L’Italia non ha mai abbandonato del tutto il proprio ruolo di Paese colonizzatore della Libia.
All’occupazione e al dominio veri e propri, finiti con l’avanzata degli Alleati durante la seconda guerra mondiale, ha sostituito negli anni rapporti altalenanti con il regime di Gheddafi, culminati nel patto Italia-Libia firmato una manciata di mesi fa dal governo Berlusconi, quando il dittatore libico era un «amico» cui baciare la mano e procurare un bel contorno di ragazze, tramite agenzia, la ricetta di molti nell’Italia che compie 150 anni per ingentilire (e vendere) un prodotto o un’immagine.
Dei buoni rapporti tra Roma e Tripoli si sono avvantaggiate le aziende italiane, che nello Stato africano hanno trovato appalti per un’ipotetica autostrada costiera e soprattutto riserve di petrolio da sfruttare.
Ora che, bombardando il proprio popolo, il dittatore libico si è attirato lo sdegno del mondo, il suo “omologo” italiano ha prontamente deciso di abbandonare l’amico di ieri e di accettare l’intervento militare per fermare la repressione gheddafiana nei confronti dei nemici del regime.
Premessa inutile ma non si sa mai: vorrei con tutto il cuore che il regime dittatoriale di Gheddafi cadesse. Annoto, tuttavia, come l’Italia sia in grado di riconoscere un dittatore solo quando il resto del mondo decide di fargli guerra.
Seconda annotazione: anche Saddam Hussein era un dittatore sanguinario e questa è stata la scusa per un intervento occidentale. Guardiamo però a che cosa è successo in Iraq, dopo l’intervento, prima di esaltarci all’idea di una nuova missione «umanitaria». Guardiamo al fatto che, dopo anni, il popolo iracheno non ha scoperto né la pace, né la democrazia, mentre la coalizione occidentale ha ottenuto soprattutto di vedere appagati i propri interessi economici e geo-strategici.
Che cosa bisogna fare per far cessare il bagno di sangue in Libia, dunque?
Ancora una volta, chiamando le cose con il loro nome, la guerra.
Dopo la risoluzione Onu sulla No-Fly Zone, l’Aeronautica militare italiana ha allertato le proprie strutture in previsione di un possibile impiego di velivoli da guerra, quali gli F-16 del 37° stormo di Trapani, gli Eurofighter di stanza a Gioia del Colle, i cacciabombardieri Amx di Amendola, in Puglia, e i Tornado.
Che «il passato coloniale italiano in Libia» finisca con il «far propendere per un ruolo di supporto logistico», come hanno dichiarato fonti militari all’agenzia Adn-Kronos, o siano invece «possibili missioni operative per assicurare il rispetto della ‘no-fly zone’ e impedire il decollo dei caccia del colonnello Gheddafi», il ruolo della nostra Penisola, piattaforma armata nel Mediterraneo sarà un’altra volta centrale.
Perché No-Fly Zone significa guerra, dal momento che non è sufficiente ordinare a uno Stato di mantenere a terra i propri aerei, ma bisogna costringerlo con la forza, bombardando l’aviazione nemica mentre si trova a terra.
Inizia quindi l’ennesima guerra umanitaria. D’accordo, quando è in atto un massacro non è piacevole stare a guardare; ma che cosa si propongono le potenze occidentali questa volta? Come intendono assicurare il coinvolgimento del popolo libico nella caduta del regime? Come pensano di evitare l’altissimo numero di «vittime collaterali» delle missioni in Serbia, in Afghanistan, in Iraq? Che cosa possono offrire a garanzia del fatto che non interverranno, a cose fatte, nelle decisioni politiche, militari ed economiche del popolo libico?
Gheddafi è un carnefice, ma guerra in Libia è l’ennesimo atto di imperialismo, cui l’Italia, dopo 150 anni di Storia che non ci hanno resi più saggi, non prova neppure a sottrarsi.
Ecco, infine, una giustissima provocazione(?!): se la No-Fly Zone è buona, utile, umanitaria, perché non farne una a beneficio dei territori palestinesi?
>>> Il disegno è di Danilo Cavallo; il fotomontaggio è di Paolo Rey. L’opera è liberamente riproducibile secondo la licenza Creative Commons 3.0, che prevede l’indicazione del nome degli autori, l’assenza di finalità commerciali, la pubblicazione sotto la medesima licenza.
Contro l’ipocrisia delle «missioni umanitarie» armate firma la petizione online Basta ipocrisie! Ripristiniamo il Ministero della Guerra.
E alla fine lo bombardarono..
http://coriintempesta.altervista.org/blog/e-alla-fine-lo-bombardarono/
Grazie per il link. Trovo interessante l’articolo e soprattutto l’elenco delle ingerenze occidentali in Libia. La «guerra umanitaria» non esiste; quello che conta per chi governa è sempre e solo l’interesse.