IL REFERENDUM – CHIAREZZA SUI QUESITI
Il 18 novembre 2012 ci sarà in Valle d’Aosta un referendum propositivo di iniziativa popolare che ha il compito di bloccare la costruzione di un pirogassificatore (altro nome per parlare di un inceneritore) nell’area di Brissogne, dove esiste l’attuale discarica a cielo aperto. Il referendum propositivo è stato richiesto dall’associazione Valle Virtuosa (VV), che si è battuta prima di tutti contro questo scempio al territorio e all’ambiente. Alla battaglia si sono unite forze della società civile, associazioni, movimenti e partiti politici (tra cui Rifondazione Comunista e i Giovani Comunisti).
Il referendum propositivo del 18 novembre 2012 ha sostanzialmente il compito di andare a sostituire il comma 5 dell’art. 7 della Legge Regionale 3.12.2007 n.31:
Art. 7 co 5: «Nella gestione del ciclo dei rifiuti urbani, la Regione persegue criteri di economicità, efficienza ed efficacia e di tutela della salute e dell’ambiente».
Il referendum si propone di fare la seguente modifica:
Art. 7 co 5: «In considerazione delle ridotte dimensioni territoriali della Regione e dei limitati quantitativi di rifiuti prodotti, in conformità agli obiettivi di cui all’art. 10, comma 1, al fine di tutelare la salute e di perseguire criteri di economicità, efficienza ed efficacia, nel ciclo integrato dei rifiuti solidi urbani e dei rifiuti speciali non pericolosi, non si realizzano né si utilizzano sul territorio regionale impianti di trattamento a caldo quali incenerimento, termovalorizzazione, pirolisi o gassificazione».
Questa lotta collettiva è stata ostacolata sul piano legale da 2 associazioni nazionali: la “Asso Consum Onlus” e “A.N.I.D.A”, che hanno proposto due ricorsi al TAR della Valle d’Aosta, molto simili nel contenuto.
«QUESTO REFERENDUM NON S’HA DA FARE»
I due ricorsi sono stati proposti contro la Commissione Regionale per i procedimenti referendari presso il Consiglio Regionale della Valle d’Aosta e nei confronti dei primi 5 firmatari proponenti il Referendum. Da segnalare che la Regione Autonoma Valle d’Aosta non si è costituita in giudizio per difendere la propria Commissione! I due ricorsi chiedono entrambi praticamente la stessa cosa, con motivazioni pressoché identiche, ovvero di annullare la deliberazione depositata in data 20.09.2011 e recante modificazioni alla Legge Regionale 3.12.2007 n. 31.
Fondamentalmente A.N.I.D.A e Asso Consum Onlus lamentano una violazione dei limiti imposti dall’art. 3 comma 1 della Legge Regionale 19/2003:
Art. 3 co 1 (Limiti di ammissibilità):
1. L’iniziativa legislativa popolare non è proponibile per:
a) […]
b) […]
c) leggi di programmazione urbanistica e di tutela ambientale.
Art. 7 co 1 (Verifica sull’ammissibilità della proposta di legge di iniziativa popolare):
1) Entro quarantacinque giorni dalla pubblicazione del testo della proposta di legge di iniziativa popolare sul Bollettino ufficiale della Regione, la Commissione di cui l’articolo 40 delibera sull’ammissibilità della proposta di legge, pronunciandosi espressamente e motivatamente in merito:
a) alla competenza regionale nella materia oggetto della proposta di legge;
b) alla conformità della proposta di legge alle disposizioni della Costituzione, dello Statuto Speciale, nonché ai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali;
c) alla sussistenza dei requisiti di cui all’ articolo 2;
d) all’insussistenza dei limiti di cui all’ articolo 3.
Secondo A.N.I.D.A e Asso Consum Onlus sarebbero stati violati questi articoli in quanto la ”gestione dei rifiuti”, oggetto della proposta di legge di iniziativa popolare sarebbe materia che riguarda la “tutela ambientale”; ne conseguirebbe che la proposta referendaria non sarebbe ammissibile.
La Commissione Regionale per i procedimenti referendari ha il compito di valutare l’ammissibilità delle proposte referendarie (abrogative e propositive) alla luce dei criteri imposti dalla Legge Regionale 19/2003. In particolare deve valutare che la proposta abbia i requisiti di forma e obbligo di copertura degli oneri finanziari e che non riguardi le materie escluse dall’art. 3 co 1.
