Appunti


In un dettaglio di città
che ricorda Venezia, appena oltre un cancello in ferro, con l’opportunità di sedersi su un muretto ad ammirare il cielo sulla testa, i balconi e le finestre della casa a mano manca, il vialetto, la corte, le piante.

Sull’altro lato, oltre il cancello, il flusso della gente che passa, il suono delle voci come acqua, quasi vi fosse davvero un canale.

Idea: una camminata di un giorno o di mezza giornata [probabilmente la farò il 6 gennaio e poi ne darò conto; potreste farla anche voi e raccontarla qui], partendo dalla città e poi inoltrandosi, dilungandosi, inerpicandosi da qualche parte fuori; annotare su un taccuino una serie di nomi: i luoghi attraversati, le singole vie “in ordine di comparizione”.

Idea: cogliere scorci insoliti di paesaggi noti; scorci che rimandino ad altri luoghi.

Idea: entrare al bar per un caffè.

Bar, La Stampa: forte sintonia tra il papa e Mario Monti, benedizione del Vaticano per la «salita in politica» del presidente del consiglio. Che cosa piace di Monti alla Chiesa cattolica? Gesù non era venuto per gli ultimi, per i poveri? Benedetto XVI è disposto a dichiarare ufficialmente urbi et orbi che la Chiesa vede con favore o almeno considera necessario lo smantellamento, in atto, dello stato sociale e dei diritti del lavoro? O la sintonia riguarda i privilegi concessi alla Chiesa nonostante la crisi (mancato pagamento dell’Imu, finanziamento alla scuola privata, ecc.) e il timore che qualcuno finisca per riconoscere i diritti civili alle coppie omosessuali? È questa la politica «alta» che piace a Monti e alla Chiesa?

In cielo, oltre la linea dei tetti, il sole indora grosse nubi “a portaerei”; la spuma grigia bordata di batuffoli bianchi assorbe i raggi e si accende di luce. Stradina: qualche passo dalla parte di qua; costeggio le impalcature addossate a una casa in ristrutturazione, infilo un portico, m’insinuo in un cortile (un parcheggio) privato. Odore di ammoniaca. Svolto e sbuco nel parchetto lungo le mura romane.

Tourneuve, la torre d’angolo (nord ovest) della cinta muraria di Aosta. Ricostruita nella seconda metà del XIII secolo, è attualmente in buono stato di conservazione. Di forma cilindrica, è un po’ inclinata verso ovest, a salutare il sole che tramonta.

Più su, lungo la statale, c’è quell’atmosfera strana che in genere prelude ai ricordi.

>>> N.B: quella nella foto non è né Aosta, né Venezia: è Parigi.

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La Slut Walk delle parrocchiane – da Abbatto i Muri

Sulla triste (sconfortante) storia del parroco di Lerici, che con i suoi manifesti invita le donne a fare autocritica perché, se vengono uccise così di frequente dagli uomini evidentemente un poco se lo meritano, ho letto un ottimo post che ripubblico, prendendolo dal blog Abbatto i Muri.

Al di là delle sparate del singolo individuo (le quali troppo spesso sono avallate da certi silenzi o viceversa da certi interventi delle istituzioni, non solo religiose), quando si parla di femminicidio bisogna fare molta attenzione, sia perché a volte si finisce con il colpevolizzare la vittima, assolvendo di fatto il suo aggressore, sia perché c’è sempre chi è in cerca di pretesti per invocare una restrizione delle libertà – femminili e di tutt* – allo scopo di «proteggere», di volta in volta, le «nostre» donne, i «nostri» bambini o la popolazione nel suo insieme (vi dice niente la lotta al terrorismo?).

Off topic, perché il punto non è questo: Al parroco di Lerici non parlo: non credo che ascolterebbe. Ma se mi ascoltasse, gli consiglierei di rileggersi il vangelo.

La Slut Walk delle parrocchiane – dal blog Abbatto i Muri.


Di tutta questa faccenda la parte più interessante è quella che parla di parrocchiane che manifesteranno in minigonna. Perché poi, in generale, mi sembra tutto abbastanza deprimente. Lo è il fatto che si chiamino ad intervenire patriarchi per “aggiustare” la voce di altri patriarchi facendo in modo che si adeguino ai tempi e alle urgenze elettorali. Lo è il fatto che non si sappia produrre una sola alternativa che non sia la gogna e la censura, a legittimazione di un entourage a tutela della dignità delle donne fatto di censori, sbirri, indignati, affrante e incazzate signore che – e spero di ricalcare uno stereotipo anche se so che non è così – si fanno ancora teleguidare dal volere della Chiesa quando si tratta di contraccezione e legge 194 ma storcono il naso quando si parla una lingua che oramai credo sia soltanto di poche persone, pochi uomini.

