Il diavolo è più brutto di come lo si dipinge

 Rialzati, Italia!Chi da un po’ di tempo frequenta queste pagine sa perfettamente che, per chi scrive, l’ipotesi di una nuova vittoria di Berlusconi costituisce qualcosa di peggio che una tragedia. Lo ricordo perché, ultimamente, mi sono trovato più volte a criticare l’altra faccia del Progetto Veltrusconi (il Partito democratico) e corro il rischio, in questo Paese meraviglioso ormai conquistato al bipartitismo, di essere arruolato tra i seguaci del Cavaliere solo per avere sbeffeggiato il suo “antagonista”. Così ho deciso di occuparmi anche del giovane settantaduenne che il Popolo della Libertà, bontà sua, ha candidato a premier (chissà se se l’aspettava, o se è stata una sorpresa anche per lui). Avrei preferito passare sotto silenzio l’indegna campagna del centrodestra, ma poi ci sono stati alcuni episodi, per così dire, di cronaca che mi hanno “infastidito”: fascisti nelle liste, donne invitate a vendersi al più ricco e subito arruolate nel partito (almeno nelle intenzioni)… Avrei preferito concentrarmi su cose più serie, ma poi ho letto il programma del Popolo della libertà e ho pensato che a volte il diavolo è molto più brutto di come lo si dipinge e che forse aveva senso sopportare la fatica di leggere le 31 schede del programma per fornirne un sunto dei tratti più aberranti a chi si appresta a dare il proprio voto a Berlusconi. Quella che segue non è una sintesi esaustiva, ma solo un estratto delle cose che mi hanno colpito di più. Ce ne sarebbero tante altre e chi le vuole tutte le può trovare nel sito del PDL.
 
 Il programma del Popolo della Libertà è strutturato in sette punti, chiamati, ambiziosamente, «missioni», prima delle quali, naturalmente, rilanciare lo sviluppo, secondo la consueta ricetta Made in Arcore a base di detassazione delle imprese, grandi infrastrutture (compreso il Ponte sullo Stretto) e nuove fonti di energia (una simpatica novità: c’è pure il nucleare). C’è anche l’abolizione delle tasse su successioni e donazioni, reintrodotte dal governo Prodi, perché non è giusto togliere quattrini ai figli di papà; liberalizzazioni, infine, e riorganizzazione dell’amministrazione pubblica. Sono le ricette che negli Usa non hanno funzionato, come dimostra la crisi economica in corso, con Bush che, dopo quasi 10 anni di governo, si dice «molto preoccupato». Però noi non ci dobbiamo preoccupare, perché noi italiani siamo molto più furbi degli americani, infatti Berlusconi è più ricco di Bush e certo riusciremo dove gli altri hanno fallito.
 
 La seconda missione ha per obiettivo il sostegno della famiglia e dei giovani, un fine da conseguire garantendo una casa a tutti e fornendo migliori servizi sociali, anche attraverso la possibilità di scegliere tra servizi pubblici, privati o del «privato sociale». Più privato, insomma, anche perché la promessa di servizi migliori (e di una casa) fa decisamente a pugni con la litania che promette di abbassare le tasse. Fra le varie proposte, un «rilancio del ruolo di prevenzione e di assistenza dei consultori pubblici e privati per garantire alternative all’aborto per la gestante in difficoltà», cosa di per sé non biasimevole, che però appare sospetta in tempi di attacco alla legge 194 e al diritto di scelta delle donne.
 
