Signor Ministro, circa gli incendi…

 Roghi? Non è meglio al naturale?
 
 
Alla cortese attenzione del Ministro all’Ambiente, On. Alfonso Pecoraro Scanio
 
 Gentile Ministro.
 
 
Mi chiamo Mario Badino e sono un cittadino italiano. Le scrivo a proposito della piaga degli incendi, che anche quest’estate si sta portando via decine di migliaia di ettari di bosco, il che mi ferisce profondamente. M’indigna pensare che questo fenomeno si ripeta puntualmente tutti gli anni, senza che ancora nessuno sia riuscito a fermare i piromani. Privare un territorio della sua vegetazione non significa soltanto provocare un danno ambientale, ma (e forse in primo luogo) cancellare la bellezza di una zona, colpirne – se non azzardo troppo – l’anima. Numerose, poi, sono le ricadute a livello sociale, perché non siamo fatti per abitare deserti di cemento (e anche perché il cemento qualcuno ha interesse a produrlo).
 
Fine della parte lirica. Sui giornali degli ultimi giorni è un susseguirsi di notizie dolorose, ma anche di rimpalli di responsabilità, polemiche su Canadair richiesti e mai arrivati, sul numero di vigili del fuoco e forestali impiegati per affrontare l’emergenza, sulla loro precarizzazione in nome di ragionamenti economici. Non mi soffermo, poi, sulle polemiche del centrodestra, che sembra aver dimenticato di aver governato cinque anni e di aver tagliato, durante il governo, i fondi destinati a queste categorie di professionisti. Un centrodestra, se non erro, particolarmente agguerrito nei confronti suoi e del suo Ministero.
 
Potrei solidarizzare con lei, tutto sommato; e invece qualche critica voglio muoverla anch’io.
 
È mai possibile, Signor Ministro, che in questo Paese non si possano vincolare seriamente le zone colpite da un incendio doloso, in modo che nessuno abbia poi a costruirci sopra? A quanto mi dicono, l’osservanza del vincolo è delegata ai comuni, i quali hanno facoltà di concedere deroghe. Dovrà convenire che, in questo modo, per trasformare un’area vincolata in zona edificabile, è sufficiente mettersi d’accordo. Per quale ragione, allora, non provare a proporre un meccanismo diverso, che impedisca qualsiasi accordo tra impresari edili e amministrazioni? Perché non vincolare davvero e senza eccezioni – su iniziativa dello Stato – le aree colpite da rogo?
 
Alcuni giorni fa sul manifesto ho letto un fondo di Massimo Serafini, che affermava l’opportunità di istituire un «catasto delle aree […] percorse dal fuoco», per poterle vincolare, impedendo qualunque speculazione nei territori incendiati. A quanto pare, dove questa responsabilità è stata assunta dalle amministrazioni comunali, come in Liguria e in Toscana, la piaga degli incendi boschivi si è ridotta. Dove il catasto non è stato approntato, invece, i roghi sono aumentati. Non hanno proprio nessuno strumento il suo Ministero o il Governo per costringere i comuni a predisporre un registro delle zone bruciate? Non è possibile punire, oltre al piromane, anche il comune inadempiente che, coi suoi ritardi, metta a repentaglio la sicurezza del territorio?
 
Ultimo punto. Siamo sicuri che non si possa in alcun modo derogare alla legge liberista che vuole il mondo del lavoro «flessibile», cioè precario, almeno quando si parla di servizi essenziali per la società, come i servizi antincendio? O all’altra legge, liberista pure quella, per cui la spesa pubblica va contenuta al massimo? Abbiamo sentito parlare di stagionali non pagati, di forestali che appiccano il fuoco per procurarsi il lavoro, per non parlare dei pompieri rimasti a corto d’acquaÈ questo lo stato dei servizi pubblici nell’Italia del XXI secolo? E il suo Ministero non ha niente da dire al signor Padoa Schioppa? Neppure a nome di un cittadino esasperato?
 
Ho provato a dare qualche spunto. Se serve…
 
Mario Badino

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Comunità in lotta

 Comunità in lotta - Le immaginiDa qualche giorno, nella colonna di destra del blog, compare un banner nuovo, quello raffigurato più in grande qui accanto. Si tratta di uno strumento per rendere più accessibili le foto delle manifestazioni alle quali ho partecipato, in modo da evitarne la dispersione nel coacervo di materiale raccolto in queste pagine.
 
