Tempo – l’ho detto altre volte – non ce n’è. E poi sono stanco. Però come si fa a pensare che sia normale quello che succede in giro? Il neo-candidato Berlusconi. Il nuovo patto Pdl-Lega. Il nuovo centro-sinistra che sogna di eticizzare la finanza. Che sogna. E in mezzo a tutti un movimento che non si sa che vuole, che mette le stelle nel simbolo come lo sceriffo del far west, che – Grillo dixit – candiderebbe anche uno di CasaPound se avesse i requisiti (fedina penale immacolata, nessuna militanza partitica – le idee dopotutto che contano?). E il movimento 5 stelle andrà in Parlamento – lo dicono tutti. E forse ci andrà perché lo dicono tutti. E io mi ritroverò a votare il meno peggio, ancora una volta. Guardo alla lista di Ingroia, perché trovo condivisibile il suo programma, ma senza entusiasmo, perché non so quanto credo alla bontà delle intenzioni.
Per quello che conta: 5 minuti in cabina elettorale sono una battaglia da poco, ma che almeno porta via poco tempo.
La lotta è altra, in ogni caso: è quotidiana. In società, in famiglia, sul posto di lavoro. Che almeno ce l’ho, il lavoro. Non avrò la pensione e rifiuto di farne una integrativa: perché dovrebbero usare i miei soldi per puntarli in borsa, se io rifiuto di giocare in borsa di mio? È la borsa o la vita, ma cambiare dovrebbe essere possibile. C’è chi ci prova, almeno, io forse neppure tanto. C’è chi inventa reti di accoglienza, di assistenza, di autoaiuto, di promozione culturale. C’è tanto da fare e da pensare.
Per formazione, più che per abitudine, a fine febbraio mi recherò al seggio e farò la mia croce sopra il simbolo del partito più a sinistra che trovo. In Valle d’Aosta, poi, proprio non so cosa trovo. Del resto, che Ingroia sia la rivoluzione…