Una repubblica fondata sul malaffare

 Una repubblica fondata sul lavoro precario
 Buona festa della Repubblica, repubblica italiana fondata sul lavoro precario, sugli incidenti sul lavoro, sugli aiuti alle imprese, sulla penalizzazione del lavoro dipendente, sulle manovre che vogliono bloccare salari fra i più bassi d’Europa, sui presidenti senza consiglio che chiedono a Bruxelles di continuare a inquinare, sul potere delle mafie, delle lobby, dei potentati, delle baronie, sulla rinascita perenne del fascismo e sullo sfascismo razzista della Lega.
 
 Buona festa della Repubblica per l’Italia che si appresta a festeggiare 150 di storia unitaria aspettando un federalismo fatto per dividere e mettere i cittadini gli uni contro gli altri, arroccamento antisolidale, guerra tra poveri per scongiurare il conflitto verticale.
 
 Buona festa della Repubblica all’Italia di Rosarno, degli stranieri non più esseri umani, criminali in quanto clandestini, vittime di nuove leggi razziali approvate dal Parlamento e controfirmate dal Capo dello Stato.
 
 Buona festa della Repubblica festeggiata con una parata militare, come sulla piazza rossa di Mosca, capitale dell’ex Unione sovietica. Come nei regimi fondati sulla forza delle armi. Una parata dal costo mostruoso, specie in tempo di crisi: 10 milioni di euro sfumati in un giorno.
 
 Buona festa a questa buona Italia, abitata da italiani brava gente e da zingari cattivi: l’Italia che con gli Usa di Obama è sola a chiedere che non siano accertate le responsabilità di Israele, Paese al quale ci unisce un trattato di cooperazione militare, nell’eccidio compiuto sui pacifisti della nave turca Marmara in acque internazionali.
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Aspettando la Rachel Corrie

 

 Rachel Corrie era una attivista americana per i diritti umani.
 Il suo passaporto stelle e strisce non le ha salvato la vita.
 «Rachel Corrie» è il nome di una nave in viaggio per Gaza, per forzare il blocco illegale che affama un milione e mezzo di persone.
 Israele, dopo aver ucciso 10 pacifisti che hanno tentato di difendersi coi bastoni davanti agli elicotteri e ai mitra
in
acque internazionali (dove i commando israeliani si trovavano
illegalmente
)
, si appresta a bloccare anche la «Rachel Corrie» e un’altra imbarcazione.
 Gli attivisti a bordo hanno dichiarato che non opporranno resistenza all’arresto.
 Obama, dalla Casa Bianca, esprimerà il proprio «rincrescimento», ma gli Usa metteranno il loro veto su qualsiasi iniziativa concreta che l’Onu possa intraprendere per far finire la prepotenza di Israele.
 L’Italia ha firmato un trattato di collaborazione militare con Tel Aviv. Se il nostro governo non fosse quello che è, varrebbe la pena di tempestarlo di e-mail per chiedere almeno lo stralcio di questo accordo.
  

 Continuano intanto le proteste contro l’omicidio plurimo e atto di pirateria praticati dalla marina israeliana.
 QUI il sit in di questo pomeriggio nella mia città, Aosta, in un articolo di Silvia Berruto.
 
Boicotta in prodotti Made in Israel
 L’Unione Europea è il principale partner commerciale di Tel Aviv: boicottiamo i prodotti Made in Israel, quelli il cui codice a barre incomincia con i numeri 729.
 Pretendiamo il rispetto dei diritti umani.


 Il video qui
sopra è abbastanza lungo e non è in italiano. Vale però la pena vederlo.

 Leggi anche l’articolo Aspettando la Rachel Corrie (2).

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Leopardi e Dante in lombardo su Telepadania

 Apprendo da Adnkronos che la Lega proporrà su Telepadania, nella trasmissione «Le nostre lingue», la lettura di testi di classici della letteratura italiana tradotti in lombardo.
 Per una volta non ho niente in contrario: ci sono cose che si possono fare e credo che nessuno debba sindacare sulle scelte letterarie di una tivù privata. Non è come costringere la Rai a produrre, con i soldi dei cittadini, film ideologici sulla figura di Alberto da Giussano, o immaginare che la tivù di Stato produca fiction in dialetto.

