Sono appena tornato in possesso di una connessione internet, ma cercherò di non commettere il solito errore di pubblicare un articolo-minestrone, pieno di tutto ciò che avrei voluto dire nelle ultime tre settimane.
Certo è che nel frattempo ne ne sono successe di tutti i colori, a partire dalla sentenza della Corte di Cassazione dello scorso 13 luglio, che ha condannato a pene detentive molto lunghe 10 capri espiatori, accusati di «devastazione e saccheggio» per i disordini di Genova 2001.
Che cosa significhino queste condanne, è spiegato nel bell’articolo I diritti fondamentali delle vetrine.
Modello capitalista, crisi economica e repressione del dissenso sono elementi legati molto strettamente. Nei giorni scorsi è stato pubblicato – tra i quotidiani credo dal solo manifesto – l’appello Furto d’informazione, firmato da Alberto Burgio, Mario Dogliani, Gianni Ferrara, Luciano Gallino, Giorgio Lunghini, Alfio Mastropaolo, Guido Rossi e Valentino Parlato.
È, in poche parole, un appello affinché i media la smettano di fornire, sulla crisi e le soluzioni “auspicabili”, sempre e soltanto il punto di vista della teoria economica neoliberale, quello, cioè, di chi ha generato la crisi e ora ne approfitta per dettare le proprie regole come se fossero scelte obbligate o leggi di natura.
È un appello che condivido in toto e cui aderisco con entusiasmo, ripubblicandolo qui sotto.
Appello
Furto d’informazione
La politica è scontro d’interessi, e la gestione di questa crisi economica e sociale non fa eccezione. Ma una particolarità c’è, e configura, a nostro avviso, una grave lesione della democrazia.
Il modo in cui si parla della crisi costituisce una sistematica deformazione della realtà e una intollerabile sottrazione di informazioni a danno dell’opinione pubblica. Le scelte delle autorità comunitarie e dei governi europei, all’origine di un attacco alle condizioni di vita e di lavoro e ai diritti sociali delle popolazioni che non ha precedenti nel secondo dopoguerra, vengono rappresentate, non soltanto dalle forze politiche che le condividono (e ciò è comprensibile), ma anche dai maggiori mezzi d’informazione (ivi compreso il servizio pubblico), come comportamenti obbligati (“non-scelte”), immediatamente determinati da una crisi a sua volta raffigurata come conseguenza dell’eccessiva generosità dei livelli retributivi e dei sistemi pubblici di welfare. Viene nascosto all’opinione pubblica che, lungi dall’essere un’evidenza, tale rappresentazione riflette un punto di vista ben definito (quello della teoria economica neoliberale), oggetto di severe critiche da parte di economisti non meno autorevoli dei suoi sostenitori.
Così, una teoria controversa, da molti ritenuta corresponsabile della crisi (perché concausa degli eccessi speculativi e degli squilibri strutturali nella divisione internazionale del lavoro e nella distribuzione della ricchezza sociale), è assunta e presentata come autoevidente, sottraendo a milioni di cittadini la nozione della sua opinabilità e impedendo la formazione di un consenso informato, presupposto della sovranità democratica.
Non possiamo sottacere che, a nostro giudizio, a rendere particolarmente grave tale stato di cose è il fatto che la sottrazione di informazione che riteniamo necessario denunciare coinvolge l’operato delle stesse più alte cariche dello Stato, alle quali la Costituzione attribuisce precise funzioni di garanzia e vincoli d’imparzialità. Tutto ciò costituisce ai nostri occhi un attacco alla democrazia repubblicana di inaudita gravità, che ai pesantissimi effetti materiali della crisi e di una sua gestione politica volta a determinare una redistribuzione del potere e della ricchezza a beneficio della speculazione finanziaria e dei ceti più abbienti assomma un furto di informazione e di conoscenza gravido di devastanti conseguenze per la democrazia.
Alberto Burgio, Mario Dogliani, Gianni Ferrara, Luciano Gallino, Giorgio Lunghini, Alfio Mastropaolo, Guido Rossi, Valentino Parlato.