, destinato a trasformarsi in un cantiere per i prossimi… ics anni.

Questa volta si tratta della salute, ovvero del tentativo di invalidare la decisione dell’amministrazione regionale di costruire un pirogassificatore (cioè, chiamando le cose con il loro nome un inceneritore) per gestire i rifiuti di 130 mila valdostani.

Sull’argomento, da qui a novembre, tornerò molte volte. Esistono dubbi – molti – sul fatto che il pirogassificatore sia innocuo per la salute, come sbandierato dalla Regione e dal neonato comitato Valle Responsabile. C’è poi il problema che la raccolta differenziata in Valle d’Aosta arriva appena al 44% e dovrà essere potenziata per gli stessi obblighi di legge. Non si capisce dunque che cosa dovremmo bruciare nel pirogassificatore (forse i rifiuti di reatà territoriali più grandi?), visto che raccolta differenziata e recupero dei materiali da un lato, incenerimento dall’altro sono fra loro concorrenziali.

Cè poi la questione economica, perché ogni inceneritore è, in primo luogo, un affare. Rimando in proposito al bel dossier realizzato dai Giovani Comunisti della Valle d’Aosta, con tanto di cifre e scheletri (giudiziari) nell’armadio delle società coinvolte nella costruzione e gestione dell’impianto.

Da ultimoda ultimo perché il problema non è questo – l’impianto avrebbe vita breve: appena 23 anni, passati i quali si dovrebbe trovare un’altra soluzione per lo smaltimento dei rifiuti.

L’alternativa proposta dai referendari (anche su questo punto tornerò) è il trattamento a freddo, che serve realtà urbane e territoriali ben più grandi e popolose della Valle d’Aosta.

La questione rifiuti è oggi un’emergenza – sarebbe sciocco negarlo. Nei prossimi mesi tenterò, nel mio piccolo, di contribuire a diffondere documenti e materiali per aiutare la cittadinanza a farsi un’idea non superficiale sui vari scenari possibili. Ma, pur senz’alcuna autorità legale o morale, voglio invitare sin d’ora i miei concittadini a non lasciarsi sottrarre la possibilità di scegliere in proprio.

Rivendichiamo il nostro statuto di cittadini: il 18 novembre rechiamoci tutt* alle urne.

Comunque la pensiamo sul pirogassificatore, questa volta rifiutiamoci almeno di obbedire a chi ci invita a rimanere a casa.

>>> Leggi il dossier Gli intrecci economici e politici nel referendum sul pirogassificatore in Valle d’Aosta, a cura dei Giovani Comunisti della Valle d’Aosta.
>>> Leggi il testo del quesito referendario.

Pubblicato in Orwell (fascismi, sessismi, controllo, censura), Piazzetta della cittadinanza attiva | Contrassegnato , , , , , | Commenti disabilitati su Il referendum sul pirogassificatore

Dossier: Gli intrecci economici e politici nel referendum sul pirogassificatore in Valle d’Aosta [a cura dei Giovani Comunisti della Valle d’Aosta]

IL REFERENDUM – CHIAREZZA SUI QUESITI

Il 18 novembre 2012 ci sarà in Valle d’Aosta un referendum propositivo di iniziativa popolare che ha il compito di bloccare la costruzione di un pirogassificatore (altro nome per parlare di un inceneritore) nell’area di Brissogne, dove esiste l’attuale discarica a cielo aperto. Il referendum propositivo è stato richiesto dall’associazione Valle Virtuosa (VV), che si è battuta prima di tutti contro questo scempio al territorio e all’ambiente. Alla battaglia si sono unite forze della società civile, associazioni, movimenti e partiti politici (tra cui Rifondazione Comunista e i Giovani Comunisti).

Il referendum propositivo del 18 novembre 2012 ha sostanzialmente il compito di andare a sostituire il comma 5 dell’art. 7 della Legge Regionale 3.12.2007 n.31:

Art. 7 co 5: «Nella gestione del ciclo dei rifiuti urbani, la Regione persegue criteri di economicità, efficienza ed efficacia e di tutela della salute e dell’ambiente».

Il referendum si propone di fare la seguente modifica:

Art. 7 co 5: «In considerazione delle ridotte dimensioni territoriali della Regione e dei limitati quantitativi di rifiuti prodotti, in conformità agli obiettivi di cui all’art. 10, comma 1, al fine di tutelare la salute e di perseguire criteri di economicità, efficienza ed efficacia, nel ciclo integrato dei rifiuti solidi urbani e dei rifiuti speciali non pericolosi, non si realizzano né si utilizzano sul territorio regionale impianti di trattamento a caldo quali incenerimento, termovalorizzazione, pirolisi o gassificazione».

Questa lotta collettiva è stata ostacolata sul piano legale da 2 associazioni nazionali: la “Asso Consum Onlus” e “A.N.I.D.A”, che hanno proposto due ricorsi al TAR della Valle d’Aosta, molto simili nel contenuto.