Il filo conduttore che idealmente unisce Vicenza a Roma, al piccolo vallone montano di Comboé (eccetera), è dato dall’identità delle varie lotte: lotte comunitarie o, comunque, lotte di movimenti popolari, di chi si muove per rivendicare che (anche se certi slogan li detesto) un mondo migliore è possibile – a patto che non si resti con le mani in mano! Perché un mondo migliore va costruito fattivamente, giorno per giorno. Le immagini delle manifestazioni, in questo senso, sono un invito a non dimenticare, a non arrendersi, a non perdere il gusto della lotta.
 Per questo qui di seguito si trovano i rinvii alle immagini e ai siti delle comunità che si battono per il proprio territorio, pensati come uno strumento per rendere più facile la consultazione e orientarsi meglio all’interno tanto dei relativi album, quanto dei ricordi personali. Tutti possono partecipare alla costruzione di questo archivio – ne sarei contentissimo – inviando materiale fotografico proprio. Ogni nuovo apporto sarà inserito nell’apposita categoria, indicando il nominativo del “donatore”. Dove non specifico nulla, si tratta di foto mie.
 
Chi fosse interessato a collaborare dovrebbe semplicemente inviare le foto all’indirizzo info.blog@libero.it, specificando il proprio nominativo e spiegando brevemente di che cosa si tratta (es. Manifestazione No Dal Molin di Vicenza, 17 febbraio 2007).
 
 
Alcune fra le principali realtà di lotta comunitaria in Italia adersicono al Patto di Mutuo Soccorso.
 
 Le foto della manifestazione No Dal Molin di Vicenza (15 dicembre 2007)

 Le foto mie della manifestazione No Dal Molin di Vicenza (17 febbraio 2007)
 Le foto della manifestazione No Dal Molin di Vicenza (17/02/07) di Francesco Buratti
 
Siti dei movimenti No Dal Molin: Altravicenza; No Dal Molin; Presidio PermanenteIl Boccale di Vicenza.
 
 
Le foto della manifestazione No F-35 di Novara (19 maggio 2007)
 
Sito del movimento No-F35.
 
 
Le foto del No War No Bush Day di Roma (9 giugno 2007)
 
 
Le foto della Terza Marcia a Piedi a Comboé (17 giugno 2007)
 
Sito degli Amici del Vallone di Comboé.
 
 Le foto della manifestazione del 20 ottobre a Roma
 Sito della manifestazione
.
 
 Le foto della manifestazione Prendiamoci le mani, non le impronte! (Aosta, 14 luglio 2008)
 
 
Altri siti delle comunità in lotta: No Tav, No Triv, San Pietro di Rosà, Acqua Bene Comune.

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A proposito di Torre Guaceto e altri paradisi incendiati

 Ulivo secolare tra Serranova e Torre GuacetoVisto che in questo momento mi trovo in Valle d'Aosta, potrà sembrare strano, ma ieri sera sono entrato in possesso di una copia del Quotidiano di Brindisi, per leggere la cronaca della giornata terribile della riserva di Torre Guaceto. Fortunatamente, rispetto ai toni che ho utilizzato ieri («la riserva è morta»), sembra sia lecito maggior ottimismo: vigili del fuoco e guardie forestali dovrebbero essere riusciti a scongiurare i pericoli maggiori, impedendo alle fiamme di raggiungere la parte centrale dell’oasi. L’incendio, comunque, è andato avanti per ore, distruggendo numerosi ettari di canneto e macchia mediterranea, in una zona abitata da rettili (serpenti, tartarughe) e altri animali acquatici.
 
Dopo le fiamme, nella lunga fascia a ridosso della superstrada (dove, se non sbaglio, erano tutti eucalipti) è rimasta soltanto «un’immensa pianura nero-fumo», per usare le parole del giornale. Erano 9 anni che la riserva di Torre Guaceto non veniva attaccata dai piromani. Sulle origini dolose dell’incendio, nessun dubbio: il prefetto di Brindisi, Mario Tafaro, parla apertamente di «omicidio» e aggiunge che «i piromani andrebbero condannati allo stesso modo di chi uccide».
 Asfalto crepato che corre tra gli ulivi
Gino Cantoro, vicepresidente del consorzio di Torre Guaceto e coordinatore delle aree protette WWF in Puglia, ricostruisce la giornata: già la mattina alle 11 i piromani avevano tentato di appiccare il fuoco, ma le fiamme erano state subito spente dai soccorritori. Alle 15, però, gli incendiari sono tornati alla carica e, con l’aiuto di un forte scirocco, il rogo si è trasformato in un inferno.
 
