Ma Fini non è un compagno. E neanche Bersani.

 
 I guai del peggior governo degli ultimi 150 anni (ex aequo, al limite, con quelli a guida Mussolini) sono fonte di gioia e speranza, ma non vorrei che la bella sinistra che ama i Fini e i Travaglio prendesse, perdonate la rima, l’ennesimo abbaglio spostando i confini della propria identità fino ad abbracciare un’alleanza ancora inedita, ma non per questo impossibile, tra Pd, Udc e finiani.
 Gianfranco Fini è l’uomo presente al G8 di Genova, a fare cosa non è stato ancora appurato (aspettiamo che WikiLeaks pubblichi qualche informativa riservata al riguardo), quello che fino a qualche anno fa parlava di Mussolini come di un grande statista e, certamente, non è uomo di sinistra, come del resto non lo sono l’imprenditore-style Bersani o molta parte delle gerarchie democratiche.
 I guai del governo sono comunque una bella notizia, anche perché viviamo in tempi difficili e particolarmente avari di soddisfazioni. Berlusconi vacillante, in ogni caso, è ancora più pericoloso, perché cercherà di accelerare quelle riforme che dovrebebro fare di lui il primo presidente "presidenziale" della Repubblica italiana e, considerando lo strapotere che già esercita, il mai risolto conflitto d’interessi, le amicizie sulle quali può contare e il suo completo disinteresse per le sorti del Paese (a patto di conservare lo scettro e la propria libertà), c’è da aspettarsi un’ulteriore stretta autoritaria (bussano alla porta, sarà la polizia).
 Occorre attrezzarsi e resistere, col nostro impegno e la nostra (in)formazione, occorre pure chiarire ai signori che nominalmente rappresentano l’opposizione e, a quanto dicono, addirittura la sinistra, che quand’anche il poco Cavaliere fosse finalmente disarcionato non vi sarebbe alternativa al berlusconismo senza il superamento del modello politico-economico imperniato sul liberismo rampante, sulla mercificazione di tutto, tutte e tutti, sulla devastazione ambientale e la cementificazione, sul ritorno al nucleare e sugli inceneritori, sulla privatizzazione dei beni comuni e il divieto per il pubblico di gestire i servizi, sulle esternalizzazioni coatte, sulla precarizzazione del lavoro e con essa delle vite dei lavoratori e delle lavoratrici. Continua a leggere

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Petrolio

 
 Serve a
produrre plastica e smog, rifiuti e tumori. Serve a fare soldi, tanti,
surriscaldando il pianeta. Serve a sporcare i mari e a distruggere
qualsiasi speranza di un futuro diverso.
Serve a
far funzionare le automobili Fiat, che un amministratore delegato col
maglione colorato vuole far produrre in condizioni di schiavitù, troppo
"furbo" o troppo preso dalla sua ideologia per capire che certe
condizioni proprio «non è serio» accettarle.