Inoltre deve controllare che la proposta di legge rientri nella competenza regionale e sia conforme alle disposizioni della Costituzione, dello Statuto Speciale e ai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
La Commissione NON PUÒ ENTRARE NEL MERITO della proposta legislativa se non nei limiti strettamente necessari ad accertarne l’ammissibilità. Essa non può quindi sostituirsi al legislatore, ovvero al Consiglio della Valle, chiamato a valutare la proposta in prima istanza e al corpo elettorale chiamato a pronunciarsi con il referendum.
Valle Virtuosa si è costituita in tutti e due i procedimenti eccependo l’inammissibilità del ricorso per i seguenti motivi:
– difetto di giurisdizione del TAR;
– difetto di interesse da parte delle due associazioni;
– difetto di legittimazione attiva, nonché motivando l’infondatezza nel merito dei ricorsi.
MA CHI SONO A.N.I.D.A E ASSO CONSUM ONLUS?
La domanda che ora si pone come obbligata è: perché A.N.I.D.A e Asso Consum Onlus, due organizzazioni nazionali che non hanno radicamento in Valle d’Aosta, si sono interessate così tanto alla questione, intervenendo direttamente e in maniera così ostinata? Forse la risposta viene dai legami politici ed economici che diventa obbligatorio mettere in rilievo per dare il quadro completo della situazione.
La Presidente di Asso Consum, sig.ra Perrotta Daniela, è la figlia di un ex deputato Forza Italia (è singolare notare che perfino il logo di Asso Consum assomiglia incredibilmente a quello di Forza Italia…). Fino alla presentazione del ricorso l’Asso Consum non aveva nemmeno la sede in Valle d’Aosta, poi ne ha aperta una presso lo studio dell’ Avv. Anna Ventriglia presso il cui studio si è domiciliata per la presentazione del ricorso.
A.N.I.D.A. – Associazione Nazionale Imprese Difesa Ambiente – è invece un’associazione nazionale di categoria aderente a Confindustria che raggruppa, tra le altre, le imprese che progettano, costruiscono e gestiscono (anche in Project Financing) impianti di trattamento a caldo dei rifiuti e residui vari (ovvero inceneritori). Il nesso diventa palese nel momento in cui si scopre che fanno parte di ANIDA anche alcune delle società della ATI1, ossia l’unico raggruppamento di imprese rimasto in gara per l’appalto per la costruzione del pirogassificatore.
NASCE IL COMITATO “VALLE RESPONSABILE”
In seguito alle incertezze riguardanti l’esito dei ricorsi (a metà agosto, ossia a tre mesi dalla data prevista per il referendum, non c’è ancora un responso definitivo) nasce il comitato “Valle Responsabile”, su iniziativa del medico (Dirigente Medico del Servizio d’Igiene Pubblica dell’Assessorato Regionale alla Sanità della Valle d’Aosta) Luigi Sudano, insieme ai soci fondatori Aldo Bennani, ex responsabile della ricerca e sviluppo della “Cogne acciai speciali” (e come tale a stretto contatto con la leader dell’azienda Monica Pirovano, che ricopre anche il ruolo di presidente regionale di Confindustria) e Valeria Casali, aspirante avvocatessa.
I tre si sono dichiarati favorevoli alla costruzione del pirogassificatore. Portando ad esempio, documenti alla mano, l’impianto di Massafra (TA), i tre hanno esposto le motivazioni di una scelta che reputano «ponderata e responsabile», parlando di un impianto «dal limitato impatto ambientale per la trascurabile quantità di emissioni e per le dimensioni contenute», tanto che emetterebbe «più sostanze inquinanti un’auto diesel di media cilindrata».
Da segnalare che Casali è presidente del Comitato cittadino di Aosta della Fédération Autonomiste, uno dei partiti della maggioranza politica regionale.
CHI COSTRUIRÀ IL PIROGASSIFICATORE?
A questo punto diventa fondamentale conoscere la ATI1, approfondendone la storia e la struttura. Si scoprono cose molto curiose… Iniziamo illustrando le società che costituiscono la ATI1 in questo schema, dal quale si evince che la società ha quattro ramificazioni dirette che consistono nelle sigle Noy Ambiente SpA, Valeco SpA, Gea SRL e Cogeis SPA:
La Valeco SpA, che attualmente gestisce la discarica di Brissogne, è per il 20% di proprietà della Regione Autonoma Valle d’Aosta e per il restante 80% alla Ecofin SRL, la quale a sua volta è una società controllata da Green Holding, Asws International e dalla Baltea Service srl. Proprio guardando ai proprietari della Baltea Service escono fuori due nomi interessanti: Anna Fosson, sorella del senatore Antonio Fosson, Union Valdôtaine, il principale partito della maggioranza politica regionale, e il marito Piero Bal, anch’esso dell’Union Valdôtaine (sezione di Chesallet).