«In questo momento è importante fare il conto dei danni», dice Cantoro. «Per fortuna», aggiunge, «la macchia mediterranea non è stata eccessivamente coinvolta». Le conseguenze, insomma, potevano essere più gravi. Ciò nonostante, è vasta la zona distrutta, anche se il canneto dovrebbe essere ripristinato l’anno prossimo. Continua a leggere

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E ADESSO AMMAZZATECI TUTTI!

 FumoIeri sera, al telefono, ho saputo che la riserva naturale di Torre Guaceto, a due passi da Brindisi, è morta. Qualcuno le ha appiccato fuoco e, mi dicono, le fiamme erano altissime. Non dev’essersi salvato nulla. Torre Guaceto era – è – uno dei miei posti preferiti, quando scendo in Puglia. Per il mare, la costa, la torre e, naturalmente, la vegetazione. Ora la macchia è scomparsa, finiti gli alberi, distrutti i canneti. Chissà quanti animali hanno perso la casa o la vita.
 
Sapevo che da quelle parti volevano costruire un albergo. E che non potevano a causa del vincolo ambientale. Se fossi un poliziotto, avrei una pista da seguire. Se fossi un amministratore, vigilerei affinché il vincolo che tuttora rimane, anche dopo l’incendio, non sia rimosso con una qualche delibera. Ma, siccome non ho cariche, posso solo sperare che la natura si riprenda gli spazi che le sono stati tolti.
 
Torre Guaceto era un’oasi. Appena fuori dei suoi confini, sulla sabbia della spiaggia non è difficile trovare tracce di catrame. La superstrada la lambisce per chilometri. Eppure, nonostante il ciarpame che le onde del mare riversano sulla costa, l’acqua della riserva era limpida – mi piace dire tersa. Potevi avventurarti nella macchia e camminare fino al promontorio con la torre. In primavera tutto era fiorito e l’erba verde faceva pensare alla Scozia.
 
Ammazzateci. Fateci a pezzi! Ci state portando via tutto, state trasformando il Sud e questo Paese in una piattaforma di cemento. Uno zatterone arido in mezzo al Mediterraneo. Bruciate tutto, c’è ancora tanta roba! La Valle del fiume Idro, ad esempio, giusto alle porte di Otranto. Gli ulivi secolari lungo le vecchie provinciali… Fate piazza pulita, che non resti nulla a ricordare che non vale la pena di costringersi a una vita disumana per denaro.

Ulivi secolari a Torre Guaceto

 

Però rivolgo un appello a chi, come me, ami Torre Guaceto: non abbandoniamola, continuiamo a frequentarla, pretendiamo che la macchia sia ripristinata, troviamoci insieme a pulire la costa, organizziamo feste sulla spiaggia, non permettiamo la costruzione di nessun albergo, di nessuna casa! Continuiamo a vivere. E chi non la conosceva, vada a vedere il sito; oggi, ad esempio, mi sono iscritto alla mailing list, per tenermi informato, per non dimenticare…


 La foto della colonna di fumo è di Silvia Rinaldi.
 Gli ulivi della seconda foto fanno parte della riserva naturale di Torre Guaceto. Sono un po' defilati, dall'altra parte della superstrada. Sono ulivi secolari. Spero che il fuoco non li abbia raggiunti.

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L’Oro di Sipakapa

 Sipakapa in lingua Maya significa lucertola. Mesi fa (ma i ritardi stanno diventando una costante di questo blog) ho assistito alla proiezione di un documentario (Sipakapa no se vende), seguito da dibattito, che si è tenuta all’Espace populaire di Aosta. Parlava di un piccolo paese di popolazione indigena Maya, Sipakapa, appunto. I sipakapensi sono solo 14.000 e, secondo l'Accademia Maya del Guatemala, sono tra le etnie umane a più alto rischio d'estinzione sul pianeta. Il problema principale di questa popolazione è l’oro: sulla loro terra hanno messo le mani le compagnie minerarie, nonostante le comunità locali si siano espresse contro lo sfruttamento. Su 13 villaggi, 11 hanno detto di no, uno si è astenuto e uno ha detto sì per tre soli voti. Una compagnia mineraria canadese, la Goldcorp, si è incaricata di estrarre il prezioso metallo. In un paio d'anni, l'acqua ha iniziato a scarseggiare e ora la poca rimasta è inquinata.
Tutti sanno che l'acqua è inquinata e tutti lo dicono, ma senza prove nessuno ti ascolta. Racconto questa storia parte ricorrendo ai miei appunti, parte all’articolo del relatore di quella serata, il naturalista italiano Flaviano Bianchini, attivista per i diritti umani e ricercatore ambientale, disponibile sul sito di Peacelink.
 Flaviano si è recato sul posto per cercare le famose prove. E dopo un anno è riuscito a presentarle: l'acqua della zona è effettivamente inquinata e la colpa è senz’alcun dubbio della miniera – lo studio tecnico è chiaro. Ma la compagnia, che aveva preteso che le accuse fossero provate, non si è premurata di fornire alcuna controperizia, preferendo ricorrere all’intimidazione.
 Le minacce sono iniziate il giorno dopo la presentazione dello studio. Il viceministro delle miniere in conferenza stampa ha accusato Flaviano di essere un falsario e minacciato di sporgere denuncia. Non potendo presentare prove a sostegno delle sue accuse, ha cercato di scoraggiare il naturalista italiano mettendolo sotto pressione.
 