 Chi
controlla
le fonti energetiche controlla i rapporti di forza nel mondo,
tiene i fili che muovono i pupi seduti nelle casebianche o nei
palazzichigi
, divetro, dinverno, quant’altro: le istituzioni dei Paesi,
anche sedicenti democratici, sono sotto il fuoco delle multinazionali
del gas e del petrolio, che le tengono in scacco puntando il portafogli.
 Le istituzioni come la stampa, le televisioni.
 Non è un caso che ogni tanto qualcuno si faccia sotto col desiderio
fascista di chiudere la bocca a chi è senza padrone: dall’ennesima crisi
del manifesto, cooperativa di giornalisti vittima del taglio dei fondi
pubblici all’editoria, al bavaglio che colpirà i blog, equiparandoli a
ciò che non sono.
 Non è un caso, perché il potere teme l’informazione non allineata, come
dimostra ampiamente WikiLeaks.org, che ha pubblicato 92mila pagine di
documenti sottratti al Pentagono che dimostrano, "ufficialmente", ciò
che della guerra in Afghanistan si è sempre saputo ufficiosamente: la
grande quantità di morti civili, il costo economico, le inefficienze
degli eserciti occidentali (fuoco amico, inaffidabilità dei droni), il
doppio gioco del Pakistan e naturalmente l’ovvia considerazione che i
talebani oggi sono ancora o nuovamente forti come nel 2001, perché le
armi non sono sufficienti a vincere un conflitto come questo.
 Come scrive Alessandro Dal Lago sul manifesto del 27 luglio, «L’affaire
WikiLeaks mostra quanto la disinformazione sia essenziale al potere
globale o alle sue propaggini locali in tema di guerra, risorse
energetiche, finanza, inquinamento e così via».
 Che cosa significa questo per un Paese come l’Italia, dove la noia
suscitata dall’espressione «conflitto d’interessi» tra politica e media
non significa in alcun modo che la questione non esista e non sia fra le
più rilevanti (la più rilevante?) del degenerare del sistema politico
nostrano? Che cosa significa nel Paese che si riappresta a produrre
energia nucleare (e scorie radioattive) senza avere ancora trovato un
posto per conservare i rifiuti nucleari prodotti fino al 1987? Nella
terra in cui le mafie bruciano i rifiuti industriali, tossici, in
campagna, o li trasformano in concime?
 All’indomani dell’incidente alla piattaforma Deepwater Horizon, che ha
riversato nel Golfo del Messico milioni di barili di petrolio, il
ministero italiano per l’ambiente ha posto un limite entro il quale le
trivellazioni sottomarine non potranno avere luogo: 5 miglia dalla costa
nelle acque nazionali italiane, in un mare chiuso come il Mediterraneo,
magari in quel corridoio stretto che è l’Adriatico. Continua a leggere

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Le blogger andranno in estinzione [< Femminismo a Sud]

 
 [Foto di Elivet Aguilar]

 
 Che cosa
potrà comportare il tentativo in atto di equiparare blog e siti internet alla carta stampata (con tanto di dovere di rettifica entro 48 ore e multe di 12.500 euro per chi non ha fatto in tempo), molto semplicemente, è la morte del web come lo conosciamo: in Italia la televisione non avrà più un “concorrente” sul quale pensare e far pensare: tutto sarà ridotto, anche online, al gossip e ai programmi alla De Filippi.

 
Quella che segue è l’analisi che della situazione dà il blog Femminismo a Sud e si concentra, soprattutto, su quello che è il punto di vista delle donne che l’hanno realizzata: il femminismo. Trovo che ciò che dice, oltre a essere molto vero, non sia limitabile ai blog femministi. Si tratta, più in generale, di conservare i nostri spazi di libertà, la nostra possibilità di fare rete, di contestare e di costruire immaginari migliori, o almeno diversi, di quelli precotti smerciati dai media nel nome del denaro.


 
 Le blogger andranno in estinzione
 da Femminismo a Sud
 
 
Con la norma che esige la rettifica entro le 48 ore e che ci espone al ricatto di chiunque voglia intimidirci con una minaccia di denuncia, pena il pagamento di 12.500 euro per ogni danno riconosciuto, si spegneranno mille voci. Di uomini e donne. Credetemi quando dico che non voglio farne una questione di genere perchè ci sono uomini, blogger, ai quali stenderei un tappeto rosso ogni volta che mettono mano alla tastiera. Perciò è giusto che tutti e tutte ci si opponga a questa proposta sperando che ci lascino fiato per respirare. Ma due parole su quelle come noi lasciatecele dire.
 
 
Ha ragione Meltiparaben quando dice che il problema è che hanno paura dei blogger. Perchè in fondo siamo gente che scrive gratis, perchè ci crede, perchè prova a fare arrivare ad altre persone un pensiero differente, una riflessione che non leggi sui grossi quotidiani, una analisi necessaria. regaliamo ossigeno per il cervello e non è una cosa semplice perchè alla lunga diventa una responsabilità.
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Mais Ogm per polente transgeniche?