 Certo, non ho idea del perché un telespettatore, sia pure leghista, dovrebbe volersi sentir dire: «Se’nsa fi’ / Sta colina solinga la m’e’ cara, / come sta se’sa, che la me scond via’/ ona gran part de l’oltem oriso’nt», «L’Infinito» di Leopardi, con tutto ciò che segue, nella versione bergamasca curata da Umberto Zanetti.
 Oltre a Leopardi, saranno recitati in bergamasco Dante, Foscolo e alcune pagine evangeliche, per qual ragione non so: se l’intento era dimostrare la statura di lingua delle parlate lombarde, sarebbe stato più logico proporre testi dialettali originali, magari recitati dai loro autori. O andare sul letterario e riscoprire i testi di Ruzante e Goldoni. O, ancora, ospitare la costruzione linguistica originale del Grammelot, che ha fruttato il Nobel per la letteratura a Dario Fo.
 Si sarebbe trattato però di fare cultura, un’idea incompatibile con Telepadania e la Lega. Che a furia di proclami, battute e trovate d’ingegno sta trovando il modo di dividere davvero il Paese, quel che è peggio, mettendo gli uni contro gli altri i suoi abitanti.
 Salvo poi scendere nella poco padana Toscana a rubare i versi a Dante per sciacquarli in Morla, in Serio o in Brembo.

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Due comunicati e un’iniziativa contro la furia omicida della marina israeliana

 Due comunicati sul grave attacco di Israele alle navi pacifiste della Freedom Flotilla, che crecavano di violare il blocco di Gaza. Il primo è della famiglia di Angela Lano, direttrice di Infopal.it; il secondo del collettivo A/I che gestisce, fra l’altro, la piattaforma NoBlogs sulla quale ci troviamo.
 Per chi abitasse dalle mie parti, domani, martedì 1° giugno, il presidio di solidarietà è in piazza Chanoux ad Aosta a partire dalle ore 17. Iniziative analoghe si stanno tenendo in tutte le città d’Italia.
 
 Comunicato della famiglia di Angela Lano [da InfoPal]
 
 Malgrado le varie agenzie stampa italiane ripetano che gli italiani sequestrati dalle autorità israeliane "stanno bene", la famiglia di Angela Lano, direttrice di Infopal.it, informa che la Farnesina e l’Ambasciata d’Italia in Israele non sono in possesso di informazioni al riguardo.
 
 I cittadini italiani a bordo della Freedom Flottilla sono pertanto "spariti" a tutti gli effetti.
 
 Il porto di Ashdod, infatti, dove sono state condotte la navi della Freedom Flotilla, è stato dichiarato "zona militare" dalle autorità israeliane e nessuno può entrarvi, tanto meno i giornalisti.
 
 Israele si rifiuta inoltre di fornire la nazionalità dei sequestrati, pertanto le stesse ambasciate in Israele non possono comunicare alcuna informazione precisa al loro riguardo.
 
 Comunicato del collettivo A/I
 
 Una notte. Una nave. Decine di uomini e donne che vogliono portare aiuto ad altri uomini e donne. Improvvisamente: spari, bombe, elicotteri, assalti, morti (per ora 19), feriti, un massacro. Uno sterminio. Luci ed esplosioni che squarciano il cielo. Grida e sangue innocente. I visi distorti dalla ferocia.
 Non è il racconto dell’attacco notturno di una squadraccia contro i partigiani, o quello di un blitz delle SS per scovare ebrei nascosti in territorio tedesco. È la storia di quello che lo Stato di Israele ha appena compiuto contro una nave di aiuti umanitari diretta verso la Striscia di Gaza.
 La Freedom Flotilla è stata assaltata e le persone a bordo massacrate. Le ultime di migliaia di vittime della foga omicida dello Stato di Israele.
 
 Non è un videogame. Non è un incidente. È un atto premeditato di prepotente violenza per mandare un segnale a tutti coloro che non accettano la dittatura di Tel Aviv, che non accettano che milioni di persone siano rinchiuse da anni in un lager a cielo aperto. Senza cibo. Senza medicinali. Senza libertà.
 Allo Stato di Israele e a molti dei suoi cittadini e sostenitori la storia non insegna nulla. Un terribile rovesciamento della storia in cui i protagonisti del più grande genocidio si rendono protagonisti a loro volta dell’oppressione e dello sterminio lento e inesorabile di un intero popolo.
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Marina militare israeliana: pirati e assassini

