Piccole strade, campi, ulivi

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Chissà se servirebbe veramente, contro il partito del cemento, dell’eradicazione selvaggia degli ulivi attaccati dalla xylella, della spazzatura come business, delle trivelle nei mari e dei pannelli fotovoltaici al posto del suolo naturale (quando c’è tanto cemento dismesso da occupare), chissà se servirebbe veramente camminare.

Camminare in campagna, battere le vecchie provinciali dall’asfalto crepato, le sterrate che si inoltrano tra gli alberi, tagliare in diagonale per i campi, in mezzo ai tronchi d’ulivo.

Male non può fare, in ogni caso, tentare di riappropriarsi del proprio territorio frequentandolo, immaginando itinerari, e coinvolgendo più persone possibile.

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Insieme all’amico Paolo parto a piedi da Mesagne (Brindisi) per raggiungere Torre Santa Susanna (Brindisi anche questa), una quindicina di chilometri che decidiamo di percorrere su strade minori, mantenendoci paralleli alla provinciale.

«Vi perderete!» continua a ripeterci un signore a cui abbiamo chiesto informazioni, ma è l’abitudine all’auto che genera certi pensieri: a cose fatte posso dire che perdersi era impossibile. Ci fanno un po’ paura i cani, piuttosto, quelli delle ville e quelli randagi, ma saremo fortunati e non avremo problemi per tutta la passeggiata.

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Camminando parliamo, di cose qualunque e di grandi sistemi. È l’effetto dell’andare, succede sempre così. Ci si confronta con ciò che si vede intorno, e da dentro qualcosa viene fuori, tenta il capolino: bisognerebbe “aprire” queste strade alla frequentazione della gente. Bisognerebbe proteggere il territorio. Rischiamo un’emergenza rifiuti: le discariche sono piene, ci sono interessi in gioco. Quando si ha questo panorama non ci dovrebbe essere bisogno di altro.

Raggiungiamo Torre in poco più di tre ore, nonostante una piccola allungatoia. Da qui lo zio di Paolo ci accompagna in auto fino a Oria (Brindisi, ancora), da dove intendiamo ritornare a Mesagne a piedi. Ci deposita appena prima dell’inizio del paese, all’imbocco della provinciale Oria-Cellino. È una strada abbastanza trafficata, piena di curve, così ci teniamo all’esterno, nei prati. A un certo punto decidiamo di tagliare per i campi, indovinando la giusta direzione di marcia.

«Basta che teniamo il sole alle spalle» dice Paolo. Inizialmente mi sembra troppo vago. Alla fine avrà ragione lui.

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Tagliamo per i campi, in mezzo agli ulivi. Fissiamo la direzione e la seguiamo, come se le strade non fossero necessarie. È un modo di andare al quale non sono abituato: anche nei boschi, in montagna, c’è sempre un sentiero da seguire. Ricordo le poche volte che me ne sono allontanato, col senso di colpa di chi ha paura di far franare l’humus lungo il fianco della montagna: la sensazione è quella di essere nel mondo, di esserci davvero, per una volta senza costruzioni artificiali, neppure la linea tracciata di un cammino. Qui in pianura è tutto più facile: in mezzo agli ulivi e all’erba si procede benissimo; qualche zona è ancora fangosa per la pioggia di domenica scorsa; in qualche punto nel fango sono rimaste le impronte della grandine.

Proseguiamo, temendo ancora i cani, o che spunti qualche proprietario, chiedendoci chi siamo e che facciamo lì. Camminiamo, ecco tutto, e mi dico che forse è proprio il concetto di proprietà privata che mi ha tenuto fino a oggi confinato sulle strade. Eppure, tagliando in diagonale non facciamo niente di male: non calpestiamo aree coltivate, non lasciamo niente in terra, non portiamo via nulla. Udiamo degli spari. Se i cacciatori hanno il diritto di passare per le terre altrui, a maggior ragione ce l’abbiamo noi, che siamo disarmati. Il rumore è vicino, però, così affrettiamo il passo, dovessimo mai incappare in qualche incidente…

Ci teniamo fuori da Latiano e proseguiamo ancora, raggiungendo finalmente una strada conosciuta, la vecchia provinciale che molti utilizzano per correre. La stanchezza si fa sentire: avremo fatto una trentina di chilometri, che sono niente se sei seduto in macchina, ma a piedi ti possono portare via una giornata. Raggiungiamo Mesagne, e ci concediamo una meritata sosta al bar.

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