 
Polenta

 Io non so se si tratta di un caso (magari sì, magari le autorità non c’entrano niente) o se la cosa fa parte di manovre per un’Europa Ogm (del tipo metterci davanti al fatto compiuto), ma certo è preoccupante che in Friuli sia stata scoperta una semina – illegale – di mais transgenico e che, dal 10 luglio a oggi, la procura di Pordenone, dopo aver sequestrato il campo, non abbia ancora provveduto a rimuovere le piante. La procura, per dirla con Greenpeace, «si è presa
un mese di tempo per la verifica delle analisi e la stesura della
perizia», ma tra pochi giorni il polline del mais sarà pronto a disperdersi nell’aria, con effetti fin troppo prevedibili in fatto di contaminazione.
 
 Copio e incollo un testo di
Federica
Ferrario
, responsabile della Campagna OGM di Greenpeace Italia, che si conclude con un invito a firmare la lettera dell’associazione ambientalista al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, affinché siano presi provvedimenti d’urgenza.
 

 Il testo:

 
 I
n questi giorni stiamo rischiando la prima estesa contaminazione da OGM in Italia, a causa di una presunta semina – che sarebbe assolutamente illegale di mais transgenico in un campo in Friuli, nel Comune di Fanna (Pn). Lo scorso 10 luglio il terreno “sospetto” è stato posto sotto sequestro, ma la Procura di Pordenone, invece di intervenire d’urgenza, si è presa un mese di tempo per la verifica delle analisi e la stesura della perizia.
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La guerra israeliana ai bambini di Gaza continua

 Mi limito a linkare questo articolo, senza ripubblicarlo, perché è già edito su PeaceReporter e su Guerrilla Radio, il blog del suo autore, Vittorio Arrigoni, attivista italiano per i diritti umani attualmente presente nella Striscia di Gaza.
 Conosco Vittorio per averlo seguito sul blog, per aver letto il suo libro Gaza. Restiamo Umani, testimonianza oculare dei giorni del «Piombo Fuso», per averlo incontrato, una volta, organizzando una serata su Gaza all’espace populaire di Aosta.
 Conosco Vittorio e ho la massima fiducia in lui, che mette a repentaglio la propria vita per essere presente e raccontare che cosa succede a Gaza, al di là delle bugie e delle omissioni dei telegiornali.
 A Gaza i bambini continuano a essere colpiti dalle armi israeliane, armi subdole come i proiettili che esplodono in aria e disseminano la zona circostante di freccette acuminate, armi che feriscono gravemente e ammazzano innocenti, proprio mentre i comandi dell’IDF (Israeli Defence Force) parlano di operazioni riuscite, nelle quali «tutti i colpiti sono combattenti».
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Dovere di rettifica

 
 L’idea di far pagare 12mila 500 euro a chiunque, gestore di blog o altro sito internet, riceva una richiesta di rettifica e non faccia in tempo a pubblicarla entro 48 ore è abbastanza peregrina: si tratta di una pressione indebita, che per di più fissa – altrettanto indebitamente – un limite temporale difficile da rispettare per chi, privato cittadino, può essere impossibilitato a connettersi a internet per più di due giorni, soltanto perché sta facendo una gita un po’ lunga in montagna o magari, in casi meno fortunati, perché deve accudire qualcuno all’ospedale.
 
 Il Parlamento italiano, per "concederti" il permesso di dire ciò che pensi in un blog (conta ancora qualcosa l’articolo 21 della Costituzione?) pretende che tu rimanga connesso 365 giorni all’annoo al limite un giorno sì e l’altro no – per vedere se qualcuno ti ha spedito una richiesta di rettifica.
 
 La punizione per chi non fa in tempo – 12 mila 500 euro – e prescindendo completamente dal fatto che uno con la pubblicazione di certe rettifiche può anche non essere d’accordo, è poi di tale entità che solo i milionari potranno continuare a scrivere su internet.
 
 Cerchiamo di chiarire la situazione con qualche esempio un po’ ironico, tanto per non piangersi troppo addosso, e vediamo che cosa succederà se il ddl in esame in Parlamento sarà approvato senza modifiche.
 
 1) Scrivo che il presidente del consiglio è un mafioso. Qui siamo al limite della querela, perché, nonostante l’idea sia piuttosto diffusa, non sono personalmente in possesso di prove per affermarlo. In questo caso, cavarsela con una rettifica sarebbe una benedizione, anche se non riesco a immaginare come potrebbe suonare. «Preciso di non essere mafioso, cari saluti, il Presidente del Consiglio»?
 
