Sulla Stampa di oggi Jena ha scritto causticamente che Teresa Lewis è morta contenta di non essere stata lapidata.
Penso che il punto della questione sia questo: la pena di morte, che uccide negli Stati uniti d’America come in Iran. Solo che noi – a ragione – definiamo dittatura il regime degli Ayatollah e invece consideriamo gli Usa «la più grande democrazia del mondo».
Tutto ciò si chiama usare due pesi e due misure.
Eppure siamo proprio noi, gli abitanti del mondo occidentale, noi che in sostanza godiamo di un maggior livello di libertà, ad avere più possibilità di agire per cambiare le società in cui viviamo.
Ad esempio per chiedere al presidente Obama quante altre “bombe umanitarie” sia lecito aspettarsi prima di mettere fine, in Afghanistan, a una guerra che può essere soltanto persa; oppure che cosa pensi il premio nobel per la pace dell’iniezione letale che ha assassinato – nel nome della vendetta di Stato – una donna che non poteva più nuocere, indipendentemente dalla colpa commessa o, viceversa, dalla seminfermità mentale che le era stata diagnosticata.
Ma possiamo fare anche un’altra scelta e limitarci ai fattacci nostri, a coltivare il solito giardino chiuso, quello degli x-factor e dei grandi fratelli, aspettare che gli altri decidano per noi, che si tratti di imporre l’ennesima opera inutile o una nuova guerra sanguinaria.
Possiamo decidere di resistere, insomma, oppure aggrapparci al televoto.
Leggi anche 1969-2010: eseguita la condanna di Teresa Lewis.