L’ultima spiaggia

Dal libro di Giulio Tremonti «Tra Moody’s e Bruxelles. Mille sistemi creativi per conseguire il rientro del debito dello Stato».

È prigioniero di paraocchi ideologici chi difende la natura pubblica delle coste italiane, e per di più si priva della possibilità di affittare per sé e per i propri cari un comodo lettino, condannando se stesso e la propria famiglia al contatto, decisamente impuro, con la sabbia o i ciottoli, caratterizzati spesso da dubbia pulizia. Ora, più lidi ci saranno, più addetti alla cura della spiaggia passeranno ogni mattina col rastrello per togliere le cicche delle sigarette lasciate dai bagnanti e l’immondizia portata dalla marea. Ma più addetti, è inutile ricordarlo, significa più posti di lavoro. È stato calcolato dal Ministero di cui sono titolare che un lido privato di medie dimensioni è in grado di creare occupazione per le seguenti figure professionali: uno o più bagnini, addetti alla pulizia della spiaggia e dei locali, baristi, cassieri, professionisti dell’animazione, della baby dance e della ginnastica acquatica, camerieri, cuochi e anche, uscendo dalla logica stalinista di uno Stato fondato su divisioni manichee tra legale e illegale, parcheggiatori più o meno abusivi, venditori più o meno ambulanti, disegnatori di tatuaggi più o meno temporanei. Naturalmente, se il lido si ingrandisce, le tipologie aumentano: occorrono professionisti dello sport per i tornei tra bagnanti e figure in grado di animare le serate danzanti, dai dj alle cubiste alle vocalist. Sono possibili sinergie virtuose con il mondo dei media, così da creare opportunità d’impiego per i concorrenti reduci dai reality show, che si sentono disadattati al rientro nella vita normale dopo aver sperimentato un assaggio di celebrità. Sono possibili anche le comparsate dei tronisti di Uomini & Donne e altra umanità televisiva. Esiste la possibilità, infine, di ospitare le grandi emittenti radiofoniche, che l’estate amano trasmettere dal mare.

Inutile dire che il meccanismo descritto favorisce la circolazione di denaro, con ricadute positive sul Pil del Paese. Rimane da risolvere il fastidioso fenomeno dell’arroganza dei bagnanti “liberi”, i quali rifiutano il lido ma poi pretendono di attraversarlo, sia pure lungo il bagnasciuga, per passare da una spiaggia all’altra. Credo che un passo in avanti per la soluzione di tale problema sarà fatto con la completa privatizzazione delle coste italiane (fatta salva la possibilità dello Stato di avocare a sé alcuni tratti di costa per consentire le spiagge riservate ai militari o altre tipologie tutelate). Consiglio però di limitare la privatizzazione a tutte le coste tranne una: per la propria natura, l’ultima spiaggia libera costituirà infatti un potente richiamo per le masse, desiderose di provare un’esperienza fuori dal comune. L’«Operazione Ultima Spiaggia» dovrebbe consentire al privato lo sfruttamento di tale appeal, a patto di agire con estrema discrezione, per dare al bagnante l’illusione di essere, per una volta, a tu per tu col mare. Tutte le attività private dovranno perciò essere concentrate alle spalle della spiaggia, magari nascoste dalle dune o da un paravento (potrebbero andare bene maxi cartelloni pubblicitari).

[tratto da G. Tremonti, «Tra Moody’s e Bruxelles. Mille sistemi creativi per conseguire il rientro del debito dello Stato» Milano, Mondadori, 2011; pp. 375, € 20 + donazione facoltativa per aiutare, responsabilmente, il Paese]

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