 2) Scrivo di pensare che il presidente del consiglio è un mafioso. Che cosa mi si imporrà di pubblicare? «Preciso che ritenermi mafioso non è un bel pensiero
, cari
saluti, il Presidente del Consiglio
»?
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Internet e censura: un bavaglio da 12mila 500 euro.

 
 Quella che segue è la lettera al Presidente della Camera, al Presidente della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, e a tutti i Deputati italiani, scritta da Guido Scorza, Presidente dell’Istituto per le politiche dell’innovazione, al fine d’impedire la chiusura/censura di migliaia di blog, a seguito del ddl Alfano sulle intercettazioni.
 Il disegno di legge prevede l’obbligo di rettifica per tutti i blog, che sarebbero in questo modo equiparati alle testate giornalistiche. Se la legge passerà così com’è ora, il primo personaggio che si sentirà insultato, minacciato, turbato dalle cose che questo o qualunque altro blog avranno scritto (per vere o false, documentate o meno, proposte come certezze o come pensieri personali), potrà inviare una rettifica, che sarà obbligatorio pubblicare, anche se non la si condivide, entro 48 ore. Gli inadempienti rischieranno più di 12mila euro di multa (vale a dire, a meno di non essere milionari, la chiusura del blog, che è uno spazio di libera espressione del pensiero, in linea con quanto dovrebbe poter garantire l’art. 21 Costituzione italiana).
 Finora ho cercato di dire ciò che penso, facendo attenzione a non pubblicare cose non provate, ma facendo attenzione a proporre anche ciò che normalmente alcuni media, locali o nazionali, tacciono. Non ho mai avuto paura di dire le cose come stanno, perciò trovo impossibile non aver offeso, qua e là, più d’uno. Ho cercato comunque di pubblicare secondo coscienza e certo, la mia deontologia basterebbe sola a impormi di pubblicare una rettifica. Il limite delle 48 ore significa però che non potrò mai stare
più di un
giorno
senza internet, per non rischiare di non accorgermi della richiesta, infrangendo così quanto previsto dalla legge.
 Tornerò sull’argomento. Invito a firmare online il testo della lettera che segue, pubblicata sul sito Valigia Blu e a iscriversi al gruppo di Facebook No legge bavaglio alla rete.
 

 Per favore, attiviamoci.

 
 Al Presidente della Camera, On. Gianfranco Fini
 Al Presidente della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, On. Giulia Bongiorno
 Ai Capi-gruppo alla Camera dei Deputati
 A tutti i Deputati
 
 La decisione con la quale, lo scorso 21 luglio, il Presidente della Commissione Giustizia della Camera, On. Giulia Bongiorno, ha dichiarato inammissibili gli emendamenti presentati dall’On. Roberto Cassinelli (PDL) e dall’On. Roberto Zaccaria (PD) al comma 29 dell’art. 1 del c.d. ddl intercettazioni costituisce l’atto finale di uno dei più gravi – consapevole o inconsapevole che sia – attentati alla libertà di informazione in Rete sin qui consumati nel Palazzo.
 La declaratoria di inammissibilità di tali emendamenti volti a circoscrivere l’indiscriminata, illogica e liberticida estensione ai gestori di tutti i siti informatici dell’applicabilità dell’obbligo di rettifica previsto dalla vecchia legge sulla stampa, infatti, minaccia di fare della libertà di informazione online la prima vittima eccellente del ddl intercettazioni, eliminando alla radice persino la possibilità che un aspetto tanto delicato e complesso per l’informazione del futuro venga discusso in Parlamento.
 Tra i tanti primati negativi che l’Italia si avvia a conquistare, grazie al disegno di legge, sul versante della libertà di informazione, la scelta dell’On. Bongiorno rischia di aggiungerne uno ulteriore: stiamo per diventare il primo e l’unico Paese al mondo nel quale un blogger rischia più di un giornalista ma ha meno libertà. Continua a leggere

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