In questi giorni di sacrosante polemiche nei confronti della Festa Indipendentista di Borghezio, c’è chi lega la scelta della Valle d’Aosta da parte del buffone con la camicia verde all’esistenza, da queste parti, di un terreno più che favorevole alla retorica localista. C’è chi sceglie di concentrarsi meno sul “mostruoso” che viene da fuori per non perdere di vista tendenze che sono tutte autoctone. Chi mette in relazione festival dei popoli minoritari organizzati dalla Regione e sparate borgheziane su quei popoli senza Stato che si sentono «padroni a casa loro» (e cosa importa se dei popoli perseguitati – palestinesi, kurdi – non gliene frega niente a nessuno?).
Forse il problema da queste parti è proprio la costruzione, in atto da decenni ma in brusca accelerata, di quel “particolarismo” valdostano così necessario a giustificare lo statuto speciale della regione. Un “particolarismo” che oggi prova a fondare la sua lingua: in proposito, copio e incollo da Patuasia un articolo sull’introduzione dell’insegnamento del franco-provenzale nelle scuole della Valle d’Aosta che mette in evidenza alcune “piccole criticità”.
Un nuovo esercito in marcia!
da Patuasia
Si sta formando un nuovo esercito valdostano: quello degli insegnanti di patois. Più che di patois si tratta della neolingua voluta dal regime unionista con la complicità degli alpisti. Il patois-linguamadre non si costruisce a tavolino da una manciata di esperti pagatissimi, ma si apprende spontaneamente in famiglia. La neolingua è un’aberrazione sia linguistica sia politica sia economica. Si tratta di una centralizzazione delle differenze che fa a pugni con la difesa di quest’ultime tanto promulgata a parole. Si è creata una lingua artificiale che sostituirà nel tempo i vari e differenti patois e questo per sostenere la tesi della Valle d’Aosta-regione a minoranza linguistica. Un Popolo minoritario e senza Stato e quindi bisognoso degli aiuti economici dello Stato. Questo delirio viaggia a ritmi sostenuti, nessun intoppo, nessuna domanda. I “giornalisti” si limitano a darne notizia, i politici di opposizione o sono coinvolti direttamente nel progetto o tacciono per questioni di realpolitik. Gli intellettuali aspettano un incarichetto o un piccolo contributo, gli artisti la promessa di una mostra con catalogo. La massa non capisce il francese e per questo tipo di notizie si usa la lingua di Molière. E l’esercito si costruisce. Prima con una laurea nell’università casalinga (fuori il mondo è brutto e cattivo e può far venire delle strane idee) che ha come Presidente un politico e che politico! Poi con la specializzazione nei corsi istituiti dall’assessorato alla Cultura e Istruzione. Ci saranno insegnanti per le scuole inferiori, esperti per le superiori, animatori per la scuola d’infanzia e… ci sarà anche una nuova figura professionale: il mediatore culturale! Già perché noi “Popolo padrone in casa nostra”, avremo bisogno di un mediatore per farci capire negli uffici pubblici. Conoscete la storiella della vecchietta che parla solo patois?… Finalmente adesso avrà a disposizione una persona che potrà comprenderla e facilitarla nei bisogni. Ma, se la nonnina parla il patois di Ayas o di Cogne o di… e il mediatore solo la neolingua? Si renderà necessario un nuovo interprete? L’anomalia che va bene a tutti e che ricorda in modo inquietante (quante cose allarmanti di questi tempi!) il celebre romanzo di Orwell, ha anche dei seri risvolti economici. Se dipendiamo irrimediabilmente dallo Stato, nonostante le valanghe di denaro che abbiamo avuto e che in parte continuamo ad avere, è perché le risorse, invece di essere impiegate nello sviluppo e quindi nell’autonomia economica che ci avrebbe almeno in parte tutelati dalla crisi generale, sono state utilizzate per creare dei vincoli elettorali. Ci troviamo oggi con un numero elevatissimo di impiegati da mantenere e, ciononostante, ecco comparire all’orizzonte un nuovo esercito che non produce ricchezza, ma offre servizi che hanno però un costo. Nuovi voti per l’assessore che studia da presidente e nuovi debiti e futuri, possibili licenziamenti. Ma tutti tacciono.
Procurade de moderare
Procurad’e moderare
Barones, sa tirannia
Chi si no, pro vida mia,
Torrades a pés in terra
Decrarada est giaj sa gherra
Contra de sa prepotentzia
Incomintzat sa passentzia
In su pobulu a mancare
Mirade ch’est pesende
Contra de bois su fogu
Mirade chi no est giogu
Chi sa cosa andat ‘e veras
Mirade chi sas aeras
Minetan su temporale
Zente cunsizzada male
Iscurtade sa ‘oghe mia
No apprettedas s’isprone
A su poveru ronzinu,
Si no in mesu caminu
S’arrempellat appuradu;
Mizzi ch’es tantu cansadu
E non ‘nde podet piusu;
Finalmente a fundu in susu
S’imbastu ‘nd ‘hat a bettare.
Su pobulu chi in profundu
Letargu fit sepultadu
Finalmente despertadu
S’abbizzat ch ‘est in cadena,
Ch’istat suffrende sa pena
De s’indolenzia antiga:
Feudu, legge inimiga
A bona filosofia!
…
Custa, populos, est s’ora
D’estirpare sos abusos
A terra sos malos usos
A terra su dispotismu
Gherra, gherra a s’egoismu
E gherra a sos oppressores
Custos tirannos minores
Est pretzisu umiliare