L’estremista delle posizioni neomachiste messo alla gogna da chi fiuta la notizia, sempre per quella storia che produrre indignazione, specie se si tratta di violenza sulle donne, fa aumentare le vendite dei giornali e procura tanta audience (immagino puntatone di programmi pomeridiani con vescovi e parlamentari di destra a ribadire la sacralità del corpo delle donne), è utilissimo a chi ha bisogno di realizzare la perfetta simmetria tra martiri, le donne, e tutori (o tutrici comunque facendo parte di un sistema tutoriale istituzionale). Trovato l’estremista che oggi è lui e domani chissà, si legittima l’idea che vi sia una sorta di controllo sociale necessario a delimitazione di pensieri e opinioni e a soddisfazione della pubblica morale.

Vedete? Dicono gli ipocriti tutori, Continua a leggere

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Semplici verità


Berlusconi
, di suo, è solo un po’ peggio di Monti e solo dal punto di vista individuale. Alla prova dei fatti, per il Paese, Monti è stato nettamente peggio del suo predecessore. Al (poco) Cavaliere, si dica ciò che si vuole, vanno infatti riconosciuti due pregi incontestabili, qualità non da poco nell’Italia di oggi: il fatto di aver avuto un’opposizione (ancorché labile), e il discredito internazionale di cui è ammantato, elementi che gli hanno impedito di realizzare le cattive riforme che pure avrebbe voluto fare, quelle che Monti invece ha realizzato e che manderanno definitivamente in malora l’ex Belpaese.

Il punto non è se uno balla o non balla il bunga bunga, se piace o non piace a Berlino. Ciò che importa è sapere qual è la sua ideologia e perché piace a Berlino.

>>> La vignetta con Monti “manovroso” è opera di Ronnie Bonomelli.

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A chi giova la morte (politica) di Femminismo a Sud? – da Abbatto i muri

Si fa un gran parlare di libertà e infatti siamo perfettamente liber* di scegliere chi essere tra quattro o cinque soggetti scritti da altr* e dunque facili da controllare. Ma guai a chi devia dal copione, magari per l’irresponsabile, estremista scopo di affermare se stess*, di realizzarsi nella propria unicità.

Da Femminismo a Sud, che – a sua volta – mutua il post da Abbatto i muri.

[M.B.]

A chi giova la morte (politica) di Femminismo a Sud?
da Abbatto i muri.

Le femministe autoritarie vanno a scuola dalle militanti antiautoritarie per sdoganare autoritarismo. Prendono in prestito simboli, parole, cose che stuzzicano l’immaginario militante per sdoganare metodi autoritari.

Sono quelle che vogliono censurare, produrre indignazione e istigare al linciaggio contro quella o la tal’altra persona che ha prodotto qualunque cosa che a loro avviso abbia in qualche modo offeso la loro morale, perché di morale pubblica e di decoro stiamo parlando ed è quello che in parole moderne, in modalità totalmente revisionista, si chiama difesa della dignità delle donne.

Quella presunta e indispensabile difesa si compone di ronde virtuali attraverso le quali si invita al pestaggio mediatico contro qualcun@ che ha scritto o illustrato cose che non piacciono. Non si fa satira, controinformazione o cultura. Non lo sanno fare. Non sanno fare altro che esigere linciaggi e censure. Si chiede di coprire culi, tette, di oscurare siti e forum, di far chiudere pagine facebook e di occultare tutto l’occultabile.

Le ronde virtuali antisessiste sono diventate miste e tra loro trovi anche i tutori più patriarchi dei patriarchi stessi che pur di “salvare” le fanciulle coprirebbero culi strappando manifesti con i denti o occultando corpi con giubbotti e facendo denunce alla postale per tirare giù interi siti.

Tutto ciò Continua a leggere

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Anarchici distratti cadere giù dalle finestre

Il titolo è una canzone famosa.

Il riferimento è all’anarchico Giuseppe Pinelli, che il 15 dicembre di 43 anni fa moriva cadendo giù da una finestra della questura di Milano, dov’era trattenuto per «accertamenti».

