Il testo che segue è un comunicato degli Amici del Vallone di Comboé, inviato ai mezzi d’informazione per commentare l’inizio dei lavori di costruzione della strada che dovrà raggiungere l’alpeggio comunale sito nel vallone, zona a protezione speciale per le sue ricchezze naturalistiche.
Parte del comunicato era stata anticipata in un articolo sulle pagine regionali della «Stampa» (mercoledì 8 settembre 2010), nelle quali mi si attribuiva, tra l’altro, l’affermazione secondo cui l’opera in costruzione sarebbe «perfettamente inutile». Il sindaco di Charvensod, suo promotore, intervistato dal giornalista Enrico Martinet, ha avuto la benignità di “confermare” le mie parole.
«Inutile?», ha infatti replicato. «Ci sono quattro tramuti di un alpeggio che è aperto per 80 giorni». E ancora: «Saremo inflessibili. Sulla pista potrà passare soltanto un trattore e ci sarà una sbarra con lucchetto. Soltanto il conduttore dell’alpe avrà la chiave».
A beneficio del solo conduttore, insomma, e per appena 80 giorni all’anno su 365, si spendono 2 milioni e mezzo di soldi pubblici e si devasta un angolo di montagna ancora poco toccato da opere umane.
A me sembra che l’accanimento nel voler realizzare a tutti i costi un’opera come questa si chiami puntiglio, oppure ottusità; a meno di non supporre qualche interesse non dichiarato alla cittadinanza, per scoprire il quale occorrerebbe un “marcotravaglio” valdostano capace di scartabellare documenti.
Io non son bravo a questo gioco, perciò accetto la buona fede e mi limito a segnalare che, con 2 milioni e 500 mila euro, di poveri in Valle d’Aosta non dovrebbero più essercene per un pezzo. Ma elargire denaro pubblico a chi ha bisogno è una politica invisa all’Unione europea, perché va contro le esigenze di bilancio e il beneamato patto di stabilità. Metterli tutti in un’opera senza ritorno per la collettività significa invece contribuire alla valorizzazione delle nostre montagne.
La Valle d’Aosta non è un’isola felice.
Una sconfitta per l’ambiente
[Amici del Vallone di Comboé]
Qualcuno ha detto che ogni vittoria per l’ambiente è temporanea mentre ogni sconfitta è definitiva. Il caso del vallone di Comboé, proclamato zona a protezione speciale per il suo interesse naturalistico, ne è la riprova. Negli ultimi anni, noi cittadini riuniti negli «Amici del Vallone», insieme alle sezioni locali di Legambiente e WWF, agli amici dei valloni di Alleigne e San Grato e altri, abbiamo combattuto una battaglia per la tutela di questo angolo ancora incontaminato di montagna, minacciato dal progetto del comune di Charvensod di costruire una strada poderale per raggiungere l’unico alpeggio presente: una “trattorabile” che permetterà ai conduttori di raggiungere più velocemente l’alpe… nei due soli mesi dell’anno durante i quali il bestiame si troverà sul posto!
Negli anni, abbiamo cercato più volte il dialogo con l’amministrazione comunale, opponendo al progetto non un semplice no, ma un’alternativa meno impattante, la monorotaia leggera, un mezzo già utilizzato con soddisfazione in altre località della Valle.
La controparte ha preferito restare sulle proprie posizioni: aggredire un gradino glaciale esposto alla frana della Becca di Nona con una strada a tornanti. A nulla è servito il ricorso presentato da Legambiente, malgrado in un primo momento il Tribunale amministrativo regionale della Valle d’Aosta l’abbia accolto; in seguito, infatti, il Consiglio di Stato ha rovesciato la sentenza, con una decisione che costituisce l’ultimo grado di giudizio, ma che non mette in discussione la nostra convinzione di lottare per una giusta causa. La strada di Comboé, questo è il succo della questione, è uno sfregio alla natura, che danneggia le possibilità turistiche del comune, togliendo agli abitanti di Charvensod la possibilità di sviluppo futuro di un paesaggio unico e non sembra che i “vantaggi” che deriveranno alla collettività possano compensare la spesa (2 miloni e mezzo, 500 mila dei quali a carico del comune, il resto a carico della Regione) né la devastazione ambientale.
Venuta meno ogni possibilità di seguire la via giudiziaria, avremmo dovuto e potuto puntare di più sulla sensibilizzazione della popolazione, magari organizzare sit in davanti alle ruspe e via discorrendo. Alcuni di noi si sono presi la briga di andare sul posto, osservare e fotografare per documentare lo stato delle cose e verificare almeno il rispetto delle indicazioni contenute nella valutazione d’impatto ambientale. Un compito di controllo per realizzare il quale chiediamo oggi pubblicamente aiuto a tutte quelle forze politiche – in particolare ai consiglieri regionali – che avevano appoggiato la nostra battaglia.
Già, perché i lavori, nel silenzio di tutti (forse anche nostro, colpevolmente) sono effettivamente iniziati e la sconfitta è ormai quasi definitiva, perché quando le ruspe spianano il terreno e i primi alberi sono sradicati, l’ambiente risulta compromesso senza possibilità di fare marcia indietro.
Perché non abbiamo fatto l’impossibile per proseguire la nostra battaglia? Perché siamo pochi. Perché non siamo riusciti ad amalgamare attorno a noi e alla difesa di Comboé un movimento sufficientemente ampio di persone disposte a far sentire la propria voce e a mettersi in gioco per convincere il comune di Charvensod che questa strada è un errore.
Ci sia concesso allora di mettere in guardia la cittadinanza valdostana: il territorio è un bene prezioso che va tutelato. La battaglia per Comboé poteva essere vinta, ma ha vinto l’interesse di pochi contro un bene di tutti. Allo stesso modo, altre realtà della nostra regione rischiano di essere colpite dalle conseguenze di un modello di sviluppo che vuole portare la città in montagna, seppellire sotto asfalto e cemento quel che ci resta di naturale.
Che questa vicenda serva, almeno, a far capire che sta a noi impegnarci in prima persona per impedire che le scelte siano fatte sulle nostre teste, sia che si tratti di realizzare un’opera infrastrutturale, sia che si tratti di decidere come smaltire i rifiuti domestici oppure, tra qualche anno, se autorizzare o meno la creazione di un deposito per le scorie radioattive.
Gli Amici del Vallone di Comboé
>>> La foto di questo articolo è stata scattata sul luogo del delitto.