Noy Ambiente SpA è di proprietà di altri due gruppi: La Green Holding e la Rea Dalmine. Come si può vedere dallo schema queste 2 società sono a loro volta costituite da tante altre società. È interessante la faccenda che riguarda la Green Holding e i rispettivi proprietari e responsabili. Giuseppe Grossi (che è stato proprietario e amministratore delegato) della Green Holding e Paolo Pitta (responsabile ufficio legale) sono stati imputati dalla Procura di Milano per i reati di associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale, appropriazione indebita e truffa in relazione a presente irregolarità nelle operazioni di bonifica della discarica di Santa Giulia (MI).
La storia di Grossi è molto “travagliata” in ambito lavorativo. Ex ragioniere dell’Ilva di Taranto, acquista la statunitense Browning Ferries Industries e la trasforma nella Green Holding, azienda specializzata in bonifiche ambientali. Col tempo Grossi fa amicizie anche sul piano politico, arrivando a stretto contatto con Giancarlo Abelli, esponente del Pdl pavese. Grossi è stato inquisito nell’ambito dell’incarico (ricevuto dalla Regione Lombardia) di bonifica dell’area di Santa Giulia. I pm infatti gli contestarono di aver gonfiato i costi per il trasferimento dei veleni in Germania per ben 23 milioni di euro. Grossi venne poi arrestato il 20 ottobre 2009 assieme ad una serie di suoi collaboratori e a Rossana Gariboldi, assessore provinciale a Pavia e moglie di Abelli.
Le indagini sull’area di Santa Giulia erano sfociate in due processi: il primo per frode fiscale per circa 27 milioni di euro e il secondo per reati ambientali veri e propri. Durante la detenzione di Grossi, molti esponenti interessanti andarono a recargli visita: Maurizio Lupi (attuale deputato Pdl alla Camera), Giancarlo Abelli e l’ex sindaco di Milano Gabriele Albertini (Forza Italia e Pdl).
Da segnalare inoltre che con la delibera 9.618 dell’11 giugno, per evitare una multa su una sentenza della corte di Giustizia del 9 settembre 2004, la giunta del Pirellone, su proposta del governatore Roberto Formigoni di concerto con l’assessore Ponzoni, approvò uno stanziamento di ulteriori 44 milioni a favore della società Tr Estate Due del gruppo Grossi, all’epoca già ufficialmente sotto inchiesta da oltre sei mesi per la bonifica di Santa Giulia.
Giuseppe Grossi muore l’11 ottobre 2011, ma resta da capire quanto le controversie che hanno riguardato la sua attività imprenditoriale siano separabili dalle sue aziende nella loro vita futura.
Intanto però in tempi recenti la Rea Dalmine SpA (società cui partecipa la Green Holding, e che gestisce un inceneritore nel Bergamasco) ha in corso da anni una causa giudiziaria milionaria con il comune di Dalmine, che rischia per questo il fallimento. A far paura è la cifra: 7,5 milioni di euro, che la società privata indica nell’ultima causa civile promossa contro l’ente locale per chiedere l’annullamento della convenzione firmata nel 1997, che riguardava la gestione dei rifiuti e i vantaggi economici per il Comune.
Inoltre dall’aprile 2012 la società ha iniziato a scaricare circa 600 tonnellate di rifiuti alla settimana provenienti dalla Campania. In seguito a una liberalizzazione, infatti, i comuni del Bergamasco possono rivolgersi a tutti gli impianti lombardi e scegliere quello più conveniente. E già 60 amministrazioni hanno deciso di servirsi dell’inceneritore di Brescia. Di qui le dichiarazioni (datate 17 maggio 2012) di Antonio Romei, amministratore delegato della Rea, il quale afferma che senza i rifiuti bergamaschi l’inceneritore di Dalmine è obbligato ad accogliere i rifiuti di Napoli.