Dopo 43 anni, non sono state ancora appurate le responsabilità di quella morte.

Cose che accadono in Italia.

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Intervista a Francesca, 21 anni, attivista No Tav ai domiciliari


Ri-pubblico
dal sito www.notav.info, cui rimando per un’informazione non omologata sulla Val di Susa e la questione Tav. Ecco il volto dei pericolosi «estremisti» che agitano il sonno di tanti «responsabili» e «moderati».

Intervista a Francesca, 21 anni, attivista No Tav ai domiciliari
di Virginia Giustetto – Retrò online.

Francesca siede di fronte a me: il caschetto biondo corto mette in risalto due occhi azzurri profondi che scrutano la realtà che ha di fronte; dopo tredici giorni agli arresti domiciliari che l’hanno costretta dentro le mura di casa – no visite, no uscite, no sms, chiamate, né facebook – è finalmente tornata all’aria aperta.

– È venuto di colpo l’invernomi ha detto sorridendo mentre mi veniva incontro – rinchiusa in casa non me n’ero accorta.

Il 29 novembre, infatti, a seguito dell’intrusione nella Geovalsusa srl, ditta che si è aggiudicata parte degli appalti per il progetto, lei ed altri sei ragazzi sono finiti agli arresti domiciliari, finché il Tribunale del Riesame non li ha revocati due giorni fa, e sostituiti con l’obbligo di firma giornaliera in caserma.

Da quanto tempo vai in Val di Susa e perché sei No Tav?

Vado in Valle dall’Estate del 2009, quando a Venaus si tenne il campeggio No-Tav che è organizzato tutti gli anni. Era il periodo dell’Onda e della mobilitazione studentesca; si dibattevano molti temi e uno di questi fu proprio il progetto dell’Alta Velocità in Val di Susa. Il campeggio fu un’occasione per approfondire l’argomento e cominciare a raccogliere informazioni a riguardo.

Come mai sei finita agli arresti domiciliari? Come è andata veramente quel giorno?

Il ventiquattro agosto si organizzò un presidio; una cinquantina di persone decisero di muoversi in direzione della ditta e lì ci spartimmo i compiti: qualcuno rimase di sotto a fare volantinaggio, altri – compresa la sottoscritta – suonarono al campanello e si fecero aprire. Eravamo tutti a volto scoperto, ci fu consentito di entrare e una volta dentro dialogammo senza alcun rancore con i dipendenti, spiegando loro le posizioni che sostenevamo. Fu appeso uno striscione al balcone e sempre lì venne acceso un fumogeno. Dopo circa un’ora arrivò la polizia e la cosa finì.

Credi che la misura che hai ricevuto sia giusta o al contrario la ritieni esagerata?

Credo ci sia sproporzione tra i fatti che accaddero e la pena assegnata. Siamo stati accusati del reato di violenza privata, resistenza, minaccia ai dipendenti e uso di esplosivo, per il fumogeno che fu acceso. Ma la nostra non fu un’irruzione violenta. Suonammo un citofono e ci fu aperto. L’accusa di resistenza, secondo la Procura, è dovuta al fatto che all’arrivo della Digos i ragazzi che stavano di fuori crearono un cordone per non fare entrare la polizia; mentre la minaccia ai dipendenti fu del tutto inesistente. Chi era lì lo sa, parlammo con loro in maniera pacifica e costruttiva, senza mancare di rispetto a nessuno.
Credo tuttavia che la durezza della pena avesse anche l’obiettivo di riscuotere una certa visibilità; non a caso la decisione è giunta pochi giorni prima della grande manifestazione di Lione.

Perché una ragazza di 21 anni, di “città”, anziché rimanere “distaccata” come tanti di noi, sceglie di prendersi cura di ciò che avviene in Val Susa, al punto da “andare contro la legge”?

Il passo in avanti del Movimento No Tav è stato quello di mettere in discussione un intero modello di sviluppo, che analizza questioni relative all’ambiente, all’economia, alla situazione sociale del nostro Paese oggi. Si contesta l’intera impostazione del progetto, e lo si fa a prescindere dall’area prescelta. Ci si sensibilizza su argomenti che abbracciano più di un ambito e che chiamano in causa i giovani in primis. Si tratta del nostro futuro e io credo che un’altra prospettiva sia possibile.

