Rosarno. Il padrone bianco ha ribadito chi comanda

 Leggo su Libero News (il gestore di posta elettronica, non il fogliaccio diretto da Belpietro) che i vigili del fuoco hanno iniziato a demolire le strutture in disarmo dell’ex Rognetta, il deposito alimentare alla periferia di Rosarno occupato dagli immigrati protagonisti della rivolta di giovedì scorso. «Le ruspe», dice l’articolo, «hanno iniziato ad abbattere le strutture realizzate dagli immigrati all’esterno della fabbrica e nelle prossime ore verrà demolito anche il capannone principale dove gli stranieri hanno realizzato decine di baracche con cartone, plastica e lamiera».
 Sono le abitazioni in cui i nuovi schiavi dell’Italia dei silvi e dei maroni (non tanto diversa, ahinoi, da quella dei prodi e dei bersani) convivevano con i topi e si ammalavano di patologie respiratorie perché per scaldarsi accendevano fuochi nel chiuso dei locali. L’articolo descrive gli oggetti abbandonati dagli immigrati, «partiti in tutta fretta» e anche Libero News, che certo non appartiene a una qualche sinistra sovversiva, sembra impietosirsi: «hanno lasciato tutto quel poco che avevano: decine di biciclette con cui raggiungevano i campi per raccogliere arance e mandarini, vestiti, pentole e utensili da cucina, bombole del gas. Nelle baracche ci sono ancora letti, coperte, resti di cibo, centinaia di carpe e in qualche caso anche valigie che gli immigrati non hanno fatto in tempo a prendere».
 Gli immigrati di Rosarno si disperdono per le campagne per non essere arrestati, in balia della vendetta della ‘ndrangheta, o dei “bravi cittadini” italiani. Altri vengono scortati dalle forze dell’ordine: lontano, per non essere linciati. Saranno rinchiusi in qualche Cie ed espulsi, nel nome della «tolleranza zero» del ministro dell’interno. Intanto, i “superstiti” si ricomporranno, oppure nuove leve saranno chiamate per la raccolta degli agrumi, o di ciò che matura dopo i mandarini, perché le mafie e gli imprenditori agricoli hanno bisogno di manodopera in nero. L’importante è che chi ha osato alzare la testa abbia pagato. L’importante è ribadire chi comanda.

 Intanto al Viminale si cerca alacremente se tra i cesti natalizi giunti in regalo è rimasto ancora un poco di champagne (o sciampagna, se la lega potesse ammettere apertamente la propria natura fascista). C’è da festeggiare la buona riuscita del pacchetto sicurezza, con le ronde – spontanee, in questo caso, ma che importa? – che hanno garantito la partecipazione attiva dei cittadini alla gestione della forza pubblica. Nei giorni scorsi, nelle strade di Rosarno (Italia!), la gente girava armata di spranghe o fucili, desiderosa di “farsi giustizia” da sola, disposta a mettere da parte le regole della civile convivenza, ansiosa di procedere al linciaggio dei «negri», rivoltatisi contro il padrone bianco, la cui «sicurezza» è stata per una volta insidiata.

 Inutile dire che le condizioni per cui i disordini si sono potuti produrre non sono state rimosse, né è in previsione di farlo. Si condanna la «tolleranza», mentre rimane in vigore la legge Bossi-Fini, fabbrica di "clandestinità-dunque emarginazione-dunque (anche) delinquenza"; vengono abbattuti i capannoni degli schiavi ma non si pensa a trovare per loro e per gli altri stranieri presenti nel Paese una sistemazione decente; non si prende in considerazione l’idea di promuovere quelle politiche di integrazione che sole potrebbero prevenire episodi come quello di Rosarno. Nessuno si felicita per le auto bruciate o fatte segno del lancio di sassi, ma a chi va addebitata la responsabilità maggiore, quella profonda? Non chiederemo conto di nulla alla politica che non si cura della condizione disperata di tanti (non)cittadini? E la polizia “tollerante-zero” del ministro Maroni non interviene contro gli imprenditori senza scrupoli che sfruttano esseri umani in barba all’umanità, alle leggi dello Stato e al fisco? Molto più facile prendersela con l’anello debole della catena. Rinvigorire la propria campagna elettorale con operazioni di marketing della violenza.

 Intanto continuano le misure razziste del governo. La signora con gli occhiali colorati che cerca in ogni modo di sfasciare la scuola (il luogo in cui si costruisce il futuro della società) ha stabilito che il numero di alunni stranieri presenti in una classe non potrà superare il 30% del totale. Lo ha stabilito lei, per evitare le classi-ghetto, sia chiaro! Lo ha stabilito nel suo ufficio di Roma, incurante della didattica e delle sue ragioni, del fatto che certe scelte non possono essere prese una volta per tutte, ma vanno adeguate a un preciso contesto locale. Solo gli insegnanti di una scuola possono avere il panorama completo, sapere quando sforare rispetto a una percentuale porta a formare i ghetti e quando invece può essere utile per le esigenze della didattica e persino dell’integrazione. Ma cosa dovranno fare le istituzioni scolastiche che hanno una percentuale troppo alta di studenti stranieri per poterli sistemare nelle classi rispettando il “tetto” previsto da Gelmini? Mandarne qualcuno al Cie più vicino? La risposta la dà l’ineffabile, spiegando che gli alunni stranieri in esubero potranno – bontà sua! – scegliere altri plessi. Per loro, infatti, le regole normali dell’attribuzione di una scuola in base alla residenza non valgono. Continua a leggere

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Linciaggio!