La risposta del presidente della provincia Ettore Pirovano è stata questa: «Falso. Rea ha un’altra possibilità! Se volesse veramente mantenere i comuni bergamaschi all’interno del’inceneritore di Dalmine dovrebbe solo abbassare i prezzi! Come ha fatto con i comuni che hanno saputo trattare. È il caso di Caravaggio e di Serina che, nonostante il vincolo della convenzione li obbligasse a portare i propri rifiuti a Dalmine fino al 2015 al costo di 113 euro a tonnellata, trattando hanno ottenuto da Rea un prezzo di 102 euro a tonnellata. Un prezzo più alto rispetto ai 92 euro di A2a di Brescia, ma comunque conveniente considerato il costo del trasporto che andrebbe aggiunto a quello dell’incenerimento. Il dubbio è che per Rea siano molto più convenienti i rifiuti napoletani con i loro 167 euro la tonnellata».
Non manca niente neanche alla Cogeis spa, la quale vanta nel proprio curriculum anche la partecipazione nei lavori della TAV in Val di Susa. Proprio dal sito www.notav.info (31/01/2012) riportiamo:
«Il titolare della Cogeis spa era Giovanni Bertino (oggi nel complicato intreccio di aziende i titolari sono i figli: Flavio, Enrico, Luca) e lo ricordiamo come amico di Bruno Binasco, che era il braccio destro del costruttore Marcellino Gavio, entrambi condannati per corruzione già nel 1991».
«Giovanni Bertino, nel giro di pochi anni, da casellante era diventato magnate delle costruzioni. La sua prima indagine risale al 1990, quando fu indagato per danneggiamento di beni dello Stato insieme alla moglie e al figlio Flavio (oggi tra i soci dell’azienda). Le indagini erano partite dopo la constatazione che la sua impresa di costruzioni aveva scaricato 150 camionate di detriti nel comune di Borgofranco, nei pressi del fiume Dora. Finì in carcere l’anno successivo, nel 1991, nell’inchiesta sulle strade ANAS in Valle d’Aosta».
«Nel 1993 Bertino viene nuovamente arrestato, su ordine della procura di Aosta, a seguito di una perquisizione degli uffici della SAV (Società Autostrade Valdostane) a Châtillon, per un’opera del valore di 350 miliardi. Il raccordo autostradale rientrava nelle opere affidate con trattativa privata nel luglio 1991 grazie alle «procedure accelerate» previste dalla legge sulle «Colombiadi» che stabiliva, inoltre, che le opere venissero completate entro l’agosto del 1992, ma i lavori furono realizzati solo in minima parte. Gli arresti coinvolsero anche Bruno Binasco, amministratore delegato della “Itinera”, una società controllata da un gruppo di banche ed enti locali di Lucca e La Spezia e da due finanziarie, SFISA e SINA, legate al gruppo Ligresti, che stavano realizzando in Valle d’Aosta lavori per circa 100 miliardi. Nel corso di quelle indagini, ricevette un avviso di garanzia anche il protettore politico di Bertino, Giuseppe Botta, gran signore delle tessere ai tempi della DC, quando era anche presidente della commissione Lavori Pubblici della Camera. Tutto finì con un’assoluzione per Botta e Bertino, invece, condannato in appello a un anno e 6 mesi. Botta passò poi il testimone politico al figlio, Franco Maria Botta, esponente dell’UDC, molto vicino a Pierferdinando Casini».
«Nell’ambito della stessa indagine fu coinvolto il senatore DC Severino Citaristi, interrogato con l’accusa di aver ricevuto dalla “Itinera” di Gavio circa 350 milioni quale contributo elettorale».
[…]
«Nel 1995 Bertino viene nuovamente arrestato con il figlio Flavio, con l’accusa di falso e inondazione colposa. IVIES, l’altra società di famiglia, si era aggiudicata l’appalto per la costruzione di un viadotto su torrente Ribes, nel torinese. Tutto regolare, in apparenza, solo che il ponte è durato meno di un anno».
«Troviamo altre notizie su Giovanni Bertino nel 2002, ancora coinvolto in una vicenda fatta di tangenti legate ad appalti pubblici […] Con un curriculum del genere ci si aspetterebbe un ritiro dagli affari, quanto meno da quelli legati agli appalti pubblici, ma la famiglia Bertino non si ferma e crescono le aziende della galassia. Come crescono le “cariche” importanti occupate dai Bertino».
Il 2 dicembre 2011 ad Aosta viene presentata ufficialmente la Confidi Valle d’Aosta, frutto della fusione tra la Confidi industriali e la società cooperativa CONFIDAL, a sostegno delle aziende valdostane, industriali e turistico-alberghiere. Tra i consiglieri figura proprio Flavio Bertino.