 «Ogni giorno suona il telefono, numero segreto, voce lontana e avvisi più che espliciti. Sotto casa c'è sempre la stessa macchina con i vetri oscurati che se ne va appena entri o esci; la macchina ha un adesivo sul retro, per fartelo capire: siamo noi. Semplice. Ti rendono la vita impossibile. Fino a quando non cedi e lasci perdere, e vai a fare il classico e normale naturalista da laboratorio che passa la sua vita a studiare la riproduzione asessuata dei protozoi uniflagellati».
 
 Ma le conseguenze dell’estrazione dell’oro si sono rivelate devastanti per la popolazione sipakapense. Molti abitanti sono stati cacciati dai loro paesi, le loro abitazioni sono state bruciate. La mancanza di acqua è oggi un problema enorme. Oppure l'acqua c'è, ma non è utilizzabile perché inquinata.
 
 Alcuni ritratti di bambini delle comunità di El Porvenir e Nueva Palo Ralo, interessate dalla presenza delle miniere:
 
 Lucia ha cinque anni e vive d’aiuti umanitari.
 
 Luís è un ragazzo di tendopoli.
  Continua a leggere

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Prima edizione Aicram Granparadiso estate – I risultati?

 ESCLUSIVO: Aicram ammutinata!
 Presto per voi l'annuncio della nuova data! Aicram Granparadiso estate… Autunno?!
 Potrebbe svolgersi a ottobre, quando il bosco è tutto colorato… Tenetevi liberi!

 
 L'esperimento del 19 agosto (clicca qui per le foto!)
 
 Barbara Tutino e Mario Badino interdetti, sulla linea di partenzaDomenica 19 agosto è stata la tanto attesa giornata della prima Aicram Granparadiso estate, la Marcia al contrario. Mi riesce difficile, però, fornire e commentare i risultati. Innanzitutto: c'è stata la Aicram o no? Quel che è sicuro è che la mattina alle 9.30 nei prati di Sant'Orso, c'eravamo Barbara Tutino e io, unici partecipanti. Io ero reduce da una serata (diciamo piuttosto una settimana) di bagordi, lei non aveva voglia di fare la Valnontey che, di questi tempi, il pomeriggio è troppo affollata. Così, nel pieno spirito della Marcia, l'autogestione è scivolata nell'ammutinamento e abbiamo dirottato la nostra passeggiata verso altri lidi e nuovi itinerari. Per chi conoscesse la zona, dirò che abbiamo seguito la pedonale per Lillaz fino a Champlong, dove un sentierino ci ha portati in quota, e ci siamo inoltrati nel vallone dell'Urtier. Le foto non le ho ancora scaricate, ma le aggiungerò quanto prima. Posti incantevoli, comunque, e un grazie a Barbara che me li ha fatti conoscere!
 I naviganti più assidui, nonché gli amici della Marcia, hanno certamente capito che la mia compagna di gita è la stessa Barbara Tutino che aveva dichiarato, in occasione della Marcia di luglio, che dopo 40 km di gara inerpicarsi sul sentiero per Les Ors era "un'idea da dementi". Bè, durante la camminata di ieri c'è stato lo spazio per un chiarimento, cui deve seguire pronta rettifica: Barbara non ha mai detto "un'idea da dementi", ma "un'idea demenziale". Ieri, comunque, abbiamo trovato un accordo, convenendo su un aggettivo nuovo: il tratto di Les Ors, d'ora in poi, dovrà essere considerato "un'idea criminale". Non per questo verrà escluso dalla Marcia!