 

 Il sole lascia il posto al vento, che percorre con violenza la main street di Rosarno. Piccoli cespugli tondi rotolano sull’asfalto, sorpassano il saloon «da Morabito» e proseguono fino all’ufficio dello sceriffo, a un passo dalla Chiesa Madre. Nessun rumore oltre al vento. Dopo il trambusto dei giorni precedenti, quando i negri hanno alzato per un istante la testa dal lavoro, la situazione è di nuovo sotto controllo.
 «Ci vediamo stasera a casa del maniscalco» dice la voce.
 Una voce che fa più volte il giro della città.
 
 La notte è buia. Qua e là, come falene attratte dalla luce, alcuni capannelli di persone, armate di spranghe e fucili, si radunano sotto i lampioni del corso. Poi i gruppi confluiscono in un unico corteo silenzioso, che raggiunge l’edificio e si ferma in attesa. Il maniscalco esce dal portone, con la tranquillità di chi va a farsi un goccio di liquore al saloon di Morabito. La corda che ha in mano, però, sembra indicare altri programmi.
 
 
Ciccio, il postino, apre la porta della rimessa. Il negro è legato a un pilastro, la faccia premuta contro l’intonaco.
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Un Paese razzista

 

 
 Quando
le vittime passano per oppressori, magari perché nei disordini è
bruciata la macchina di quello che non c’entrava nulla; più
probabilmente perché è stata incendiata anche quella di chi con il
clima d’odio anti-straniero c’entra eccome (mi riferisco al normale
cittadino); quando chi vive e lavora schiavo raccogliendo arance o
altra frutta per 20 euro al giorno, pagato o non pagato a seconda
dell’umore del suo aguzzino; quando chi non ha cittadinanza né diritti
è costretto a dormire in casermoni in disarmo, senz’acqua, senza luce né gas;
quando finalmente l’oppresso alza la testa e si ribella, si manifesta,
cerca di spezzare gli equilibri criminali nei quali è stato costretto;
quando tutto questo accade, si trova sempre qualcuno disposto a
ribaltare la realtà, a chiedere la pelle dello schiavo per compiacere
il padrone impermalosito.
 
 Oggi in Italia esiste un sistema
razzista e schiavista
, prepotentemente alimentato dal governo del Paese
e dai media, fortemente voluto dai nostri valorosi imprenditori
bisognosi di carne da fatica.
 
 Quando per reazione a disordini
inevitabili a causa della mancanza di qualsiasi politica d’integrazione
i cittadini girano armati di spranghe e fucili per farsi giustizia da soli e il
ministro dell’interno soffia sul fuoco del linciaggio invece di
spegnere l’incendio; quando si parla a sproposito di tolleranza nei
confronti della clandestinità (Maroni dovrebbe parlare di FABBRICA
della clandestinità, con riferimento alla legge Bossi-Fini, che rende
impossibile la regolarizzazione degli immigrati e li costringe ai
margini della società); quando tutto questo accade, ogni civiltà, ogni
diritto è morto
. I cittadini italiani in cerca di linciaggio, non gli
immigrati, hanno trasformato le strade di Rosarno nella main street di
una città del West.
 
 Trovo sia sempre più urgente mostrare che
cosa sia realmente l’immigrazione in Italia (una realtà produttiva e
assistenziale, una necessità del Paese), ad esempio con lo sciopero degli stranieri
indetto per il primo marzo. Ognun* di noi deve fare tutto quanto è
possibile per smascherare il falso assunto immigrazione-delinquenza.
Anche perché a Rosarno sono i padani che stanno con la mafia.
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Gli stranieri in classe non potranno superare il 30% degli alunni

 Due pesi e due misure, ecco tutto. Se decidono che devono fare una centrale nucleare, allora dobbiamo affidarci ai tecnici, agli addetti ai lavori, perché il cittadino, zotico ignorante, non ha il diritto di porre obiezioni e men che meno di scegliere per se stesso.
 Quando si parla di scuola, invece, sono gli addetti ai lavori (gli insegnanti) che devono stare zitti e ubbidire: il loro parere è del tutto ininfluente.
 Per evitare le classi-ghetto, dice la signora con gli occhiali colorati, la percentuale di stranieri per classe non dovrà superare il 30% del totale.
 Ora, nessun* vuole le classi-ghetto, ci mancherebbe (anche se qualche mese fa era stata proprio questa maggioranza a proporle, se non sbaglio). Ma fissare una percentuale massima di stranieri per classe non è cosa che si possa fare a Roma, al ministero. Decisioni di questo tipo pertengono alla sfera della didattica e vanno prese dagli addetti ai lavori,
volta per volta, all’interno delle istituzioni scolastiche, a seconda della situazione, delle esigenze e del contesto. Continua a leggere

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Lezione di futuro [da Movimento antilega]

 Questa notizia, che diffondo volentieri, è tratta dal blog Movimento antilega e trasmette un poco di speranza per un domani migliore.
 