«QUESTO REFERENDUM NON S’HA DA FARE» Continua a leggere

Pubblicato in Le Colonne d'Ercole (di Pont-St-Martin), Orwell (fascismi, sessismi, controllo, censura), Piazzetta della cittadinanza attiva | Contrassegnato , , , , | Commenti disabilitati su Dossier: Gli intrecci economici e politici nel referendum sul pirogassificatore in Valle d’Aosta [a cura dei Giovani Comunisti della Valle d’Aosta]

Ma quando hai visto l’oceano. L’«incidente» di Rachel Corrie


Oggi nel cantiere vicino a casa mia è stato tranciato un cavo elettrico e siamo rimasti senza luce più di due ore. Due ore senza elettricità, per gli standard occidentali, è un sacco di tempo. Ho avuto modo di pensare che la roba nel congelatore avrebbe potuto scongelarsi e che sarebbe stato un problema mettere a letto i bambini senza cartoni animati e senza lucettina “antififa”. Ho fatto in tempo a invidiare chi aveva ancora le finestre illuminate: l’ospedale, la pasticceria dall’altra parte della strada.

A un paio di isolati di distanza, tutto era normale: luce nelle case, nelle vetrine, insegne luminose e lampioni che iniziavano ad accendersi a causa della sera e della pioggia. Per quanto certi raffronti valgano quello che valgono, mi è venuto in mente chi ha tutto e chi non ce l’ha. Mi è venuto in mente che ci sono posti in cui un black-out di due ore non è un’enormità, ma la prassi quotidiana. Posti in cui ci si confronta un giorno dopo l’altro con disagi – e pericoli – che in occidente giudicheremmo straordinari, se non addirittura intollerabili.

Ho pensato a una poesia che ho scritto qualche anno fa – non necessariamente una bella poesia – in seguito a una riflessione balneare, nata cioè in un contesto vacanziero, sulle spiagge dello Ionio, forse al passaggio di un aereo militare. La nostra indifferenza trova normale che “calamità” come la guerra colpiscano sempre gli stessi popoli: «chi c’è abituato, / chi non ce l’ha la casa; / porti con sé in malora / chi al treno gli finiscono i binari, / chi non ha l’acqua e cosa resta a fare». Ho pensato alla testimonianza dalla Palestina, ripubblicata sul manifesto di oggi, di Rachel Corrie, attivista americana dell’International Solidarity Movement (ISM), assassinata all’età di 23 anni da un bulldozer dell’esercito israeliano il 16 marzo del 2003, mentre cercava d’impedire la demolizione delle abitazioni palestinesi a Gaza, al confine con l’Egitto, frapponendosi con il proprio corpo, armata soltanto di un megafono.

Anche Rachel, in una lettera dalla Palestina scritta due settimane dopo il suo arrivo, metteva a confronto i luoghi in cui morire è “normale” e quelli in cui i bambini, di solito, «non hanno i genitori uccisi e qualche volta vanno a vedere l’oceano».

«Ma quando tu hai visto l’oceano, vissuto in un posto tranquillo dove l’acqua è un bene scontato e non rubata di notte dai bulldozer, e quando hai passato una notte in cui non ti sei meravigliato che le pareti della tua casa non siano crollate svegliandoti dal sonno, e quando hai incontrato gente che non ha perso nessuno, quando hai sperimentato la realtà di un mondo che non è circondato da torri di morte, carri armati, insediamenti armati e ora da una gigantesca parete metallica, mi chiedo se puoi perdonare il mondo per tutti gli anni della tua infanzia spesa esistendo – solo esistendo – in resistenza al costante strangolamento da parte della quarta più grande potenza mondiale, sostenuta dall’unica superpotenza mondiale, nel suo sforzo di cancellarti dalla tua casa».

Con queste parole, rubate al giornale di oggi, voglio ricordare Rachel, a un giorno di distanza dalla sentenza del tribunale israeliano di Haifa che ha respinto il ricorso della famiglia Corrie, assolvendo l’esercito di Israele e l’autista del bulldozer da qualsiasi accusa di negligenza o peggio. Si tratterebbe, secondo il giudice Oded Gershon, di «uno spiacevole incidente», determinato per di più dal comportamento della vittima che avrebbe potuto allontanarsi dalla zona «come ogni persona di buonsenso» e che «si mise da sola in una situazione pericolosa».

Avrebbe potuto. E invece era lì, disposta a opporre la propria vita a chi non rispetta la vita. Avrebbe potuto scegliere il «buonsenso», magari tornandosene a casa, allo stesso modo in cui, qualche anno più tardi, sarebbe potuto tornare Vittorio, anche lui volontario dell’ISM, dopo aver sfidato le bombe del «Piombo Fuso». Eppure hanno scelto di restare.

Più o meno nelle stesse ore in cui veniva pronunciata la sentenza della corte israeliana, la Striscia di Gaza è stata vittima di nuovi bombardamenti. Leggi la testimonianza di Rosa Schiano, attivista per i diritti umani attualmente presente a Gaza.

>>> In formato pdf il testo della mia poesia. L’ho citata e devo allegarla ma, in coscienza, esiste di meglio.
>>> Scarica e diffondi il volantino dell’ISM Italia.

