Meritare la targa

 

 
Una volta, sulle targhe delle auto, c’erano le sigle delle province. Allora tutte le città volevano la loro, per dimostrare di esistere, di essere importanti. Poi sono giunte le targhe nuove, quelle con le lettere e i numeri, e il campanilismo italico ha complottato nell’ombra fino al ripristino della sigletta sul lato in basso a destra, con gran felicità delle province nuove (ne escono tre o quattro all’anno), come quella brianzola, oppure la Bat-Provincia (Barletta, Andria, Trani), che ha il merito di trasformare ogni vettura nel macchinone di Batman.
 
 Esistono altre targhe, però, forse persino più importanti. Sono le targhe delle nostre vie, delle nostre piazze. Quella nella foto è l’aostana piazza Caduti nei Lager nazisti: un parcheggione su due piani davanti all’ospedale regionale. Ironia della sorte, tra tubi di scarico e penombra ricorda vagamente una camera a gas. Forse i deportati morti nei lager tedeschi meriterebbero qualcosa di più. In compenso, la bella Aosta è piena di vie, piazze e vialoni dedicati a illustri sconosciuti della storia locale. Non che in questo vi sia alcunché  di male, ma trovo che manchi qualsiasi riferimento a modelli del nostro tempo, che magari sono vissuti lontano dalla Valle d’Aosta… Io, ad esempio, propongo d’intitolare una strada a Peppino Impastato, chissà che qualcuno non mi ascolti.
 
 Certo,
altrove le cose vanno peggio. Ci sono regioni d’Italia dove le targhe commemorative dell’«esule» Bettino Craxi, un tempo latitante ma poi trasfigurato e santificato dallla morte, stanno spuntando come funghi. A Comiso, invece, l’aeroporto dedicato a Pio La Torre, parlamentare del Pci ucciso dalla mafia nell’82, ha riacquistato il vecchio nome Vincenzo Magliocco, generale dell’Aeronautica fascista, morto in Africa nel ’36. Lo ha deciso Giuseppe Alfano, il nuovo sindaco di centrodestra.
 
 Voglio linkare il blog del
veronese L’Ombroso, che racconta l’intitolazione di una via cittadina a Nicola Pasetto, che un tempo «girava per le strade di Verona con gli amici camerati a caccia di rossi compagni, e giù sprangate». «In Italia», commenta L’Ombroso, «è sufficiente presentare un certificato di morte
per veder esentate le marachelle commesse in vita e aspirare ad un
processo di beatificazione in piena regola. Basta dimostrare di essere non vivi, al resto penseranno gli attuali revisori della storia».

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