 Pirati e assassini. Non c’è altro modo per definire la marina militare israeliana che ha attaccato in acque internazionali la "Flotilla" pacifista che avrebbe dovuto raggiungere Gaza per forzare il blocco. Assassinio premeditato. Sprezzo del diritto internazionale. Tra i 10 e i 19 morti, barche sequestrate e attivisti in carcere in Israele (benché non abbiano MAI tentato di entrare in Israele).
 Per una volta lasciamo perdere le accuse di nazismo, che servono solo ad alzare polveroni e usiamo i nomi giusti: illegali, pirati, assassini. Questo si sono dimostrati, per l’ennesima volta, i soldati dello Stato d’Israele, sedicente democrazia del tutto incurante dei diritti umani e di quello internazionale.
 Al ministro Frattini e a tutti i governi occidentali chiedo di condannare l’accaduto e di adoperarsi tanto per la liberazione degli attivisti internazionali (ci sono anche – lo dico per Frattini – degli italiani), quanto per la condanna della politica israeliana e per la fine del blocco illegale di Gaza.
 Le notizie in mio possesso sono ancora scarne; seguirò la vicenda e pubblicherò aggiornamenti.
 Di seguito il bel comunicato ricevuto per mailng list da Alkemia, che annuncia anche il presidio di oggi (31 maggio) a Modena.
 

 PIRATI E ASSASSINI!

 
 Israele ha assassinato un  numero imprecisato di attivisti internazionali in acque internazionali tra Cipro e Gaza, tra le 19 e le 25 persone. L’attacco pirata portato questa notte alla nave ammiraglia della Flottiglia della Libertà era stato pianificato e annunciato da giorni. Le autorità israeliane, non temendo di cadere nel ridicolo, parlavano di arrembaggio.
 Non è la prima volta che Israele assassina attivisti internazionali, né è sorprendente che Israele si faccia beffa delle acque internazionali e del diritto internazionale.
 Questa flottiglia disarmata aveva come obiettivo quello di tentare di rompere l’assedio che Israele e l’intera comunità internazionale impone a Gaza fin dal 2006: un milione e mezzo di civili ostaggi, privati dei più elementari beni di prima necessità e diritti.
 Mentre scriviamo questo comunicato si apprende che Israele ha sequestrato l’intera flottiglia con gli attivisti che la compongono, per dirigerla verso il porto di Ashdod, dove, preventivamente svuotata, la prigione locale «accoglierà» gli attivisti internazionali che, dopo l’identificazione, dovrebbero essere forzatamente rimpatriati.
 Questo atto di palese illegalità internazionale non ha nessuna giustificazione. Israele lo ha commesso forte dell’impunità internazionale di cui gode e della complicità internazionale su cui può contare.
 Quello che ora le autorità internazionali devono fare sono cose elementari:
 
 –    chiedere l’immediata liberazione delle navi e degli attivisti;
 –    condannare senza appello Israele per questo atto piratesco senza senso;
 –    portare di fronte a un tribunale internazionale i responsabili politici e militari di questo atto barbarico;
 –    imporre a Israele di togliere l’assedio a Gaza e non solo per motivi umanitari;
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Io non ci sto

 Può sembrare strano che un uomo si occupi di sessismo perché nella percezione di molti si tratta di un tema proprio del femminismo e, "di conseguenza", di nessun interesse per un uomo. I maschilisti più convinti hanno anche coniato un termine per ghettizzare chi – all’interno del «sesso forte» – si propone di accogliere istanze del mondo femminile, quali un’effettiva parità di opportunità e di rispetto (per non parlare dell’esigenza di contrastare una "cultura" dell’impunità della violenza – fisica e psicologica – sulla donna, più diffusa di quanto a volte si pensi).
 Il termine in questione è «maschiopentitismo» e, com’è facile intuire, si tratta unicamente di una parola vuota.
 Non occorre esser «pentiti» di appartenere al proprio genere, infatti, per reclamare l’uguaglianza per chi ancora oggi è vittima di consuetudini, culture tradizionali e nuove sottomissioni diffuse dai media, la televisione su tutti.
 Ho parlato più volte del documentario Il corpo delle donne, di Lorella Zanardo, che mette magistralmente in evidenza l’uso distorto che del corpo femminile si fa in tivù.
 Credo anche che quest’uso, funzionale a "vendere" un prodotto (sia esso uno show oppure un sigillante per docce) attraverso l’esposizione di carne umana, conduca a una forma di mercificazione che de-umanizza l’oggetto della visione, al punto da trasformare donne televisive, e poi donne in carne e ossa, in tante bambole gonfiabili, obbedienti ai canoni di bellezza imposti dal produttore, come anche ai desideri/capricci dell’uomo di turno.
 Attenzione: la mercificazione agisce anche sul corpo maschile, ma il meccanismo della sottomissione no: l’uomo è il cacciatore, la preda è sempre la donna.
 Non è obbligatorio, comunque, accettare l’imposizione di certi modelli. Contro il programma spazzatura La pupa e il secchione, ad esempio, c’è chi ha bombardato di e-mail di protesta la redazione di Italia 1, e ha scritto una bella poesia-manifesto, reclamando «rispetto» per la «dignità» e le «diversità», al di là dell’«immaginario imposto».
 Si tratta di una campagna molto interessante, che "rilancio" volentieri, in alto a destra con il banner «Io non ci sto» e qui sotto con la pubblicazione del manifesto, tratta dal blog Vita da Streghe, e di qualche link.
 