Sulla Gea srl infine riportiamo un articolo tratto da ilcentro.gelocal.it (8/12/2011):
«Massimo Martinelli, arrestato nell’ambito dell’operazione «Gold Plastic», fa sapere attraverso il suo avvocato Pasquale Milo di essere pronto a dimostrare la propria estraneità rispetto all’operazione che ha visto 54 ordinanze di custodia cautelare in tredici regioni della Penisola per traffico illecito di rifiuti speciali. Le ordinanze sono state emesse su disposizione del gip di Lecce, Cinzia Vergine. Le accuse ipotizzate sono “associazione per delinquere transnazionale finalizzata all’illecito traffico di rifiuti” e “falsità ideologica in atto pubblico”. Martinelli è indagato in qualità di amministratore della Gea Srl, un’impresa che opera nel settore dei rifiuti con sede legale all’Aquila e base operativa a San Vincenzo Valle Roveto».
CONCLUSIONI
Quali conclusioni emergono da questo quadro?
La Regione Valle d’Aosta, su mandato di una maggioranza politica formata da Union Valdôtaine, PDL, Stella Alpina e Fédération Autonomiste, sta portando avanti come un treno la decisione di costruire un inceneritore pur in presenza di un cospicuo dissenso della popolazione locale. Di fronte all’emergere di una forte opposizione organizzata, coagulatasi attorno all’associazione Valle Virtuosa, ha rifiutato per mesi confronti e dibattiti pubblici e non si è mossa per difendere la legittima consultazione referendaria ottenuta dal movimento a suon di migliaia di firme.
Non stupisce quindi che la Regione non abbia battuto ciglio di fronte ai ricorsi di A.N.I.D.A e Asso Consum Onlus, associazioni che abbiamo visto avere stretti legami politici ed economici con settori della maggioranza politica. Il “rischio democratico” però fa paura, e rischia concretamente di bloccare la costruzione del pirogassificatore. La democrazia ha infatti questo rischio: che a volte il popolo si ricorda di votare per i propri interessi. Per questo, per ogni evenienza è nato il Comitato Valle Responsabile, apparentemente rappresentato da esponenti della società civile, in realtà anch’esso espressione dello stesso blocco di potere politico-economico interessato alla costruzione dell’opera.
Ma perché tutto questo accanimento sul pirogassificatore da parte di esponenti del mondo industriale e politico? La ragione è da ricercare probabilmente nell’enorme giro d’affari costituito da quest’opera, il cui appalto parte (tramite project financing) da una base d’asta di circa 220 milioni di euro, spesa prevista per la costruzione e la gestione dell’impianto.
Questo resterà in vita per soli 23 anni, il che vorrà dire che la ATI1 dovrà riuscire a recuperare circa 800 mila euro al mese, in una regione stimata peraltro sottodimensionata (circa 130 mila abitanti) rispetto alle necessità dell’impianto. Ricordando peraltro che la Valle d’Aosta ha una quota bassissima di raccolta differenziata (circa il 44% al 2011), diventa difficile pensare di conciliare i bisogni quantitativi del pirogassificatore senza far ricorso o all’importazione di rifiuti da altre regioni, o senza una diminuzione della stessa quota di raccolta differenziata. Ma da qualche parte i soldi dell’investimento la ATI1 li dovrà tirar fuori. E sicuramente cercherà anche di trarre un consistente profitto dai propri “sforzi”…
L’impressione è quindi che ci troviamo di fronte a una grande torta che permette di spartire diverse fette succulente a settori legati al mondo industriale e politico (valdostano e non) che però dai biglietti da visita e dalle cronache giudiziarie non si presentano come i migliori garanti del bene comune dei valdostani.
In ultima analisi vogliamo ricordare che tale rapporto non è esaustivo ma assai superficiale, presentando solo la punta di un possibile iceberg. Il gioco di scatole cinesi che costituisce la ATI1 è talmente fitto da non escludere che si possano scoprire nuove “sorprese” tra qualcuna delle sigle che la compongono.
ANCHE PER TUTTI QUESTI MOTIVI, SPERANDO CHE NON CI TOLGANO IL DIRITTO DEMOCRATICO DI SVOLGERE IL REFERENDUM, INVITIAMO TUTTI ALLA MOBILITAZIONE E A RECARSI IN MASSA ALLE URNE IL PROSSIMO 18 NOVEMBRE: VOTARE SI PER DIRE NO AL PIROGASSIFICATORE!