La foto che compare in questo articolo, così come l'altra presente nell'album che ritrae i concorrenti alla partenza, è di Paolo Rey. Le altre sono mie, tranne quella che mi raffigura seduto sulla panchina delle baite di Etzeley, che è di Barbara Tutino.

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Una lettera a Caruso

Lavori in corso Il 2 giugno, per festeggiare la Repubblica italiana, avevo pubblicato un elenco dei morti sul lavoro a partire dall’inizio dell’anno, tratto dal blog Guerrilla Radio. Da allora, purtroppo, la lista s’è allungata.
Recentemente Walter Veltroni, candidato di punta alla leadership del nascente Pd, ha dichiarato che la sicurezza non è «né di destra né di sinistra». Ma dubito si riferisse a quella sul lavoro… Destra e sinistra sono infatti troppo impegnate a commentare le parole di Francesco Caruso, deputato eletto con Rifondazione, secondo il quale la responsabilità delle morti sul lavoro ricade sull’ex ministro Treu e su Marco Biagi, autori delle ultime riforme del mondo del lavoro. «Assassini», li ha definiti l’onorevole Caruso. Ha fatto bene o ha fatto male? Penserà ognuno quello che vuole; il mio parere l’ho inviato all'interessato con questa lettera. Mi piacerebbe sapere che cosa ne pensa il navigante; se volete, lasciate un messaggio…
 
 Caro Francesco,
 
 anche se non ci conosciamo, mi permetto di darti del tu perché più o meno dovremmo avere la stessa età e perché non mi sembri uno che si formalizza. Quindi vengo al dunque e ti dico subito ciò che penso: secondo me hai sbagliato.
 Hai sbagliato nel dare dell’assassino a Marco Biagi e Tiziano Treu. Non perché non se lo meritino (la precarietà uccide, lo sanno tutti, al massimo potevi concedere l’attenuante della buona fede – non si sa mai… – e parlare di omicidio preterintenzionale).
 Hai sbagliato perché dovevi sapere che le tue parole avrebbero scatenato un putiferio strumentale e controproducente, dovevi sapere che in tanti, a destra come a sinistra, si sarebbero buttati a pesce sull’occasione che fornivi per spostare il discorso dal tema delle morti sul lavoro al piano dell’insulto personale.
 Hai sbagliato perché quei signori fanno casino, non fanno politica, ma chi non è con loro dovrebbe cercare di fare politica, non casino.
Così, ora che ti sei autosospeso, l’ex ministro Treu può gridare che non gli basta, quasi che spettasse a lui decidere…
 Hai sbagliato, allora. Le tue sono «parole indegne» – lo ha detto il Capo dello Stato. Persino il manifesto, che di precarietà e incidenti sul lavoro parla un giorno sì e l’altro pure, ti ha dato addosso: secondo galapagos, sei vittima del tuo «protagonismo». Ha ragione? Forse no, forse volevi solo richiamare l’attenzione sulla strage quotidiana che insanguina i nostri cantieri; volevi spezzare la cortina d’ipocrisia che ottenebra la vista a molti parlamentari… Ma adesso, quando tu o qualcun altro riprenderete il discorso e lotterete contro la trappola della flessibilità, gli “altri” avranno buon gioco nel dire che coi Caruso non si può discutere, perché per loro sarai sempre quello che ha definito assassino il “martire” Marco Biagi.
 È rivoltante l’ipocrisia di chi ha approfittato delle tue parole per trasformare in cagnara i fatti (1300 morti sul lavoro lo scorso anno, quasi 500 nei primi sette mesi del 2007). Allo stesso modo, è rivoltante che la «diplomazia» imponga di baciare e abbracciare i Bush e gli Olmert quando vengono in visita a Roma. Ma un po’ di diplomazia va appresa: lo so, contro l’apparato dei media si può ben poco… Ma per la maggioranza degli italiani (spero tanto di sbagliarmi, ma non so) il governo è veramente ostaggio della sinistra radicale quando, in realtà, la sinistra a sinistra del Pd ha perso una dopo l’altra tutte le sue battaglie. Ma chissà che, dopotutto, un poco di diplomazia non aiuti? In fin dei conti, viviamo in un Paese in cui è considerato terrorismo dire che la Chiesa non è evoluzionista, o che ha fatto il funerale a Pinochet, ma non a WelbyPerché lasciare che la forma delle parole getti ombra sul contenuto del discorso?
 Passione, dunque, ma con cautela. Soprattutto se si crede che ancora vi sia spazio per l’azione di chi non s’accontenta del mondo felice del liberismo assassino
 Scusa lo sfogo,
 Mario Badino

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