Stato di polizia

Qualche giorno fa pubblicavo l’appello per la democrazia e il rispetto della legalità in Val di Susa del Comitato No Tav Torino. Il pericolo era che il governo decidesse di sgombrare con la forza l’area dei lavori, per far partire i cantieri della Tav. Cosa che puntualmente è avvenuta, grazie allo zelo di Fassino, neosindaco di Torino, che ha richiesto al ministro Maroni l’intervento delle forze dell’ordine, perché «la Torino-Lione è un’opera strategica».

Pubblico, in calce all’articolo, la cronaca della giornata di oggi (lunedì 27) così come appare sul sito del Comitato No Tav Torino. Qui mi limito a due considerazioni.

1. Se l’Italia fosse una democrazia (corre proprio il mese prossimo il primo decennale dei fatti di Genova) le parti politiche sarebbero in grado di intavolare un dialogo con le popolazioni direttamente interessate dalla costruzione di un’opera, anziché far calare sopra le loro teste decisioni prese altrove, non importa se razionali o sconsiderate. «Ma il dialogo c’è stato», dicono alcuni. «Anzi, lo Stato ha aspettato troppo». È il pensiero del ministro Matteoli: «Lo Stato non può arrendersi». E invece s’è arreso; s’è arreso alla logica della violenza come agli interessi delle lobby, che hanno deciso che l’alta velocità «s’ha da fare» per il fine, riconosciuto da più parti come legittimo, di lucrarci un po’ sopra. Per non arrendersi a chi, quotidianamente, calpesta la Costituzione, lo Stato dovrebbe essere capace di fare dietro front, di tutelare l’interesse della cittadinanza. In caso di contrasto la politica cerchi di convincere la popolazione (accettando, magari, di modificare i propri progetti secondo le istanze che vengono dal territorio); se ci riesce, bene; se non ci riesce, accantoni il progetto. Per buono o cattivo che sia.

2. Quella esposta qui sopra è la differenza che separa una democrazia da una tecnocrazia, perché, anche a supporre la buona fede di tutti (ah ah!), non è possibile che una decisione che scende dall’alto sia vincolante per chi dovrà poi farci i conti nel proprio quotidiano per tutto il resto della vita. In solidarietà al popolo No Tav, oggi si sono tenute manifestazioni in tutta Italia. Mentre il ministro leghista Maroni inviava i suoi poliziotti a caricare i cittadini della Val di Susa (nel silenzio assoluto di quella Lega di lotta così radicata nei territori del nord, così disposta a tutelare gli interessi dei propri cittadini…), in piazza Plebiscito a Napoli si teneva un presidio solidale con i No Tav. Nonostante le tonnellate di rifiuti che ancora in questi giorni (e a queste temperature) ingombrano le strade partenopee, i cittadini napoletani hanno trovato la forza di occuparsi dei problemi degli altri, a sottolineare che le lotte popolari contro un sistema inumano (il potere del grande capitale che si serve di mezzi leciti e illeciti – non importa se le forze dell’ordine o la camorra – per prosperare) sono tutte collegate fra loro. E proprio la situazione drammatica del capoluogo campano – e il boicottaggio sistematico dell’opera della nuova amministrazione – costituisce la seconda istantanea di quest’Italia del giugno 2011: Stato di polizia e stato d’emergenza, è questo tutto ciò che hanno da offrire Berlusconi e colleghi (tra i colleghi, e non uso volutamente la parola «compagni», arruolo naturalmente il sindaco Fassino). Rifiuti mai raccolti, città terremotate mai ricostruite, investimenti dirottati sulle «grandi opere» che, quand’anche fossero utili, costituirebbero al limite “punte d’eccellenza” in un insieme-Paese allo sfascio.

Non lasciamo solo chi lotta!

L’AZIONE MILITARE PER INSTALLARE IL PRIMO CANTIERE DEL TAV IN VALLE DI SUSA
dal sito del Comitato No Tav Torino.

Non hanno uno straccio di motivazione di merito per quest’opera: solo slogan di un fantomatico sviluppo.
Non hanno risorse da investire nella realizzazione: vogliono solo mettere le mani sui contributi Ue.
Non hanno remore a procedere usando anche dati fasulli e procedure illegittime.
Non hanno un briciolo di autorevolezza, non avendo più un’etica su cui fondarla.
E allora ricorrono all’autoritarismo, al monopolio della violenza autorizzata e vigliacca: manganelli in mano a uomini che non hanno piena coscienza del contendere e di cui non è dato conoscere l’identità (Venaus 2005 insegna).

Ci picchiano per una questione di democrazia formale: manganelli benedetti dalle lobby europee conniventi, dai ministri e dai parlamentari, dai presidenti regionale e provinciale, dal sindaco di Torino, dalla partitocrazia tutta, dai corrotti e corruttori, dai concussi e concussori, dalla Confindustria e dai maggiori sindacati, dai faccendieri, dai mafiosi in doppio petto e dai loro manovali, dai cittadini disinformati dai media di questo regime.

Un regime che sembra tanto il risultato del “piano di rinascita democratica” del venerabile della P2, ora forse esercitato dalla più attuale P4 che pare essere il vero centro di comando in Italia.

CRONACA DEGLI AVVENIMENTI

Dal 23 giugno si è osservata la dislocazione di numerosi piccoli contingenti di polizia e carabinieri in alcuni alberghi della periferia di Torino e dei comuni della cintura; alcuni raggiungono Bardonecchia, in alta valle, evidentemente per poter poi circondare Chiomonte sia da est, sia ovest. Durante la domenica 26 si registra l’afflusso in valle di molti altri mezzi e uomini, sempre a piccoli contingenti e per vie diverse.