 Lezione di… futuro!
 [da Movimento antilega]
 
 
 
 
 Ci sono notizie piccole che meritano di essere raccontate, se non altro come auspicio per un futuro migliore rispetto a quello che certa gente vorrebbe per il nostro paese. Un piccolo regalo di speranza dalle mani dei più giovani, che per una volta ancora si dimostrano migliori dei loro genitori.
 
 Lasciate da parte i "White Ch
ristmas" di Coccaglio, i cori negati di Ceresara, la xenofobia di Trenzano. Provate a dimenticare i leghisti inferociti nel consiglio provinciale di Trento che chiedono il licenziamento degli addetti alle pulizie degli uffici consiliari in quanto islamici.
 
 Provate ad immaginare un paese del bergamasco, nella roccaforte leghista con un’amministrazione guidata da un esponente del carroccio, con gli adulti impegnati in una grottesca guerra a cambiare il cartello di ingresso, con la sinistra occupata a difendere il nome italiano "Stezzano" e i leghisti a sostituire la scritta con il nome in dialetto "Stezà".
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Primo marzo 2010, sciopero degli stranieri

 Opera di Giuseppe Cassibba
 Cosa accadrebbe se quattro milioni di persone incrociassero le braccia per un giorno?
 Primo marzo 2010: sciopero degli stranieri.
 Scopri
come partecipare visitando il blog del movimento «Primo marzo 2010».
 Domenica 17 gennaio, ore 11.30, Milano: partecipa alla presentazione ufficiale del movimento.
 
 Che cosa succederebbe
al nostro Paese se all’improvviso venissero a mancare i milioni di stranieri che vi lavorano e ne garantiscono, in molti casi, il funzionamento?
 Su Facebook è nato il gruppo «Primo marzo 2010 sciopero degli stranieri», che «si propone di organizzare una grande manifestazione di protesta» e far così «capire all’opinione pubblica italiana quanto sia determinante l’apporto dei migranti alla tenuta e al funzionamento della nostra società». La manifestazione è prevista per lunedì 1° marzo 2010 e gli organizzatori sperano che il passaggio dalla rete alle piazze possa bissare il successo di partecipazione del No B-Day.

 «Questo gruppo nasce meticcio ed è orgoglioso di riunire al proprio interno italiani, stranieri, seconde generazioni, e chiunque condivida il rifiuto del razzismo e delle discriminazioni verso i più deboli», si legge nella presentazione. L’ispirazione viene da «La journée sans immigrés : 24h sans nous, il movimento che da qualche mese, in Francia, sta camminando verso lo sciopero degli immigrati per il 1° marzo 2010».

 Domenica 17 gennaio alle 11.30 a Milano ci sarà la presentazione ufficiale del movimento «Primo marzo 2010». Tutt* siamo invitat* a partecipare.
 
 Visita il blog del movimento e scopri come partecipare
 Guarda il manifesto della presentazione ufficiale del movimento (Milano, domenica 17 gennaio)
 Iscriviti al gruppo su Facebook
 Partecipa all’evento Continua a leggere

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Più di 8 anni ben spesi…

 
http://www.youtube.com/watch?v=xWIvLs_VZjs

 
 Nessuno
giustifichi il terrorismo, ma credo senz’altro che fare come gli struzzi, che mettono la testa sotto la sabbia, non serva a nulla e a nessuno: se il mondo odia l’occidente, buona parte della colpa è dell’occidente. Se Al Qaeda prolifera in Paesi nei quali prima non esisteva stata è sostanzialmente colpa delle guerre americane.
 
 «Colpiremo prima e dovunque chiunque si prepara a colpirci»
 
(George W Bush, 24 novembre 2001)
 
 

«Attaccheremo al Qaeda dovunque sia»

 (Barack Obama, 5 gennaio 2010)
 
 Le due dichiarazioni costituiscono il sunto di più di 8 anni di guerre, di morti ammazzati e cattive relazioni internazionali; 8 anni che potevano certamente essere spesi meglio.
 In attesa che la catastrofe si estenda allo Yemen (e se non avverrà sarò contento di avere sbagliato), con la fine dell’era Bush i teorici dello scontro di civiltà non hanno smesso di stappare bottiglie di champagne; con loro, i mandanti più o meno occulti della strage senza fine: i produttori e venditori di armamenti.
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