 Io non ci sto
 alla dittatura televisiva dell’avvenenza,
 che mi fa esistere solo se bella o appetibile,
 barattando il mio pensiero in nome di una magra
 visibilità.
 
 Io non ci sto
 ad essere solo corpo.
 Da guardare,
 da toccare,
 da giudicare,
 da mercificare.
 
 Io non ci sto
 poiché conosco
 cosa genera l’offerta della mia carne
 sugli sguardi inconsapevoli.
 
 Io non ci sto
 e pretendo rispetto
 e che si dia spazio a tutte le mie
 diversità.
 
 La mia rivoluzione comincia con il rifiuto
 dell’immaginario imposto
 per mutare nel respiro di una nuova dignità.
 
 G.V.
 
 > Diffondi la poesia-manifesto sul tuo blog, sito o fra i tuoi conoscenti. Puoi anche copincollare il codice del banner: <a href="http://vitadastreghe.blogspot.com/2010/05/io-non-ci-sto_10.html"><img src="http://3.bp.blogspot.com/_e6Y4eF9WRWA/S_wH4bx_vYI/AAAAAAAAALE/AXbXQnF11dY/s200/io_non_ci_sto_claim_grande+ridotto.jpg"/></a>
 
 Leggi la storia del manifesto-poesia: la mail bombing vs La pupa e secchione
 
 > Partecipa nel forum di discussione
 
 Promotrici:
 Maria Grazia VerderameUn altro genere di comunicazione
 Francesca SanzoDonne Pensanti
 Giorgia VezzoliVita da streghe
 Lorenza GarbolinoUna nuova Era
 
 Contatti:
 info.iononcisto[at]gmail.com

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Che cosa pensa l’Italia dei caduti in Afghanistan?

 
 Oggi a scuola la circolare improvvisata sui due minuti di silenzio in onore dei due militari italiani morti in Afghanistan era appiccicata sulla macchinetta del caffè, di modo che tutti la potessimo vedere. Per i primi caduti, quelli di Nassiriya, erano stati scelti canali più decorosi.
 Forse, dopotutto, è segno che ci stiamo abituando alla morte e alle guerre che non vogliono finire.
 Rispetto il dolore delle famiglie; non condivido il clima di lutto nazionale: i soldati fanno la guerra e in guerra possono morire, è semplice. Con loro, del resto, muoiono anche i civili afghani; muoiono a migliaia nell’indifferenza pressoché generale.
 Ora, i casi sono due: se condividiamo questa guerra e, in generale, la logica bellica, dobbiamo accettare il «sacrificio» degli «eroi» e stupirci semmai che dalla nostra parte le vittime siano così poche
(chiediamoci il perché). Se non condividiamo questa guerra, invece, riportiamo a casa le truppe.
 Quand’ero bambino, se andavo in qualche grande città, mi stupivano sempre, sugli autobus, i cartellini che riservavano il posto ai mutilati di guerra. Benché fossi piccolo, mi dicevo che nel giro di qualche anno quei cartelli sarebbero scomparsi, perché era finito il periodo delle guerre. Il secondo conflitto mondiale, per noi europei, sarebbe rimasto l’ultimo.
 A quanto pare sbagliavo.
 Non smettiamo però di chiederci quale futuro vogliamo per i nostri figli.
 L’altro giorno, il Tg5 ha dato la notizia della Marcia per la Pace da Perugia ad Assisi. Non ha lanciato nessun servizio, ma almeno ha detto che c’era tanta gente. Per "rimediare", ha fatto seguire la notizia da altre due di segno opposto, questa volta corredate di servizi, con tanto di ministrolarussa: una qualche festa di paracadutisti e un raduno di bersaglieri.
 
 Chiediamoci semplicemente quale Italia vogliamo.

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