Cosa farete ora che Monti e Hollande hanno recentemente firmato a Lione l’approvazione del progetto?

Noi continuiamo ad oltranza, ostacolando i lavori. In realtà il vertice di Lione non ha fatto passi avanti. Si sono sancite cose già pattuite in passato. Inoltre la Corte dei Conti francesi ha recentemente redatto un fascicolo di studi a riguardo, in cui scoraggia l’investimento adducendo diverse motivazioni.

Leggendo i giornali si è spesso parlato di frange violente del movimento. Tu credi che la violenza sia uno strumento necessario in situazioni come queste? Qual è l’apporto reale dei centri sociali, di cui tanto si è parlato negli ultimi due anni di lotta?

Innanzitutto ritengo ci sia un problema di informazione. Con gli anni sono nati alcuni mezzi di informazione No Tav (vedi www.notav.info/ ndr), ma hanno poca risonanza o certamente inferiore ai grandi quotidiani.
È bene ricordare che il Movimento No-Tav tiene assieme le anime più disparate: dal pensionato, alla madre di famiglia, al ragazzo del Centro sociale, al sindaco di un Comune della Valle.
Ma vi sono alle spalle oltre vent’anni di Movimento, che col tempo ha attraversato diverse fasi; quando ancora le ruspe non c’erano si è puntato molto di più sull’aspetto di diffusione delle informazioni, che in quel momento sembrava la cosa più utile da fare. Dopo l’occupazione militare, l’obiettivo è diventato quello dello sgombero, così è diventato inevitabile scontrarsi con la polizia. Ma lo scontro non è mai l’obiettivo che ci poniamo, né l’unica forma. Il punto è che la polizia è l’”ostacolo”, ossia ciò che separa quello che il Movimento si pone come obiettivo e l’obiettivo stesso: lo sgombero delle forze militari.
Quando un anno fa si parlò di Black Block, noi tutti ci opponemmo alla possibilità di condividere la nostra lotta con elementi del genere; tutti coloro che vengono da fuori – altre città d’Italia o dalla Francia – hanno lo stesso nostro obiettivo, compresi i ragazzi dei Centri Sociali, su cui i media si sono tanto concentrati. Alcuni di loro appartengono al movimento dalle sue origini, si parla di quasi vent’anni di contributo, ben prima che le lotte definite “violente” cominciassero.

C’è qualcosa che credi che i media tendano spesso a nascondere o mascherare?

La mistificazione più grossa riguarda la composizione del Movimento, soprattutto per quanto riguarda ciò che si è detto nell’ultimo anno. Si è tentato di separarlo in due parti: valsusini e violenti. Questo porta la gente a pensare cose ben lontane dalla realtà. I miei genitori, che leggono La Repubblica, pensano questo, mentre io so bene che non è così: non c’è questa divisione netta. Gli stessi che camminano pacificamente nella Valle, organizzando assemblee, momenti di incontro e tentativi di dialogo, possono poi finire davanti alla polizia, per manifestare il loro dissenso. E se la polizia inizia a lanciare fumogeni, allora vengono ritenuti violenti.
Solo qualche giornalista ha descritto con veridicità ciò che accade, anche perché sono in pochi a venire fin qua. Mi viene in mente Cosimo Caridi, un ragazzo che scrive sul Fatto e che spesso è stato con noi.

Come credi che finirà il tutto?

Non lo so, ma credo che il movimento No Tav abbia le forze e la possibilità di vincere questa battaglia. Poi bisogna tener conto che anche chi sostiene il progetto sa di aver di fronte molte difficoltà: ad esempio non è pensabile di poter mantenere per vent’anni un corpo militare che richiede 90 mila euro al giorno.

Una delle parole chiavi dei sostenitori è progresso. Cosa ne pensi?

Progresso vuol dire tutto e niente. Cosa significa? Noi non guardiamo alla preistoria; crediamo semplicemente che se si vuole andare avanti proiettandosi verso il futuro sia giunto il tempo di valutare un modello di sviluppo alternativo sostenibile.
Questo, per noi, è progresso.

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Scelte

Chiedere più soldi per la sanità pubblica è sbagliato. Costa. E poi va a finire che dobbiamo rinunciare ai cacciabombardieri F-35. O alla Tav. Un poco di responsabilità, che diamine!

Aderisci anche tu al Movimento degli Irresponsabili estremisti.

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