Quel signore che ha parlato della possibilità di fare formazione durante l’estate, per permettere ai nostri ragazzi di lavorare «tre o quattro ore al giorno per un periodo preciso […] anziché stare solo in giro per le strade», ha detto una cosa che – devo immaginare – pensa davvero.
Il parere di quel signore è, giustappunto, un parere.
Il fatto, però, è che quel signore è ministro. Di conseguenza, il suo parere trova risalto sui media e tutti cominciano a parlare del fatto che tre mesi di vacanza – su 12! – sono troppi.
Io non sono ministro, ma la penso esattamente all’opposto.
Scrivetelo sui giornali, fate circolare la voce. Non sono ministro, ma sono autore di due libri di poesie. Nella terra di Dante.
Non sono ministro. Ma sono cittadino, sono insegnante, sono stato studente e ragazzo, e sono convinto che il modello di economia e di lavoro propagandato dal ministro e dai suoi colleghi di governo sia totalmente fallimentare. Fallimentare e de-umanizzante.
Sono convinto che la vita, perché sia vita, va vissuta per la maggior parte fuori dall’ufficio.
Sono convinto che la vacanza debba essere anche il tempo del «cazzeggio». Il tempo del riposo. Il tempo della libertà. E considero già esagerata la maniera in cui la società e lo Stato organizzano e gestiscono il tempo dei cittadini, giovani e adulti.
L’estate è il sole sulla pelle. Non ho nulla contro le esperienze lavorative: da che mondo è mondo, chi ha voluto le ha fatte. Se il ministro ha in mente un più facile accesso al mondo del lavoro – anche in via temporanea, durante le vacanze – con attività più formative dei classici impieghi di barista, cameriere, sguattero, ben venga.
Ma ho molti dubbi in proposito, e non mi piace il linguaggio del ministro.
Stare solo in giro per le strade.
Un mese di vacanza va bene, un mese e mezzo. Ma non c’è obbligo di farne tre.
Nessun obbligo, ministro. Ma che lo Stato non obblighi alla formazione, e che la «buona scuola» non obblighi all’ennesima trasformazione dei docenti in ciò che non sono e non devono essere: erogatori sottopagati di servizi che nulla hanno a che vedere con la loro professione e professionalità.
E, a tal proposito, non è che anche la formazione estiva si trasformerà in lavoro pochissimo o per nulla retribuito, con la scusa dell’esperienza e del curriculum, in stile volontari dell’Expo?
Infine, io sono contento di essere stato ragazzo al tempo delle vacanze lunghe. Di avere perso tempo, anche, magari fatto troppe notti fuori, senza curarmi del mio futuro lavorativo. Sono contento di aver condiviso la vita di altri luoghi, immagazzinato colori e ricordi, camminato in montagna.
E oggi ai più giovani consiglio questo, finché non li obbigheranno a far altro: non perdete il vostro tempo, usate le vostre vacanze per condividere esperienze con i coetanei, uscite, state all’aria aperta (a chiudervi in una stanza ci pensano già tutto l’anno, e dopo ci penseranno anche di più).
Leggete più che potete.
Innamoratevi più che potete.
Camminate. Viaggiate. State in giro per le strade. Incontrate gente.
Tre mesi all’anno sono vostri. Non fatevi portare via anche questi da chi crede che l’essere umano sia fatto per otto ore di lavoro al giorno, cinque giorni alla settimana, undici mesi all’anno.
>>> Di seguito, la mia poesia «Catena di smontaggio».
Catena di smontaggio
Credevamo che fossero conquiste
per sempre; basi da cui partire
per ottenere altri diritti;
che il progresso e la civiltà
marciassero appaiati.
Un pezzo alla volta, le garanzie
sono state smontate
per trasformarci in corpi da fatica:
alle nostre giornate
è stato tolto il luccichio del sogno.
Ora, mentre t’affanni
per dimostrare d’essere padrone
della tua vita, fischia
– come si fa col cane – il tuo padrone
vero: comincia il turno
straordinario, che sottrae al riposo,
ad affetti e interessi,
al semplice cazzeggio tempo umano.
[Mario Badino, «Cianfrusaglia», Edizioni END]