Di Israele e Palestina pensate già quello che pensate. Forse mi illudo, ma trovo difficile che nel corso dei decenni qualcuno che sia poco più grande di un bambino non abbia avuto la voglia o il modo di prendere posizione.
Qualunque cosa pensiate, vi chiedo uno sforzo di immaginazione e uno sforzo di onestà.
Perché ai miei occhi, se non tutto il resto, almeno la sproporzione tra il numero delle vittime palestinesi e le poche – per fortuna – vittime israeliane dovrebbe aprire gli occhi a tutti sulle ragioni e i torti della situazione presente.
Qui nessuno è antisemita. Nel mondo si moltiplicano le manifestazioni e i cortei in difesa di Gaza, non certo per la distruzione dello Stato di Israele. Ci sono state anche da parte di alcuni Stati prese di posizione significative. Molti ebrei, e diversi ebrei israeliani, hanno sottolineato che la politica di guerra contro la popolazione palestinese non avviene nel loro nome e ci sono giovani israeliani che stanno accettando il carcere perché non hanno alcuna intenzione di andare a bombardare Gaza.
Qui si contestano precise politiche. Che da decenni usurpano il territorio che le Nazioni Unite avevano assegnato ai palestinesi. Che vogliono che l’unico fra i due Stati a essere effettivamente sorto sia uno «Stato ebraico», vale a dire uno Stato confessionale.
Queste politiche – che tolgono qualunque speranza a milioni di persone – sono da considerarsi fallimentari. Lo Stato di Israele amplia i suoi territori, ma a prezzo di uno stato di occupazione e di guerra permanente, che a lungo andare non può andar bene neanche per i cittadini di Israele.
I razzi Qassam per più ragioni non sono una risposta adeguata, ma costituiscono il gesto disperato di chi non vede alcuna prospettiva. Perché nei confronti dei palestinesi la giustizia non è mai stata applicata. Perché è diffuso – e garantito dagli Stati Uniti – il senso dell’impunità di Israele.
Vi chiedo uno sforzo di immaginazione, dunque. Che è anche uno sforzo di onestà.
Immaginate, anche se non è bello neanche pensarlo, di stringere tra le braccia il corpo di vostro figlio ucciso. Se non avete figli, pensate alle persone che per voi sono più care. Io credo nel perdono, nell’inutilità della pena di morte, nella stupidità della vendetta. Ma io, fortunatamente, vivo in stato di pace. Provo sinceramente a immaginare che cosa farei se succedesse ai miei figli. O se i bambini palestinesi uccisi fossero i figli miei.
C’è stata recentemente una polemica sulle immagini dei bambini palestinesi uccisi pubblicate su internet. Qualcuno ha accusato Hamas, o chi per lui, di aver pubblicato foto false, costruite ad arte. Ma cosa c’è da falsificare? Le Nazioni Unite e gli osservatori internazionali parlano di centinaia di vittime civili. Moltissimi sono i bambini. Fate lo sforzo di immaginazione. Pensate che sareste disposti a perdonare chi ve li ha uccisi nel nome del «diritto all’autodifesa» dello Stato aggressore?
Che lo sforzo di immaginazione diventi sforzo di onestà. Molti di noi vedrebbero nascere dentro di sé l’odio più grande. E questo vale tanto più per chi, per parlare solo degli ultimi anni, dal 2008 a oggi ha conosciuto – sta conoscendo – almeno 3 guerre, oltre a periodi di pace armata, fatti in realtà di raid, di occupazione, di embargo, di soprusi. Quanti di noi che, correttamente, riteniamo sbagliato il lancio dei razzi su Israele sarebbero disposti a dire altrettanto in quelle condizioni? Quanti di noi sarebbero disposti a lanciarli, a raggiungere chi combatte l’uccisore dei propri parenti e amici?
La politica antipalestinese di Israele è – a mio avviso – criminale e inumana. Ma è anche priva di prospettive. Qualunque sia la vostra posizione, vi chiedo di considerare questa ottusità, perché una politica che alimenta continuamente l’odio non porterà mai ad altro che a nuove ostilità, a nuove morti.
Israele deve bombardare Gaza per distruggere i tunnel illegali, si dice. Quei tunnel dai quali passano le armi (ma anche i generi di prima nevessità che a Gaza scarseggiano). Ma c’è un metodo più semplice per far sì che nessuno utilizzi più i tunnel. Aprire le frontiere. Farla finita con un embargo illegale almeno quanto i tunnel. Permettere ai palestinesi di darsi una vera organizzazione territoriale che possa allacciare relazioni con gli altri Paesi del mondo. Un’organizzazione che sia naturalmente responsabile dell’uso che farà dell’apertura dei valichi.
Israele la smetta con l’illegalità, se desidera mettere in sicurezza la propria popolazione. Per costruire la pace provi, una volta, a costruire la pace.