Pubblicato in Orwell (fascismi, sessismi, controllo, censura), Piazzetta della cittadinanza attiva | Contrassegnato , , , , , , , , , | 610 commenti

Non è un Paese per vecchi

Che l’Italia non è un Paese per giovani l’abbiamo detto. Non è neanche un Paese per vecchi, a meno di non intendere quelli che tengono ben strette le redini del comando.

Nella vignetta di Ronnie Bonomelli (riproducibile liberamente senza fini di lucro e citando l’autore come previsto dalla licenza Creative Commons 3.0) la solita Elsa Fornero, sempre lei, cerca ricette per gli italiani più anziani. E forse alla fine i liberisti non mangiano soltanto i bambini.

>>> Clicca sulla vignetta per ingrandirla.
>>> Trovi altre opere dell’autore nel blog appropriazionedebita.
>>> Leggi anche Non è un Paese per giovani.

Pubblicato in Orwell (fascismi, sessismi, controllo, censura), satira | Contrassegnato , , | Commenti disabilitati su Non è un Paese per vecchi

Quando l’appropriazione è debita


Forse non sta bene
citarsi, ma lo farò lo stesso. Tempo fa ho aperto il blog appropriazionedebita, che immagino come un archivio di materiale, artistico ma non solo, libero da copyright.

L’idea era/è che con il tempo il blog diventasse/diventi anche un progetto a più teste, attorno al quale non solo raccogliere e mettere a disposizione conoscenza, ma soprattutto esperienze, musicali, video e quant’altro, con – faccio un esempio – gruppi che possono attingere a un repertorio di canzoni “libere” e mettere a disposizione, allo stesso modo, le loro, o filmati da proiettare dove e come si vuole, senza Siae o balzelli da pagare.

Nei fatti, il progetto non è mai partito perché – a parte il grande contributo portato dall’amico Ronnie – non c’è stata l’aggregazione che speravo, al punto che da marzo ad agosto il blog non è più stato aggiornato.

Ora sto provando a rilanciare l’idea, che mi sembra sempre buona, anche come antidoto, piccolo ma necessario, alla religione del mercato, che forse incominciamo tutt*(?) a vedere dove ci sta portando.

Qui sotto ripubblico il post Perché l’appropriazione è debita. Sarebbe bello se ci fosse il contributo di tante, tante persone!

Perché l’appropriazione è debita
da appropriazionedebita.noblogs.org.

Debita è l’appropriazione dei frutti dell’arte e dell’ingegno.

Assurdo è che i concetti, i versi, la conoscenza e l’estro siano legati a un brevetto o sottoposti a diritto d’autore.

Questo blogin attesa di un manifesto più organico che però sarebbe bello fosse partecipato – si incarica di raccogliere materiale artistico e (perché no?) scientifico volutamente sprovvisto di diritti d’autore.

«Del suo lavoro l’autore dovrà pure campare», dice lo scettico.

Mica detto, perché nella vita si può anche lavorare.

Appropriazionedebita, comunque, non rifiuta l’dea dell’arte che diventa professione: l’oggetto, il dipinto, il libro possono essere venduti e comprati. L’idea, l’immagine, le parole devono poter circolare liberamente.

Tutti i lavori pubblicati in questo blog, salvo dove esplicitamente specificato, sono protetti dalla licenza Creative Commons 3.0, che permette il loro libero riutilizzo a condizione di non avere fini di lucro, di citare l’autore e di impegnarsi a non impedire la libera diffusione del nuovo lavoro realizzato.

Per partecipare con opere proprie e segnalazioni, per comunicare e suggerire (e per contribuire a stilare un manifesto decente!), inviate le vostre e-mail all’indirizzo camminante[at]inventati.org.

PS: Ci sarebbe anche bisogno di un bel simbolo per appropriazionedebita…

>>> Nella foto, un particolare del muro di John Lennon a Praga.

 

Pubblicato in Piazzetta della cittadinanza attiva | Contrassegnato , , | Commenti disabilitati su Quando l’appropriazione è debita

Non è un Paese per giovani

I signori di Confindustria magari no, ma i giovani per vari motivi se ne sono accorti: l’Italia non è un Paese per giovani (e nemmeno per vecchi, o per “medi”, se è per questo, anche perché è lo stesso concetto di Paese che sta venendo meno; si pensi allo stato sociale: se uno Stato non è sociale cos’è? monopolio delle forze armate e basta?).

La cosa che stupisce è che veramente ministre e ministri continuino a… somministrare le loro sparate nella convinzione che qualcuno ancora ci caschi. E qualcuno ci casca: sarà mica l’effetto del coro quasi senza stonature dei media?

Nella vignetta di Ronnie Bonomelli (riproducibile liberamente senza fini di lucro e citando l’autore come previsto dalla licenza Creative Commons 3.0) un’impagabile Elsa Fornero è alle prese con le sue ricette per i giovani. E forse alla fine sono i liberisti che mangiano i bambini.

>>> Clicca sulla vignetta per ingrandirla.
>>>
Trovi altre opere dell’autore nel blog appropriazionedebita.
>>> Leggi anche Non è un Paese per vecchi.

Pubblicato in Orwell (fascismi, sessismi, controllo, censura), satira | Commenti disabilitati su Non è un Paese per giovani