 La terza missione riguarda la sicurezza. Nei giorni della requisitoria contro gli aguzzini di Bolzaneto, gli organizzatori del G8 di Genova esprimono nel loro programma idee convincenti e democratiche, come la «tutela dell’ordine pubblico dagli attacchi alla legalità dei vari “disobbedienti” e aumento delle pene per i reati di violenza contro le forze dell’ordine», oppure gli «incentivi per istallazione [sic] di sistemi di sicurezza nei pubblici esercizi» o, forse strizzando l’occhio al buon Uòlter, il «contrasto all’insediamento abusivo di nomadi [per loro, evidentemente, non è previsto il condono, ndr]». Ma non ci può essere sicurezza senza giustizia, ragion per cui il Popolo della Libertà propone per il Paese una «limitazione dell’uso delle intercettazioni telefoniche ed ambientali» e il «divieto della [loro] diffusione e della pubblicazione […] con pesanti sanzioni a tutti coloro che concorrono alla diffusione e pubblicazione». Ecco, finalmente, un’idea per farla finita con le ingiustizie che affliggono l’Italia! Salvare la privacy del Cavaliere al telefono, anche se, quando le conversazioni intercettate sono di questo tenore, ci si domanda perché la cosa non dovrebbe riguardare un magistrato. Resta da capire se anche altre cose, come il conflitto d’interessi, le mafie, la lunghezza dei processi abbiano a che fare colla giustizia in Italia
 
 Quarta missione: i servizi agli italiani (sanità, cultura, ambiente). Mi hanno particolarmente colpito: una non meglio precisata «riforma della Legge 180 del 1978 in particolare per ciò che concerne il trattamento sanitario obbligatorio dei disturbati psichici»; l’applicazione della Fini-Giovanardi, la legge sulle droghe che ha equiparato sostanze fra loro diversissime facendo di tutta l’erba un fascio; la «ripresa nella scuola, per alunni e insegnanti, delle “3 i”: inglese, impresa, informatica»; una «difesa del nostro patrimonio linguistico, delle nostre tradizioni e delle nostre culture anche per favorire l’integrazione degli stranieri» in sapore di Ventennio (o è un contrappeso per bilanciare il nuovo ruolo dell’inglese?); una «libera, graduale e progressiva trasformazione delle Università in Fondazioni associative, aperte ai contributi dei territori, della società civile e delle imprese», che, se non mi sbaglio, corrisponderebbe alla morte dell’Università; il «rafforzamento della competizione tra atenei»…
 
 Si potrebbero aggiungere un sacco di cose, ad esempio una non meglio precisata «creazione di zone e porti franchi» nel sud Italia: di che si tratta e che cosa bisogna aspettarsi? Ma naturalmente c’è anche il Ponte sullo Stretto, altro fiore all’occhiello della quinta «missione» (il sud). Il federalismo fiscale è la sesta “tappa” del nostro viaggio, ma per sapere di che cosa si tratta sarebbe forse più opportuno andare sul sito della Lega.
  Rimane l’ultimo punto, «un piano straordinario di finanza pubblica», che ha il dubbio merito di spogliare lo Stato, che è cosa di tutt*, della sua ricchezza (almeno a giudizio di chi scrive). Poiché «il patrimonio pubblico è […] superiore al debito pubblico», infatti, occorrerebbe collocarlo sul mercato. Ma «la più parte [sic] del patrimonio pubblico che può essere collocato sul mercato – circa i due terzi del totale – è dei governi locali: Regioni, Province, Comuni». Ora, «mentre lo Stato privatizza, molti Governi locali pubblicizzano». Sarebbe invece opportuno, secondo il Popolo della Libertà, «ridurre il debito dello Stato, immettendo sul mercato una quota corrispondente di patrimonio pubblico, offrendo a risparmiatori ed operatori economici maggiori e migliori opportunità di investimento». Lasciando da parte il merito della questione (quali porzioni di patrimonio pubblico dovrebbero essere vendute, a chi e a che prezzo? Forse anche i beni comuni, come l’acqua potabile?), non capisco che senso abbia cercare a tutti i costi d’impoverire lo Stato a vantaggio di qualche privato.
 
 Questi e altri motivi mi portano a rifiutare il programma del Popolo della Libertà. Devo precisare che la copia che ho analizzato l’ho scaricata già alcuni giorni fa. Non vorrei che le cose che ho descritto fossero già state cambiate. Magari erano state fraintese. Magari era soltanto l’ennesimo complotto dell’estrema sinistra.

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