LUNEDÌ 27 GIUGNO
ORE 04 – Viene chiusa l’autostrada A32 del Frejus e macchine della Polstrada bloccano le due statali, S24 ed S25. La Valle di Susa è completamente chiusa al traffico e militarizzata.

ORE 04,45 – Dal Presidio della Maddalena di Chiomonte viene lanciato il fuoco d’artificio che segnala l’attacco; partono i messaggi di allarme generale via sms e internet.

ORE 05,30 – Pare che sulle due statali si possa transitare: CHI PUÒ SALGA IN VALLE!
Entrambe le carreggiate dell’autostrada sono utilizzate per avvicinare i mezzi degli agenti al viadotto Clarea, da cui intendono aprire un varco per scendere nei terreni sottostanti.

ORE 06,00 – Si muovono i camion della Italcoge, una delle due aziende incaricate di installare la recinzione simbolica (che alla Ue pare basti per dichiarare iniziati i lavori…). Un elicottero dei carabinieri staziona sopra Chiomonte e controlla la situazione dall’alto.

ORE 06,45 – Con l’assistenza del collegio legale del movimento NO-TAV, all’ingresso “della centrale” inizia una trattativa tra amministratori locali e presidianti da un lato, e rappresentanti delle diverse armi presenti in loco.

ORE 07,00 – All’entrata del paese di Chiomonte inizia a formarsi un concentramento di NO-TAV accorsi all’appello; INVITANO TUTTI A RAGGIUNGERLI: URGE LA MOBILITAZIONE POPOLARE.

ORE 07:50 – All’inizio del viadotto Clarea, sulla A32, una ruspa sta spaccando tutta la delimitazione della carreggiata autostradale, con gli idranti hanno cominciato a sparare dalla galleria per proteggerne l’operato.

ORE 08,00 – Lanci di lacrimogeni all’ingresso “Centrale”del presidio: evidentemente la trattativa non ha avuto buon esito.

ORE 8,30 – Con l’uso di lacrimogeni lanciati dai mezzi blindati viene oltrepassato l’ingresso “della centrale”; intanto sulla A32 la ruspa cingolata, con il pinzone tranciante, continua a demolire guard-rail e barriere antirumore anche sul lato opposto.

ORE 08,45 – I presidianti si concentrano sul piazzale del museo archeologico della Maddalena.

ORE 09,00 – Si forma un altro concentramento di NO-TAV a S. Ambrogio, sulla statale 25 nei pressi della stazione Fs. INVITANO ALTRI A UNIRSI A LORO IN QUESTO SECONDO PUNTO DI INCONTRO. Intanto coloro che si erano dati appuntamento a Chiomonte si sono ora spostati verso Exilles.

ORE 09,10 – Sul piazzale del museo, dove la gente si è radunata, vengono lanciati lacrimogeni; i presidianti fuggono nei boschi, ma anche lì vengono raggiunti da nuovi lanci. Qualche principio di incendio tra le tende da campeggio.

ORE 09,15 – Il Prefetto di Torino avrebbe emesso un decreto per dichiarare terreni di cantiere quelli appartenenti alla Comunità montana, ossia il piazzale del Museo e il pianoro verde adiacente al fabbricato della Cooperativa vinicola Clarea. Ma i comandanti delle armi non hanno il relativo documento da esibire agli avvocati presenti…

ORE 09,30 – Scioperi spontanei e dichiarati da FIOM in aziende della valle.

ORE 09,52 – NUOVO PUNTO DI RITROVO: A BUSSOLENO (STATALE 25 BLOCCATA); il traffico è fermo praticamente in tutta la valle.

ORE 10,11 – Viene mandato sulla lista del Patto di Mutuo Soccorso un APPELLO ALLA MOBILITAZIONE NAZIONALE IN DIFESA DELLA VALSUSA.

ORE 10,30 – La CUB indice per oggi pomeriggio dalle 15,30 a Torino un presidio di protesta davanti alla sede del Pd, in via S. Francesco d’Assisi 25.

ORE 11,00 – Notizie di stampa parlano di 25 agenti feriti (in ogni occasione di questo tipo si raggiungono sempre cifre elevate, con qualche criterio che forse punta a denunciare più facilmente i manifestanti per resistenza aggravata); si segnalano anche 4 feriti tra i manifestanti.

ORE 11,30 – Le donne di Chiomonte occupano il Municipio. La valle è un lungo ingorgo di TIR e di auto.

ORE 13,35 – Il TGV delle 12, da Parigi, è transitato alle 13,30.

ORE 15,30 – Manifestazione a Torino di condanna dell’uso della forza attuato a Chiomonte: 350 persone appartenenti alle sigle NO-TAV cittadine, ai sindacati di base, alle associazioni ambientaliste, al Laboratorio per la democrazia si riuniscono con semplici cittadini sotto la sede del Pd. Alcuni notabili del partito si mettono, con aria di sfida, dietro la protezione del cordone di polizia e ricevono le meritate invettive. Poi un corteo grintoso, con slogan e canti raggiunge il palazzo della Regione, dove gli studenti universitari hanno occupato l’atrio: anche qui cori all’indirizzo della giunta regionale, e soprattutto del presidente Cota e del ministro Maroni. Infine tappa finale sotto il municipio di Torino, dove era in corso il Consiglio comunale.

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